Quarta edizione dell’evento online con ventidue cortometraggi visibili online dal 1º al 28 febbraio
“Una costellazione di possibilità cinematografiche” la definisce Eddie Bertozzi, curatore della selezione della quarta edizione delle Locarno Short Weeks, l’evento online del Locarno film festival che propone per tutto il mese di febbraio ventidue cortometraggi. Bertozzi è anche responsabile del comitato di selezione dei Pardi di domani, il concorso del festival dedicato ai cortometraggi, ma i film selezionati per queste Locarno Short Weeks non provengono solo da questa sezione – includendo i Pardini d’oro e d’argento di Locarno2020 – ma anche da Open Doors. “Una varietà di stili, un portfolio di preoccupazioni vitali, urgenze del cuore, avvertimenti del pianeta” per dirla sempre con le parole di Bertozzi.
Un evento online invernale in attesa di scoprire le novità estive della 75ª edizione del Locarno film festival, in programma dal 3 al 13 agosto: le Locarno Short Weeks si inseriscono infatti nella strategia di crescita del festival, crescita che per forza di cose si deve muovere in altri tempi e spazi. Circostanza ancora più vera per la proposta di quest’anno che, come accennato, riprende alcune delle proposte di Locarno2020, edizione ibrida a causa della pandemia nella quale, senza un concorso internazionale vero e proprio, proprio i cortometraggi hanno avuto un ruolo ancora più importante.
Ogni giorno il sito del Locarno Film Festival presenterà un cortometraggio nuovo, lasciandolo poi disponibile per una settimana, durante la quale il pubblico potrà vederlo e votarlo. In palio due premi: per il corto più votato il “Locarno Shorts Weeks Audience Award”, per uno spettatore fortunato un’esperienza a Locarno75.
Tra le punte di diamante ci sono ovviamente i vincitori dei due concorsi, nazionale e internazionale: ‘Menschen am Samstag’ (People on Saturday, disponibile dal 1º al 7 febbraio) di Jonas Ulrich, una rilettura formalmente ingegnosa del mito di Sisifo ambientata nella vita quotidiana di una città contemporanea; ‘I ran from it and was still in it’ di Darol Olu Kae (disponibile dal 7 al 13 febbraio), un ibrido poetico di privato e politico che tratteggia un ritratto complesso di perdite in famiglia e separazioni.
E poi, come detto, una selezione il più varia possibile per stili e temi.
La paura dell’ignoto e il peso della scelta – ‘History of Civilization’ di Zhannat Alshanova, ‘Trou Noir’ (Black Hole) di Tristan Aymon – e come superarli – ‘The End of Suffering (A Proposal)’ di Jacqueline Lentzou, ‘Push This Button if You Begin to Panic’ di Gabriel Böhmer, ‘O Black Hole!’ di Renee Zhan –, é’arduo percorso per scoprire e accettare noi stessi – ‘Kado’ (A Gift) di Aditya Ahmad, ‘Spotted Yellow’ (Zarde khaldar) di Baran Sarmad, ‘Gramercy’ di Pat Heywood e Jamil McGinnis – e lo svelamento delle nostre radici (‘Pacífico Oscuro’ di Camila Beltrán, ‘Nha Mila’ di Denise Fernandes). Il fragile equilibrio tra gli umani e l’ambiente che ci circonda – ‘Icemeltland Park’ di Liliana Colombo, ‘Parcelles S7’ (Land Lot S7) di Abtin Sarabi, ‘Manong ng Pa-Aling’ (Man of Pa-Aling) di E. del Mundo – e i legami umani altrettanto fragili che spesso non riescono a connetterci – ‘Thiên đường gọi tên’ (A Trip to Heaven) di Linh Duong, ‘Nour’ (Noor) di Rim Nakhli, ‘Where to Land’ di Sawandi Groskind, ‘Giòng sông không nhìn thấy’ (The Unseen River) di Phạm Ngọc Lân.