Dall'ultimo singolo ‘Sono qui’ indietro fino all'esordio in Sala Nervi in Vaticano, tra musica, cinema e arte (compresa una quasi Sindrome di Stendhal...)
Con quattro ottave di estensione vocale puoi andare dappertutto. Ma è sempre questione di come ci vai e dove. Duttile, potente, la voce di Silvia Nair si divide tra pop, liric pop, rock sinfonico, ma è a suo agio anche in mezzo a sonorità metal e pure in una zona franca di cantautorato intitolata ‘Ithaca’, Premio Lunezia 2011, secondo album dopo ‘Sunrise’ (2004), con Billboard edizione americana a certificare.
Ha suonato in tutto il mondo ma mai in Svizzera, Silvia Viscardini, artista veneta con cognome d’arte che arriva dal nome di battesimo della madre egiziana, in lingua italiana ‘luminosa’. «Vengo da una famiglia di notai e avvocati, ma tutti appassionati di musica», racconta a laRegione. «Mia madre è stata un’appassionata di opera, frequentava con mio padre l’Arena di Verona della lirica, ma amava anche le grandi voci, Sinatra, Tom Jones, Barbra Streisand, che per me è stata una maestra». Mentre i suoi «fratelloni» amavano pop e rock britannico. Studi accademici alle spalle, otto anni di pianoforte e relative materie complementari in Conservatorio, l’interesse per il cantautorato italiano ha fatto il resto: «Ho voluto approfondire la canzone d’autore per studiarne i testi e trovare un modo di scrivere quanto più personale, una mia vena espressiva». E il ‘Lunezia’, premio concentrato da 26 anni sul valore musical-letterario dell’italica canzone, è un’altra certificazione.
Terzo episodio di Silvia Nair, ‘Luci e ombre’ (Ala Bianca) – eccezion fatta per l’ultima traccia tutta italiana, ‘Il respiro del mondo’, scritta per lei da Marco Frisina, già autore del ‘Magnificat’ per Mina – è un album completamente olandese, con brevi escursioni oltre confine per cantare con il tenore Vincenzo Grigolo e accogliere il violino del tedesco/statunitense David Garrett. Tornando all’Olanda. Registrato negli storici Wisseloord Studios di Hilversum e ad Amsterdam, ‘Luci e ombre’ vede in cabina di regia Franck Van Der Heijden e Michael Le Grouw. Il primo dei quali ha arrangiato/orchestrato David Guetta, Michael Jackson, Bruno Mars, John Legend, Celine Dion.
Prima di arrivare a questo lavoro dal respiro internazionale, anche Silvia Nair è stata un’esordiente: «Il mio debutto come cantante risale al 22 dicembre del 2000 in Vaticano. Mi ero laureata da poco e mi ritrovai a esibirmi per la prima volta non nei pub della mia città ma davanti al Papa, e a migliaia persone in Sala Nervi. Facevo pratica notarile, non avevo ancora deciso di lasciare tutto». Ma quando vede che quell’esibizione apre a un album pubblicato anche in Giappone, Nair – che in Vaticano tornerà più volte – capisce che «fino a quel concerto avevo girato un minestrone, e cioè una vita che non mi apparteneva». E ha davvero lasciato tutto, per la musica.
Breve salto nel tempo. Notte di San Lorenzo, 10 agosto 2007, Agrigento, Valle dei Templi. Titolo dell’evento: ‘Notte di stelle’, diretto da Pepi Morgia, regista e light designer che non c’è più. «Eravamo accompagnati dall’Orchestra sinfonica di Palermo. Aprì Cecilia Chailly, sorella del direttore d’orchestra, con la sua arpa elettrica. Io portai in scena un mio set di mezz’ora e poi Lucio fece i suoi capolavori». Quella sera, in duetto con Lucio Dalla, Silvia Nair cantò ‘La sera dei miracoli’: «Vidi sul palco un piccolo uomo che diventava gigante. Mentre io miravo alla massima serietà, al massimo impegno, lui faceva cose meravigliose con la naturalezza del fanciullo. È stato un grande insegnamento per me».
Con Bocelli a Montecitorio, in apertura del tour 2004 di Battiato, con Ron allo Sferisterio di Macerata, e con Claudio Baglioni in ‘Poster’, all’interno di ‘O’ Scià’, il festival di musica ideato dal cantautore romano tenutosi a Lampedusa dal 2003 al 2012. «Una forza della natura. Claudio fece prove estenuanti con tutti, di pomeriggio sotto il sole. E di sera, quattro ore di concerto con la voce integra».
‘Luci e ombre’ esiste anche in versione inglese, uscito in Corea del Sud come anteprima del mercato asiatico. Ma la tournée in quella terra non ci sarà, per ovvi motivi. In attesa di ricominciare, come inganna il tempo Silvia Nair? «Il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo e che nessuno ti può dare. Per ogni giorno di vita si è soliti dire “Che bello, un giorno in più”; io penso che sia un giorno in meno, in quanto prezioso». Il tempo “implacabile, incoerente, stravagante“, così come descritto proprio in ‘Tempo’, su ‘Ithaca’.
Per combattere l’imprevedibile c’è la musica, anche in forma di colonne sonore per il cinema delle quali è autrice. E per la proprietà transitiva, Silvia Nair combatte anche tramite il cinema – «A 5 anni vidi Marlon Brando nella parte di Napoleone in ‘Désirée’ e fu un colpo di fulmine, per Marlon Brando e per il cinema» – e più in generale attraverso l’arte: «Sono mezza orvietana da parte di padre e quando ho avuto finalmente l’età per accorgermi della magnificenza del Duomo di Orvieto vi sono entrata, colpita dal verticalismo del gotico, in questo luogo spoglio, le colonne enormi. E la Cappella di San Brizio con gli affreschi del Beato Angelico: sono andata vicina alla Sindrome di Stendhal». Questo ‘effetto cattedrale’, da vedersi come estrema apertura armonica e melodica, è anche nella sua musica: «Mi sono esibita davanti a Giovanni Paolo II tre volte, ho cantato a Lourdes e Fatima, ma lo slancio non è legato alla cristianità quanto alla spiritualità, al misticismo. Perché sono anche carnale e passionale».
“Su erba e vetri ho camminato“, canta Silvia Nair in ‘Sono qui’, il più recente estratto da ‘Luci e ombre’: «É un’affermazione di vita, di esistenza, di presenza. Nei due anni e mezzo di lavoro per questo album ho perso mia madre, mio fratello e il mio migliore amico. È stata più oscurità che illuminazione. Ma c’è un’energia che durante il dolore non percepisci, ed emerge nei momenti che contano». Nell’album, ‘Ti rivedrò’ è dedicata alla madre: «Non è riuscita a sentire una sola nota, lei che era la prima persona ad ascoltare ogni mia canzone».
Ce n'è voluto di tempo per tornare dalle ombre alle luci, ma la sua etichetta l'ha aspettata. «Sempre. È con me anche nel mio inseguire l'ispirazione invece che le logiche di mercato. Ho trovato un pazzo come me, Tony Verona di Ala Bianca, che mi ha assecondata. Sono tempi di rap, hip hop, urban, trap, e un disco pop rock sinfonico magari è follia. Ma credo che un artista debba essere folle. Deve essere pioniere, deve sempre dire qualcosa di nuovo e diverso».