Cinema

Il mio nome era Connery, Sean Connery

James Bond è morto all'età di novant'anni. Perché per molti, l'attore scozzese è stato 'the one and only'. La vita, i film e la sua 'Scotland Forever'.

'Sa, l’Oscar per il quale mi hanno premiato è meraviglioso. Ma avrei preferito vincere lo U.S. Open di golf' (Keystone)
1 novembre 2020
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In lutto, più o meno in ordine d’importanza, è innanzitutto una nazione intera, la sua Scozia tatuata sul braccio (‘Scotland Forever’) e da lui auspicata, sino alla fine, indipendente; è in lutto il mondo non necessariamente scozzese e il mondo del cinema tutto, coi relativi fan; è in lutto pure una casa automobilistica, la Aston Martin, che si dice “profondamente rattristata” dal rimanere orfana del più illustre dei centauri della mitica DB5. Tutti, indistintamente, piangono la scomparsa di James Bond, spentosi nel sonno lo scorso sabato all’età di novant’anni alle Bahamas. Sì, è morto James Bond perché Sean Connery è stato e sarà per molti ‘the one and only’, l’unico agente 007 (oltre che il primo) della lunga e a oggi infinita saga tratta dalla penna di Ian Fleming. James Bond agente segreto per eccellenza, uomo istruito, di buone maniere, carismatico, un po’ sciupafemmine, spietato quando serve, simply irresistible. E con licenza di uccidere. Vuoi mettere.

Né Cary Grant, né David Niven

Non era il Morbo di Alzheimer. “Soffriva di demenza senile, ma è morto in pace”, dice Micheline Roquebrune, la pittrice francesce da lui sposata in seconde nozze nel lontano 1975. “È morto nel sonno – riferisce alla stampa britannica – che è quello che voleva. Abbiamo avuto una meravigliosa vita insieme». Figlio della working class scozzese, di padre contadino e camionista e di madre cameriera; un sogno infranto nella Marina Militare Britannica (congedato per via di un ulcera); una serie di esperienze come bagnino, muratore, verniciatore di bare, modello di nudo per gli studenti dell’Edinburgh College of Art, indossatore di costumi da bagno per la pubblicità. Tutto questo è Thomas Sean Connery prima di farsi notare in ambiti teatrali all’interno del ‘South Pacific’, musical in scena a Londra all’inizio degli anni ‘50. E soprattutto – in quanto appassionato (moderato) bodybuilder – prima di finire terzo al concorso di Mister Universo 1953 in gara per la Scozia, piazzamento che gli apre il mondo dello spettacolo dapprima per piccoli ruoli televisivi e cinematografici e poi, scelto dai produttori Saltzman e Broccoli tra un buon numero di aspiranti agenti, per il primo capitolo dello 007 di Fleming. Il metro e novanta di Connery fa dubitare l’autore del personaggio (“Sto cercando il comandante Bond, non uno stuntman un po’ troppo cresciuto”), convinto più tardi dal magnetismo sessuale indicatogli da terzi (donna). Alla fine non saranno né Cary Grant né David Niven, prime scelte di Fleming, a interpretare Bond, ma quello scozzese di bella presenza, più forte di una prematura e incipiente calvizie che nei capitoli successivi al film d’esordio, ‘Agente 007 – Licenza di uccidere’, imporrà vistosi toupé più che il ritocco dei truccatori.


'Agente 007 - Una cascata di diamanti' (1971)

Sean Connery, a suo modo, prende le distanze sin da subito dall’agente 007, ottenendo di poter girare altri film in contemporanea, forse per rendere meno traumatico il distacco dal conclusivo, per lui, ‘Agente 007 - Una cascata di diamanti’, anno 1971. Alcuni film lo premiano (‘La collina del disonore’ di Sidney Lumet), altri meno, ‘Marnie’ di Alfred Hitchcock che non impazzì per l’interpretazione di Connery (ma Connery voleva la sua faccia, o quella di Picasso, quando gli chiesero di parlare della vecchiaia). Lasciatosi alle spalle l’agente segreto, da (ancora) Lumet in ‘Riflessi in un occhio scuro’ al il fantascientifico ‘cult’ low budget ‘Zarzoz’ di John Boorman, al cinema d’avventura di John Huston, Connery si ‘ricrea’ fino al successo planetario de ‘Il nome della rosa’ (1986), in ‘Highlander (1991) e nei suoi film più amati (da lui) ‘The Rock’, ‘Entrapment’, ‘Indiana Jones e l’ultima crociata’, ‘La casa Russia’ e ‘Gli Intoccabili’, rifiutando – più recentemente – il ruolo di Gandalf ne ‘Il Signore degli anelli’ e quello di Silente in ‘Harry Potter’. “Sa, l’Oscar per il quale mi hanno premiato, quello per ‘Gli Intoccabili’, è qualcosa di meraviglioso. Ma, onestamente, avrei preferito vincere lo U.S. Open di golf”, dirà parlando di quell’unica statuetta attribuitagli dall’Academy nel 1987. Academy che nelle ore successive all’annuncio della sua morte, spende per l'attore la parola “leggendario”.

Non c’è nulla di speciale nell’essere un attore

Oltre novanta film, dieci produzioni, una regia. Ma quel distacco dal riconoscimento più ambito nel mondo del cinema è, per i colleghi che lo ricordano in queste ore, in linea con una persona più terra terra di quanto la professione faccia pensare. “Non c’è nulla di speciale nell’essere un attore. Non è diverso dal fare il muratore e non ho mai smesso di stupirmi per quell’alone di misticismo col quale la gente descrive il mio lavoro”, diceva di sé. Detto con vecchie parole di Terence Young, che lo ‘assemblò’ per il primo Bond, limandone certe rudezze perché fosse più in linea col personaggio, “non gliene fregava un bel niente dei beni accessori dell’essere una star”. Forse perché quel che più gl’interessava era l’indipendenza dell’amata Scozia dal Regno Unito di Elisabetta II, sogno che il titolo di baronetto conferitogli nel 2002, accettato, non muterà l’appoggio (anche economico) al Partito Nazionale Scozzese, specialmente in occasione del referendum del 2014. E Nicola Sturgeon, capo del governo locale di Edimburgo e leader attuale dello Scottish National Party, celebra “l’alfiere dell’indipendenza della Scozia per tutta la vita e coloro che fra noi ne condividono il credo gli riconoscono un debito di gratitudine”.


L'Oscar per 'Gli Intoccabili' (Keystone)

Bond after Bond (anche girl)

Il cinque volte James Bond Daniel Craig si affida a Twitter per un ritratto che va oltre l’agente segreto: “Sir Sean Connery sarà ricordato come Bond e molto, molto di più”, cinguetta il futuro protagonista di ‘No time to die’, nuovo Bond-capitolo previsto per l’aprile del 2021: “Ha definito un era e uno stile, ha contribuito alla creazione del moderno blockbuster e continuerà a influenzare attori e registi. I miei pensieri sono con i suoi familiari e le persone a lui care. Ovunque egli sia ora, spero ci sia un corso di golf”. Il quattro volte 007 Pierce Brosnan, invece, omaggia il suo “Best Bond”, il migliore di tutti: “Sei stato James Bond tanto per il ragazzino quanto per l’uomo che un bel giorno lo sarebbe diventato”. In molti, da Catherine Zeta Jones a Elton John, postano foto al suo fianco. Lo fa anche Michael Caine, insieme al defunto Richard Harris tra i pochi intimi amici di Connery, citando il film che li ha visti fianco a fianco: “L’uomo che volle farsi re era Il Re”. Ci sono anche Hugh Jackman che è cresciuto idolatrandolo, Arnold Schwarzenegger che vi si è ispirato (“E non lo dico solo perché è stato un bodybuilder”), Sam Neill con lui in ‘Caccia a Ottobre Rosso’, Mike Myers già Austin Powers, una delle più riuscite declinazioni comiche dell’agente segreto, che saluta “il mio padre inglese”. E c’è John Cleese, che facendo un tutt’uno di Monty Python e Indiana Jones, dichiara: “Talento immenso e umano vibrante. E l’unico di noi ad aver trovato il Santo Graal”.

Ma James Bond è anche Bond Girls. E dunque Ursula Andress, nel 1962 nei panni di Honey Rider, prima Bond girl nel primo Bond film, che in un messaggio della sua agenzia descrive Connery come persona “generosa, calorosa e divertente, un uomo di carattere come non ce ne sono più”. E a Repubblica ricorda il tormento causatole dall’aver lavorato con lui, per gli sciami di donne che avrebbero voluto conoscerlo e che pretendevano da lei il far da tramite. È affranta Lana Wood, la Plenty O’Toole di ‘Agente 007 – Una cascata di diamanti’ e così pure Tippi Hedren che Bond girl non è, ma che con Connery recitò in ‘Marnie’: “Uomo talentuoso, elegante e attore brillante. Senza dimenticare che era decisamente affascinante”.


Guglielmo da Baskerville ne 'Il nome della rosa', 1980 (Keystone)

Non solo Ursula

A Sean Connery, la Svizzera non è riconoscente solo per l’aver sdoganato il mito di Ursula Andress, statuaria cercatrice e commerciante di conchiglie che esce dalle acque jamaicane in bikini succinto cantando ‘Underneath the mango tree’, ma anche per aver reso popolare il Passo del Furka, set naturale di una delle scene clou di ‘Agente 007 – Missione Goldfinger’, terzo film della saga che lo vede protagonista dal 1962 al 1971. Prima del tentativo, parzialmente inutile ma mai doloroso, di togliersi di dosso lo smoking di un agente improvvisamente ingombrante. Sulle strade svizzere, dicevamo, James Bond insegue la vendicativa Bond girl Tilly Masterson (l’attrice Tania Mallet), entrambi all’inseguimento del cattivo di turno, Auric Goldfinger (Gert Fröbe): azionando uno dei molti optional di cui dispone la sua Aston Martin DB5 – il futuristico ‘Trituratore di pneumatici’ – mette fuori uso la di lei vettura sportiva e carica la donna a bordo della sua fuoriserie color argento per accompagnarla ad Andermatt. La lunga curva ritratta nella scena, sul versante urano del passo, si chiama oggi, non a caso, ‘James Bond-Goldfingerkurve’. Ma c’è altra Svizzera in ‘Missione Goldfinger’: il distributore di benzina Aurora, sempre ad Andermatt, dove Bond deposita la Bond girl, una ‘tankstelle’ che è da sempre meta di pellegrinaggio per il Bond-fan; e la sede della ‘Auric Enterprises’, la società che nel film appartiene a Goldfinger, che altro non era che la fabbrica di aerei Pilatus di Sans (NW). Altro luogo ‘sacro’ per i bondiani di tutta la Svizzera è l’Hotel Bergidyll in Gotthardstrasse, dove la troupe del film ebbe il suo campo base e dove, nei locali sci dell’albergo, veniva montato il girato del giorno. Era il luglio del 1964 e, stando al gossip ufficiale dell’epoca, Sean Connery avrebbe mangiato almeno una volta una fondue al formaggio...


Passo del Furka, qui transitò James Bond (foto: Molinazzi)