Emanuele Santoro racconta la storia della sala luganese che chiude definitivamente i battenti. Il futuro? "Sono ottimista"
I teatri attendono, seppur tra mille incertezze, che l’allentamento delle misure sanitarie permetta di riprendere l’attività, ma c’è una “piccola grande sala” che sappiamo già non riaprirà: è il Cortile di Viganello. Lo stabile in cui Emanuele Santoro, quindici anni fa, aveva creato – materialmente e spiritualmente – la sala da settanta posti ha infatti cambiato proprietario e al suo posto sorgerà un palazzo per studenti.
«I nuovi proprietari hanno dimostrato sensibilità e disponibilità, poi ovviamente pensano al loro business» ci spiega Santoro al telefono. Diverso il discorso con i vecchi proprietari, con cui i rapporti non sono stati semplici. Ma quello ormai è il passato: e adesso? «Adesso c’è qui la roba da portar via, poi consegnerò le chiavi e tutto finito» risponde Santoro. «La disdetta ufficialmente è per fine settembre, ma data la situazione, con tutto chiuso fino a chissà quando, cosa lo tengo a fare? I nuovi proprietari, che sono delle brave persone, hanno accettato che potessi uscire prima, permettendomi di risparmiare l’affitto di questi ultimi mesi».
Neanche il tempo di accogliere le repliche – previste a fine marzo e annullate a causa della pandemia – della nuova produzione di e.s.teatro, quel ‘Uno, nessuno e centomila’ di Pirandello che aveva debuttato al Foce di Lugano. «Ma molti spettatori, nonostante i miei spettacoli partano sempre dal Foce, aspettano l’arrivo al Cortile perché a loro piace questo spazio – e adesso l’hanno perso». Con Claudio Chiapparino della Divisione eventi della Città sono state trovate delle nuove date a novembre. «Per il resto tutto sospeso, anche l’attività didattica». Il Cortile, negli anni, ha infatti ospitato non solo gli spettacoli della compagnia di Emanuele Santoro, ma anche rassegne come SoloInScena – «purtroppo interrotta due anni fa quando il Cantone ha decido di tagliare i fondi» –, corsi di teatro per bambini (i microattori), laboratori per adulti.
Che cosa piaceva, al pubblico, del Cortile? «Era molto intimo, molto accogliente: la prima impressione di chiunque entrava era di un luogo che è molto casa. “Come si sta bene qua” è uno dei commenti che sentivo sempre dagli spettatori: un po’ la disposizioni interna, con la superficie scenica così vicina agli spettatori, e la gradinata che mette il pubblico quasi addosso agli attori. Questo il segreto del Cortile, poi sicuramente anche la programmazione, senza spettacoli con grandi nomi ma con le proposte di compagnie indipendenti».
Un nuovo spazio dove ricostruire il Cortile? «Questo sarebbe il passaggio naturale» spiega Santoro. Ma? «Quando quindici anni fa sono arrivato qui da Locarno, cercavo uno spazio mio, per farci le prove, per tenere i corsi, senza pretendere nulla da nessuno. Poi, visto questo spazio, comprese le potenzialità, ho capito che potevo proprio farci spettacoli e così è nato il Cortile, in cui negli anni ho fatto quello che ho fatto». Quindi? «Quanto fatto ovviamente non mi accredita, non mi dà il diritto di chiedere uno spazio dalla Città… ma certo è una credenziale: visto quello che ho fatto, le energie che ci ho messo, la Città potrebbe certo dire: “Ok, interrompere questa esperienza sarebbe un peccato, ti diamo uno spazio in usufrutto, pagati le spese e allestiscilo come vuoi”. In passato è già avvenuto con alcune realtà teatrali che hanno avuto magazzini comunali pagando solo le spese vive: penso di poterlo chiedere anch’io, con il lavoro fatto in 15 anni». E ripartire da solo come quindici anni fa? «Ho un’età diversa, ho due figli, una famiglia… l’idea di cercare un capannone, negoziare un affitto, rifare tutto da capo: umanamente non ce la faccio».
Altre soluzioni? «Premesso che uno spazio nuovo da gestire in autonomia sarebbe l’ideale, ma cosciente anche dei tempi necessari, ho fatto anche un’altra proposta concreta alla Città: “Assorbire” il mio lavoro, le mie produzioni, nel calendario degli eventi, con le formule che concorderemo». L’intera attività del Cortile? «In stagione ho le mie produzioni, una principale (il già citato ‘Uno, nessuno e centomila’, ndr) che potrebbe finire in LuganoInScena e poi dei recital che da quanto devo dire il pubblico apprezza molto e che potrebbero andare al TeatroStudio del Lac o al Foce». L’importante, conclude Santoro, «è che non si dica semplicemente un “mi dispiace” e si perda tutto. Ma sono ottimista».