Spettacoli

Ricomincio da Renga

Dall'esordiente sul palco dell'aula magna di un liceo bresciano alla svolta di 'L'altra metà', nuovo album con tour che approda il 1° dicembre a Lugano

Francesco Renga (© Toni Thorimbert)
17 novembre 2019
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Una delle sfide più motivanti in cui cimentarsi quando si scrive di musica è riuscire a parlare di Bob Dylan senza mai scrivere la parola “menestrello di Duluth”, di Bruce Springsteen senza mai digitare “working class” e di Francesco Renga senza parlare della sua separazione. Prima ancora, c’è una regola che nel giornalismo vale ovunque: risparmiare al lettore gli aneddoti personali di chi sta scrivendo; come, per esempio, avere gli stessi anni dell’artista, avere frequentato lo stesso liceo e maledire il destino per essere finito in un’altra sezione, che magari da vicini di banco ti avrebbe chiesto di suonare nei Timoria. La digressione del tutto autoreferenziale appena conclusa non è fine a se stessa, ma un modo per dire che già a metà degli anni 80, a Brescia, era chiaro a tutti che quel teenager sul palco dell’aula magna del Liceo Annibale Calini di via Monte Suello, voce dei proto-Timoria al tempo noti come ‘Precious Time’, avesse tutte le carte in regola per sfondare. Erano i tempi del ‘Deskomusic’, talent (sì, un talent, uno dei molti) tra band liceali durato dal 1982 fino al 1987, argomento di culto per la Leonessa d’Italia che suona.

Mutazioni

Parliamo con Francesco Renga nel meritato giorno di pausa tra un concerto e l’altro di una fortunata tournée che toccherà Lugano, il Palacongressi, domenica primo dicembre alle 20.30, perché così ha deciso GC Events (prevendita in corso su www.biglietteria.ch). «Sta andando tutto molto bene» spiega l’artista. «Sono stanco, questo è uno dei pochissimi giorni ‘off’, ma sono soddisfatto. Lo spettacolo funziona esattamente come l’avevamo immaginato e sono felice di essere tornato nei teatri, il posto migliore in cui poter riabbracciare tutti, guardarli negli occhi e ringraziarli uno a uno per quel che abbiamo fatto insieme in questo viaggio durato trenta e passa anni di musica».

‘L’altra metà tour’ prende il nome dall’album, titolo che si sarebbe potuto chiamare anche ‘Spartiacque’ o ‘Mutazione’, concetti orbitanti che definiscono l’urgenza di cambiamento di chi sta attento a non ripetersi. «Il cambiamento, intanto, è generale, ed è decisamente epocale. Non so dare una valutazione di quello che sta succedendo perché credo che un giudizio si possa dare soltanto a posteriori. Nel mio caso, musicalmente sì, è un cambiamento importante. Il disco risponde a un’esigenza, alla ricerca di un linguaggio nuovo, diverso, alla richiesta di rimettermi in discussione. Da ‘Tempo reale’ (2014, ndr) mi ero accorto che il panorama musicale stava mutando. Sentivo l’urgenza di cogliere i canoni nuovi di giovani cantautori che stavano affiorando prepotentemente sulla scena e cambiando il panorama musicale italiano, come d’altra parte è successo».

‘L’altra metà’ vede all’opera con Renga, co-autore di tutto, molte delle nuove leve dell’italica canzone d’autore, tra cui Antonio Di Marino, Colapesce, Gazzelle. E Ultimo, il nome del momento, su richiesta esplicita di una fan del cantautore romano: «Ultimo è uno di quei giovani talenti di cui si parlava prima, forse l’esempio più fulgido. Mia figlia Jolanda si era messa ad ascoltare a ripetizione questo Niccolò. Così l’ho cercato e gli ho detto che avremmo dovuto fare una sorpresa a mia figlia». Ecco spiegata ‘L’odore del caffè’.

Elogio della normalità

Visti i lunghi trascorsi come autore, non sarebbe corretto dire che tra le nuove leve c’è Ermal Meta, malgrado il grande successo di pubblico relativamente recente. Tra i due vincitori di Festival è nata ‘Normale’, elogio della normalità concepito nell’era in cui “gli svizzeri sono tutti ricchi” e i poveri “non si vedono perché forse sono tutti nei bunker” (cit. Camilla Neuroni). «‘Normale’ è nata dal cuore» continua Francesco. «Quest’estate io ed Ermal ci siamo ritrovati nello studio in cui avevamo scritto molte belle canzoni del mio repertorio. Mi ha fatto ascoltare il pezzo, mi ha detto come la sua vita fosse cambiata con il successo, a mio parere meritatissimo e quanto mai tardivo. E siamo finiti a parlare di normalità, visto che tutti e due veniamo da una lunga gavetta. Ci siamo trovati d’accordo su come la normalità appartenga a entrambi e su come sia stata un valore aggiunto non solo alla nostra vita, ma anche al nostro lavoro». Con clip annesso in cui il labiale è lasciato alla gente comune, la canzone confuta l’idea che la normalità sia «un ossimoro, qualcosa di cui vergognarsi. Quando invece i veri eroi sono le persone normali, quelle che portano avanti il paese, le madri che fanno mille cose per tenere insieme una famiglia».

Cantare d’Alzheimer

Forse non sufficientemente compresa – il Festival non tutti gli anni premia la realtà delle cose, anzi – il Renga che con ‘Aspetto che torni’, nel febbraio 2018, cantava di Alzheimer ora apre questo nuovo album. Una canzone voluta, difesa, portata con la forza sulla Riviera dei Fiori e più tardi raccontata nei dettagli alla tv italiana. Perché in ‘Aspetto che torni’, colui che aspetta è il padre 90enne affetto da Alzheimer, che nella sorella di Francesco vede la madre che non c’è più. Viene da mettersi nei panni del cantante che a ogni data la riporta in scena, e chiedersi quanti rischi emotivi comporti un testo del genere. «È molto difficile e allo stesso tempo liberatorio – risponde Renga – ed è anche per questo che ho voluto portarla su quel palco così difficile. Dal vivo, in concerto, credo raggiunga l’apice del coinvolgimento emotivo anche per me, come altre cose che nella sincerità del live crescono in bellezza, potere, emotività. Questo è certamente uno di quegli episodi».

Caro me stesso

Con un paio di veterani a fare da garanti – come il maestro Bungaro, proprio nel brano appena citato – in ‘L’altra metà’ Renga si appropria dei più moderni canoni, riconoscendosi che «questa scrittura è nelle mie corde». Ma anche fiero e sollevato per aver portato a termine «un passaggio difficile, perché da farsi cercando di rispettare tutto quel che sono stato in questi anni». A proposito degli anni. Cos’è cambiato dal cantante in aula magna a quello che arriva al Palacongressi? «Secondo me, l’entusiasmo e la passione sono gli stessi. Anche la curiosità è la stessa, per la disponibilità a mettermi in gioco, in discussione. Non sono cambiati lo spirito, l’attitudine, e l’aver costruito intorno a me una band, questa sorta di familiarità che nel live ha un valore aggiunto. Quindi mi sembra sia cambiato poco. A parte ovviamente le rughe, i figli, le responsabilità e i debiti».