L'incontro con il cantautore prima di salire sul palco di Verona, anteprima del suo tour nei palasport. Pensando a Sanremo...
A 17 anni temeva che il successo non sarebbe mai arrivato, poi che non sarebbe riuscito a mantenerlo: oggi Claudio Baglioni festeggia, invece, 50 anni di carriera, di musica e di vita. La sua, senza dubbio, che da giovane schivo «e per natura periferico» ha vissuto sotto i riflettori, ma anche quella di migliaia di persone «che quando mi incontrano mi dicono che sono stato la loro colonna sonora. Beh, gli poteva andare meglio, ma anche decisamente peggio», scherza, Baglioni, con quel suo fare tra il serio e il faceto e quel lato ironico che in molti hanno scoperto all’ultimo festival di Sanremo.
Cinquant’anni di successi. Di brani entrati nella memoria collettiva di due o tre generazioni. Ora, 35 di questi fra i 400 che Baglioni ha scritto – in rigoroso ordine cronologico partendo da ‘Questo Piccolo Grande Amore’ – diventano protagonisti del tour Al Centro, che prende il via da metà ottobre nei palasport, e che stasera debutta all’Arena di Verona (sabato il bis con diretta tv su Rai1).
«Questo non è un concerto qualsiasi, probabilmente non è nemmeno un concerto, ma una festa. E racconta una storia vera, come fosse un romanzo musicale», dice il divo Claudio, che dopo i tour del 1991 e del 1998, sceglie di nuovo di mettere il palco al centro. Anche all’Arena, riportandola così alla sua destinazione di anfiteatro e non di teatro davanti a 17 mila spettatori. «Uno spettacolo totale – chiarisce – nel quale musica, danza, arti figurative, arti circensi si mescolano così come vagheggiavano i compositori di fine Ottocento, inizi Novecento. Wagner su tutti».
Un palco da 450 mq, sul quale si muovono 22 musicisti, oltre 100 performer, 26 ballerini, in una composizione realizzata dal fan Giuliano Peparini: «Il più grande di tutti, mi piacerebbe ci fosse anche a Sanremo». Già, Sanremo. Perché tra la prima e la seconda tranche del tour c’è giusto da organizzare il festival della canzone italiana: «Ho pensato che la prima volta era quella più difficile, poi ho capito di aver sbagliato riflessione». Un bis da direttore artistico accettato anche «per non dare l’idea che fosse stata solo una botta di fortuna. E poi stavolta ho più tempo per lavorarci». Tra un concerto e l'altro, si direbbe, ma lui non sembra affatto preoccupato: «Avere qualcosa da fare la sera servirà a non pensare in maniera ossessiva a Sanremo. Sarà una bellissima distrazione fare concerti: saprò che un lavoro ce l'ho anche dopo il festival».