Società

Dopoguerra, numero figli stagionali molto più alto delle stime

Uno studio del Fondo nazionale svizzero porta il numero dei bimbi vissuti illegalmente dal 1949 al 1975 nella Confederazione da 10-15mila a 50mila

Berna, 1970
(Keystone)
13 novembre 2022
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Il numero di figli di lavoratori stagionali che vivevano nascosti in Svizzera durante il boom economico del dopoguerra è molto più alto di quanto stimato finora. Gli ultimi dati calcolati dal Fondo nazionale svizzero (Fns), e pubblicati oggi dalla Nzz am Sonntag, affermano che 50mila bambini hanno vissuto illegalmente nella Confederazione dal 1949 al 1975. Un impatto "sottovalutato" e "superiore a quello di un Paese come gli Stati Uniti", per Tony Ricciardi, storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra e autore dello studio dell’Fns sul collocamento dei minori durante il forte aumento dei lavoratori stagionali nella seconda metà del secolo scorso.

Lo statuto dello stagionale

In Svizzera è stato introdotto nel 1934 e abolito nel 2002. Lo statuto dello stagionale consentiva ai lavoratori interessati – di cui circa il 90% italiani – di rimanere nove mesi all’anno in Svizzera e autorizzava il raggruppamento familiare solo per tre/sei mesi, a dipendenza del cantone. Ciò ha portato a separazioni spesso dolorose, con i minori costretti a rimanere nel Paese d’origine o a vivere nascosti in Svizzera.

Cifre ufficiali sull’ampiezza del fenomeno non ne esistono. Lo stesso Ricciardi si è detto sorpreso che un Paese come la Svizzera abbia così poche statistiche utilizzabili sul numero esatto di lavoratori stagionali. Anche per questo motivo, il numero dei bambini clandestini è difficile da stabilire. Il numero stimato sino a oggi andava dai 10mila ai 15mila fanciulli, assai meno dei 50mila che emergono dallo studio di Ricciardi, su un periodo di circa 25 anni. Questo numero riguarda solo una parte dei bimbi toccati dal fenomeno: tenendo in considerazione quelli che non hanno seguito i genitori ma che sono rimasti nel loro Paese – in Italia – spesso dai nonni, il numero di bimbi interessati sale a mezzo milione.

Vivere in clandestinità significava non andare a scuola, anche se la società civile si è mobilitata, in particolare a Neuchâtel, per offrire istruzione e cure mediche ai minori coinvolti, precisa Ricciardi. A volte con la complicità delle autorità, che chiudevano un occhio. Ma la paura restava.