Il colosso dello streaming perde 58 miliardi in quello che si annuncia un mercoledì nero anche per Disney e Spotify
Dopo la prima grande perdita di abbonati da dieci anni a questa parte, Netflix crolla di quasi il 40% in borsa. Un mercoledì nero per il colosso dello streaming che vede andare in fumo ben 58 miliardi di capitalizzazione di mercato. Il tonfo gela anche altri big del settore a partire dalla rivale Disney (-5%) e Spotify (-9%). La crisi è causata principalmente dal cambio di abitudini dei consumatori, spinti a tagliare il superfluo, e dalla ritrovata possibilità di riprendere una vita normale dopo il lockdown oltre che alla spietata concorrenza: inizialmente l’unica piattaforma, Netflix ora deve fare i conti con altri giganti con a disposizione più risorse economiche e con ricavi diversificati che offrono una maggiore flessibilità. Per frenare l’emorragia di pubblico anche i tradizionali network via cavo si sono affacciati con prepotenza e forza allo streaming, andando ad affollare ancora di più il mercato.
Un rallentamento della crescita in casa Netflix era atteso dopo il boom da pandemia. Nessuno però aveva neanche lontanamente ipotizzato un calo degli abbonati: nel primo trimestre ne ha persi 200.000 e per quello in corso stima un calo di ben due milioni. A scioccare ancora di più è poi l’apertura del colosso dello streaming alla pubblicità. Per anni Netflix si è dipinta con orgoglio come un "paradiso senza spot" ma ora non esclude più la possibilità di introdurre un abbonamento a basso prezzo con pubblicità così da frenare la fuga e tentare di attirare nuovi abbonati. Per gli analisti si tratta di un azzardo, di un "tradimento" della promessa originale che rischia di costare caro alla piattaforma, divenuta già oggetto di una pioggia di downgrade sui timori per le prospettive di lungo termine della società.
"Coloro che seguono Netflix sanno che sono contro la complessità della pubblicità e a favore della semplicità dell’abbonamento. Ma sono ancora più un fan di una scelta più ampia per i consumatori", ha spiegato il co-amministratore delegato di Netflix, Reed Hastings. Nella lettera agli azionisti il colosso della TV in streaming che ha rivoluzionato Hollywood ha attribuito la perdita di abbonati, la prima dal 2011, a quattro fattori fra i quali l’inflazione e la guerra in Ucraina. Il conflitto ha infatti spinto Netflix a sospendere il suo servizio in Russia con la perdita di 700.000 abbonati. La società ha poi menzionato la concorrenza crescente e la condivisione delle password con la quale perde milioni di abbonati e contro la quale intende impegnarsi per trovare una soluzione. Se in Asia Netflix continua ancora a crescere, negli Stati Uniti e in Canada ha visto calare i suoi abbonati di 600.000 unità a causa del rialzo dei prezzi.
La fuga da Netflix e il conseguente crollo a Wall Street attirano anche l’attenzione di Elon Musk, impegnato nella scalata a Twitter. Il patron di Tesla la definisce "inguardabile" a causa del "woke mind virus", ovvero il "virus" dello stare attenti e all’erta sulle ingiustizie sociali e razziali. L’analisi incassa il plauso di molti dei follower di Musk, alcuni dei quali gli consigliano di acquistarla dopo aver chiuso l’accordo per rilevare la società che cinguetta. Un suggerimento che potrebbe stuzzicare il patron di Tesla, anche se una tale operazione gli richiederebbe una cifra ben superiore ai 43 miliardi messi sul piatto di Twitter e che già non riesce con facilità a raccogliere nonostante sia l’uomo più ricco del mondo.