Nonostante ogni ascolto venga retribuito mezzo centesimo, la piattaforma è uno strumento necessario per farsi conoscere
Gli artisti meno noti non ci hanno rimesso nulla dalla polemica che ha spinto Neil Young e Joni Mitchell a lasciare Spotify. Per i primi, però, la piattaforma di streaming musicale è un “male necessario”. Infatti, essendo una fonte chiave di entrate e di esposizione, non possono permettersi di farne a meno.
“Anche se non siamo d’accordo con il modo in cui ci pagano, (...) siamo costretti a prendere parte a un sistema che non funziona per noi”, dice Ralph, conosciuto col nome d’arte Pilsner Man. Secondo diversi media statunitensi Spotify paga, in media, tra 0,3 e 0,5 centesimi per ascolto, o tra 3 e 5 dollari per ogni mille riproduzioni.
“Mi rendo conto che non siamo compensati in modo giusto o equo – afferma il cantante e musicista Leo Sidran –, con un modello che favorisce solo il 5% degli artisti che si trovano in cima alla classifica”. Nonostante ciò “lasciare la piattaforma mi priverebbe di un potenziale enorme, che permette alla gente di trovarmi”. Secondo l’artista, dunque “Spotify è un male necessario” per molti.
“Neil Young può alimentare il dibattito togliendo la sua musica a causa dello status che già ha – continua Sidran –, ma per me l’unico modo per essere nella conversazione è che la gente ascolti il mio lavoro. E per questo, penso di dover rimanere su Spotify”. Infatti, secondo la rivista specializzata Billboard, Neil Young e Joni Mitchell perderanno poco più del 10% delle loro entrate lasciando il portale. D’altra parte, però, guadagnano milioni di dollari l’anno e sono ascoltati su altre piattaforme da milioni di amanti della musica.
Se il podcast del conduttore Joe Rogan, accusato di spacciare teorie cospirative ha spinto il cantante Neil Young ad agire, ha anche riacceso il dibattito intorno al modello di business del gigante della musica online. Per molti artisti la controversia che circonda Rogan evidenzia anche la nuova strategia dell’azienda svedese, che ha fatto del podcasting una priorità negli ultimi tre anni.
Secondo un calcolo dell’agenzia di stampa Afp, Spotify ha sborsato più di un miliardo di dollari in acquisizioni dall’inizio del 2019 per costruire un intero ecosistema intorno al podcast, dalla produzione al marketing, con un grosso assegno, nel processo, per il conduttore al centro della polemica.
“Sto parlando di rispetto. Chi lo prende e chi no. Pagare i musicisti una frazione di centesimo? E lui, 100 milioni? Mostra il tipo di azienda che sono e il tipo di frequentazioni che hanno”, ha scritto la cantante R&B India.Arie su Instagram martedì. L’artista ha spiegato così la sua decisione di lasciare Spotify.
Di per sé, l’economia dei podcast è ancora molto più disuguale della musica, con la stragrande maggioranza dei programmi che non vengono pagati dalla maggior parte delle piattaforme, incluso Spotify. Ma l’industria ha anche, come nel business della musica, la sua élite di stelle che intascano milioni di dollari.