A lungo direttore creativo di Vogue, aveva avuto un ruolo chiave nell’aprire il mondo della moda a stilisti e modelle di colore
Un grave lutto ha colpito il mondo della moda: André Leon Talley, a lungo direttore creativo di “Vogue” e poi ai ferri corti con la direttrice ed ex amica Anna Wintour, è morto a 73 anni in un ospedale dello stato di New York per complicazioni da Covid.
Afroamericano, un gigante in tutti i sensi che troneggiava sulle front row delle sfilate internazionali, Talley aveva avuto un ruolo chiave nell’aprire l’elitario mondo della moda a stilisti e modelle di colore. Mentore di Naomi Campbell, fu lui a creare un celebre servizio di “Vanity Fair” che reinterpretava “Via col vento” con protagonisti neri e Naomi nella parte di Scarlett O’ Hara.
Il corpulento André paragonava i suoi look teatrali sopra le righe – mantelli, caffettani, guanti, copricapi regali – a una «armatura cerimoniale del Seicento italiano», una corazza contro gli epiteti razzisti come quello di “Queen Kong” di cui spesso era vittima.
Ex ragazzo gay del Sud segregato alle prese con la discriminazione razziale, dopo uno stage al Metropolitan con Diana Vreeland, aveva cominciato a lavorare giovanissimo con Andy Warhol alla reception del magazine “Interview”. Era poi stato capo dell’ufficio di Parigi di “Women’s Wear Daily” e lì la cerchia era quella delle maison aristocratiche e di Yves Saint Laurent. La trentennale carriera a “Vogue”, cominciata negli anni Ottanta, lo aveva portato ai vertici della rivista di moda ma era finita male per dissapori con la Wintour.
Lo stesso Talley ne raccontò la saga due anni fa in “Trincee di Chiffon”, un memoir partito da lontano: da quando, bambino a Durham, in North Carolina, era stato allevato da una nonna che faceva la cameriera sul campus della Duke University: un’infanzia tutta scuola e chiesa – la fede lo accompagnò nella vita adulta e a New York era una figura fissa alla Abyssinian Baptist Church di Harlem – fino a quando, nella locale biblioteca pubblica, il piccolo André scoprì le annate di “Vogue” e cominciò a sognare il mondo che sarebbe diventato il suo.
Tante “stelle polari” accompagnarono nella carriera questa icona della moda. Un rapporto di amore-odio lo aveva legato allo stilista tedesco Karl Lagerfeld, che colmava il suo protetto di doni a patto che dicesse sempre la cosa giusta, ma la relazione (mai sessuale) finì senza una parola quando l’afroamericano suggerì che Chanel sponsorizzasse una mostra di un altro fotografo, e Lagerfeld, lui stesso un mago dell’obiettivo, si offese a morte.
Fu però dall’algida Anna, con cui aveva lavorato per oltre 30 anni arrivando a scegliere lui le “mise” che lei avrebbe indossato ai vari gala del Met, che Talley si sentì più profondamente ferito: silurato perché vecchio e grasso, quando la Wintour gli preferì sul tappeto rosso del museo la 24enne influencer di YouTube Liza Koshy. E fu un affronto fatale.
«Ci sono stati momenti complicati, come succede in tutte le relazioni che durano decenni», ha ammesso oggi, in un messaggio su Instagram, la regina di “Vogue”, che ha definito «incommensurabile» la perdita dell’«amico e collega».