Visita guidata nel 'Dark tourism', accompagnati dalla criminologa Roberta Bruzzone
La domanda è questa: per la modica cifra di 17 dollari a notte, trascorrereste una settimana di vacanza in un carcere della Lettonia vittime di abusi verbali, colpi d’arma da fuoco sparati in aria, minacce di morte e ogni sorta di prevaricazione? Se per quest’estate avete preferito la più tranquilla Pensione Mariuccia di Viserba, allora non siete amanti dei crime tour (e da un certo punto di vista è meglio così). La pensione Mariuccia a Viserba non esiste. Il carcere della Lettonia convertito in hotel – un certificato d’eccellenza Tripadvisor nel 2016 – invece esiste eccome. Tra le mete delle vacanze molto alternative degli esseri umani ci sono anche luoghi come Karosta, monumento alla crudeltà della Seconda guerra che Alcatraz, al confronto, era pericoloso come la bocciofila di Massagno.
Luogo di tortura e di esecuzioni capitali dell’era comunista, se si è scelto di pernottare a Karosta con l’opzione ‘Extreme night’ serve firmare la liberatoria che acconsente ai maltrattamenti e solleva il personale da denunce. «Guardi, in realtà non vanno lì per spaventarsi. Vanno lì esattamente per la ragione opposta, per esorcizzare la paura». Roberta Bruzzone, criminologa investigativa e psicologa forense italiana, sarà la nostra guida in questo viaggio un tantino macabro in un tipo di turismo detto ‘Dark’ (oscuro) che abbraccia un range ampio di variegata follia collettiva. «Essere attratti dal fascino del male fa parte della natura umana. Il fascino verso il male, in particolare per il crimine violento, probabilmente ci accompagna sin dall’origine della nostra specie», spiega la criminologa.
Casa dolce casa
I dark-turisti più pacifici sono coloro che amano frequentare le storiche location cinematografiche della paura. Negli Stati Uniti, la Cari Estinti Viaggi (Dearly Departed Tours) conduce alle villette di ‘Scream’, ‘Halloween’ e ‘Nightmare’. Ma anche a residenze più eleganti come la casa di Bela Lugosi, epico Dracula narrato da Tim Burton in ‘Ed Wood’ [(REC) Appunti per un prossimo articolo: “La privacy di chi vi abita oggi e i rompiballe che ci si fanno i selfie davanti” (STOP)]. Anche senza agenzia, in molti amano recarsi in Pennsylvania per vedere l’Evans City Cemetery della ‘Notte dei morti viventi’ di George A. Romero o il Monroeville Mall dal quale nel ’78 uscirono gli zombie di ‘Zombi’ (in italiano senza “e”). I Dakota Apartments di New York, già teatro dell’assassinio di John Lennon, sono quelli in cui Mia Farrow partorì il diavoletto in ‘Rosemary’s Baby’ di Roman Polanski; nel New Jersey, il campo scout di ‘Venerdì 13’ è oggi un vero campo scout; il Timberline Lodge in Oregon è sempre meta dei fans di ‘Shining’ in California; a Simi Valley c’è la casa di ‘Poltergeist’, a Hermosa Beach la palestra di ‘Carrie’ e a Monrovia il garage di ‘Christine la macchina infernale’ (che oggi, verosimilmente, contiene un’altra vettura). Chi ha amato ‘L’Esorcista’ di William Friedkin può scendere la scalinata della casa di Georgetown, Washington DC, nella quale tutto è successo; Las Vegas, sinonimo di eccessi, ospita la ‘Official Saw escape room’ ispirata alla saga splatter ‘Saw’, corredata dalla voce originale dell’Enigmista. E a Red Rocks, nel Texas, c’è la villetta di ‘Non aprite quella porta’: oggi è un ristorante, ma anche a distanza di 44 anni ci guarderemo bene dall’aprirla.
Queste location non scomodano i morti (se non quelli decisi dagli sceneggiatori) e nemmeno i vivi. Ben diverse le abitazioni in cui sono accaduti fatti reali, mete di pellegrinaggio della morbosità umana. «L’interesse dei non addetti ai lavori verso questo tipo di vicende ritengo sia una costante e continuerà ad esserlo» commenta la dottoressa Bruzzone. «È abbastanza normale interessarsi a queste vicende perché riguardano persone che ci assomigliano. Si può entrare in risonanza con la vittima, ma anche con il presunto carnefice, da cui il dividersi dell’opinione pubblica, di solito compostamente, tra colpevolisti e innocentisti. Entriamo nella patologia quando si sente il bisogno di recarsi nei luoghi dove sono avvenuti reati molto violenti. Lì non siamo più nella fisiologia dell’interesse, ma nella patologia nell’interesse». È vero che al Colosseo, tappa obbligata di chi visita Roma, ne sono accadute di cotte e soprattutto di crude, ma «molte delle persone che vanno a vedere il Colosseo probabilmente ignorano cosa avvenisse all’interno. Qui, invece, abbiamo gente che va ad Avetrana, Cogne, Novi Ligure non perché vi sia una valenza culturale specifica, ma perché teatro di reati violenti. L’alibi della cultura, qui, non regge».
Una notte al museo
La Cari Estinti Viaggi è specializzata anche nelle star di Hollywood finite male. Dura 3 ore lo Skelter Tour di Los Angeles, guidato da un documentarista della Famiglia Manson (da Charles, guru cui si deve la morte dell’attrice Sharon Tate, moglie del di cui sopra Polanski). Dura un’ora in meno l’offerta della Starline Tours per visitare la Greystone Mansion, la Comedy Store e il Roosevelt Hotel, ultime residenze di (nello stesso ordine) John Belushi, Janis Joplin e Marilyn. In fatto di commercializzazione della paura, gli americani, è inutile dirlo, la fanno da padroni: visite al crematorio di Denver, tour dei cimiteri di Los Angeles, conferenze sull’esumazione e la dissezione anatomica nelle scuole di Philadelphia, incontri sui gatti sovrannaturali di Seattle, tra i quali spicca il Gran Gatto della Montagna, una specie di mostro di Loch Ness (dunque una bufala, ma non nel senso di animale).
I gatti sovrannaturali sono argomento per mammolette rispetto ai contenuti tematici dell’Alcatraz East Museum di Pigeon Forge nel Tennesse. Per gli appassionati delle quattro ruote si segnalano tre esemplari di Ford esposte: la ‘V8’ di Bonnie & Clyde crivellata di colpi, la ‘Bronco’ di O.J. Simpson, uxoricida in fuga per le arterie trafficate di Los Angeles in diretta tv, e la ‘Model A’ del rapinatore di banche John Dillinger. Ma c’è pure il maggiolino Volkswagen di Ted Bundy. E, peggio ancora, le vesti da clown di John Wayne Gacy, due tizi sulle cui truci abitudini si può pure sorvolare. «Luoghi d’interesse simili, a questo livello, dalle nostre parti non ci sono. Forse solo i boschi che hanno riguardato i crimini del mostro di Firenze. C’è ancora gente che va a farsi una passeggiata» commenta la criminologa. Insieme a gogne, ghigliottine e alla ‘Old Smokey’ (la “vecchia fumosa” sedia elettrica del New Jersey), l’Alcatraz mette a disposizione per gli amanti di C.S.I un fantoccio per l’autopsia fai-date (dal blog del museo: “Fantastico! Mia figlia di 11 anni se n’è innamorata!”). «Gli americani abili nel business – commenta la dottoressa Bruzzone – hanno colto l’interesse di chi segue maniacalmente queste vicende». E finché sono spettatori, affari loro. «Perché ci sono pure quelli che avrebbero voluto avere un ruolo di tipo professionale in questo ambito e non ci sono riusciti, e ora veicolano una certa frustrazione in internet, senza alcuna competenza...».
L’assassino è il maggiordomo
A proposito di C.S.I. Il criminologo è necessariamente un appassionato di thriller? La dottoressa risponde: «Non so se sia automaticamente così. È chiaro che quando sei abituato a ricostruire storie nella maniera più precisa possibile ti piace anche sentirle raccontare. Amo più che altro il genere poliziesco-noir di tipo letterario». Il libro preferito? «Mi è piaciuta moltissimo la trilogia ‘Millennium’ di Stieg Larsson. L’ho trovato un ottimo scrittore. Ho preso il quarto volume, scritto da un altra persona che ha cercato in tutti i modi di riprendere il filo dei personaggi tratteg- da Larsson, ma non ho trovato la stessa verve narrativa dei primi tre». E le serie tv? «Per carità, sono fatte sicuramente bene dal punto di vista tecnico, ma per chi fa questo lavoro sono abbastanza prevedibili. Anche i film. La struttura narrativa è sempre la stessa. Una volta individuata, quella è...». Quindi, per il criminologo, la serie ‘Cold Case’ è una perdita di tempo? «Alla fine della favola, è sempre l’insospettabile che riserva le peggiori sorprese. Un po’ come nella vita di tutti i giorni...».
Per completezza d’informazione, a Milwaukee, Wisconsin, ci sarebbe il Jeffrey Dahmer Tour, detto anche ‘Cream City Cannibal’ (c’è poco da tradurre). Se ne occupa la Hang Man Tours (letteralmente ‘I Viaggi dell’Impiccato’), consigliando di rimandare il pranzo alla fine della passeggiata. Figura sempre più obsoleta, il serial killer è ormai più un carattere letterario che una minaccia incombente: «Merito delle scienze forensi» continua la dottoressa Bruzzone. «All’epoca, questi soggetti potevano contare, soprattutto negli Stati Uniti, su limiti di tipo investigativo. Attraversando il confine tra stato e stato, Ted Bundy faceva leva sul fatto che le polizie non si parlassero e di conseguenza era difficile ricondurre i reati commessi a uno stesso autore. Ancora, la genetica era di là da venire. Oggi gli strumenti a disposizione degli investigatori sono sofisticati, performanti, è abbastanza semplice scorgere dietro una serie la stessa mano».
Mafia, fantasmi e Associazione Vampiri
Nella Grande Mela, la Free Tour by Foot si concentra sulle 5 famiglie della New York del Ventesimo secolo: Genovese, Gambino, Gotti, Gallo, Luciano. Dal cuore di Little Italy fino all’East Village si visitano le case e i ritrovi abituali dei boss. Sempre a New York c’è il ‘Gangs of New York Tour’, ispirato al film di Martin Scorsese; a Kansas City, invece, il ‘City Gangster Bus Tour’, che si effettua vestiti da capomafia (vera attrazione, l’urinatoio pubblico di Al Capone sul quale è posta una placca commemorativa in metallo). Attraversando il Pacifico, ‘La casa dei criminali di Melbourne’ è il tour nel quartiere di Fitzroy, postaccio nel quale negli anni 20, una volta calato il sole, non entrava nemmeno la polizia. I peggiori bordelli della città sono oggi luoghi di visita.
A New Orleans, nel Saint Vincent Orphanage, antico orfanotrofio della città, un team di esperti dialoga con gli spiriti dei bimbi che lo hanno abitato e che dovrebbero gridare “aiuto aiuto” o cose simili. Al 14esimo piano dell’Hotel Monteleone si può incontrare lo spirito di tale Maurice e al Bourbon Orleans Hotel imperversa il Fantasma gentiluomo. Nella città del jazz, i tour voodoo non si contano e alla Boutique del Vampiro si possono apprendere i fondamenti per vivere la notte come una vera sanguisuga. Una volta trasformatisi in vampiri provetti, ci si potrà iscrivere alla New Orleans Vampire Association, “organizzazione no-profit composta da autoidentificati vampiri” (gente comunque perbene e che fa tanta beneficenza).
Il bernese affamato
Tra le mete dei tour operator del mistero è indicato anche il Kindlifresser, il mangiatore di bambini di Berna. Risalente al 1546, quest’orco con in bocca un infante e in braccio altri due è una delle più antiche fontane della città. C’è chi lo vuole un tributo a Kronos, che per la mitologia greca mangiava bambini per evitare che una volta cresciuti gli soffiassero la poltrona da sotto il sedere. L’identità più accreditata è quella di mostro delle favole, conseguenza di un ignorato “vedi di comportarti bene”, cosa utile per non finire nella bocca della balena, tra le fauci del lupo, o in altre sventure di dubbio gusto che ogni tanto, più vicini alla pensione che alla pubertà, uno sguardo sotto il letto viene ancora voglia di darlo. Anche il criminologo avrà qualche paura inconfessabile? Buio, spiriti, ragni, cavallette? «L’unica paura che ho, per altro confessabilissima – risponde la dottoressa Bruzzone –, è degli imbecilli. Sono la categoria più pericolosa di questo pianeta. Preferisco un cattivo intelligente che un cattivo imbecille. Il cattivo imbecille va oltre le mie più nefaste aspettative».