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L'immunoterapia accende una luce di speranza contro i tumori

Uno studio presentato al congresso della Società europea di oncologia medica apre una nuova via alla guarigione da neoplasie aggressive come i melanomi

Immagine di archivio
(Ti-Press)
4 ottobre 2024
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Una speranza in più nella battaglia contro i tumori, quella che arriva dagli studi presentati a metà settembre a Barcellona al congresso annuale dell’European Society For Medical Oncology (Esmo), l’associazione europea dei medici oncologici che ha la sua sede a Lugano.

La nuova prospettiva arriva dagli studi sul ricorso all’immunoterapia per il trattamento di alcuni tipi di neoplasie, in particolare il melanoma metastatico, un tumore che fino a tempi recenti presentava alti tassi di mortalità e rispetto al quale, invece, le nuove ricerche prospettano una migliore sopravvivenza a lungo termine.

Al congresso di Barcellona sono stati presentati i risultati di un follow up (ovvero di un monitoraggio seguente alla malattia) di dieci anni dopo un trattamento con immunoterapia, il più lungo realizzato finora. «Il follow up dimostra che ci sono persone che vengono curate da questo tipo di terapia – spiega l’oncologo Marco Donia –. In sostanza, la stragrande maggioranza di pazienti con melanoma sottoposti a immunoterapia, e che non fanno registrare nessuna progressione della malattia dopo tre anni, non progredirà mai. Questi pazienti sono stati probabilmente curati dal melanoma, tanto che alcuni di essi sono deceduti per altre cause a distanza di dieci anni. La sopravvivenza specifica per melanoma è dunque molto alta in questo gruppo di pazienti».

Al nostro esperto chiediamo di definire, dunque, cos'è l’immunoterapia, e quali sono gli effetti collaterali rispetto, ad esempio, alla chemioterapia o la radioterapia. «L’immunoterapia – spiega l'oncologo – stimola la reazione immunitaria del corpo umano nei confronti del tumore: in pratica è un po’ più simile a un vaccino che a una chemioterapia. Queste terapie hanno però anche effetti collaterali, che possono essere persino più pesanti della chemioterapia: ciò sulla base del fatto che il sistema immunitario di questi pazienti in alcuni casi viene stimolato troppo, e inizia ad attaccare gli organi sani, ad esempio il polmone, l’intestino, il cuore».

Ci si chiede se, a questo punto, si può dunque parlare, con molta cautela, di una vera e propria cura. «Per alcune persone sì – afferma il medico –. In altri studi ad esempio in un sottotipo di tumore della mammella, o in tumore della vescica, a un gruppo di pazienti veniva somministrata l’immunoterapia insieme alla chemioterapia prima dell’intervento per rimuovere il tumore. I dati hanno dimostrato che questi ultimi avevano tassi di guarigione superiori rispetto a quelli che non ricevevano l’immunoterapia, ma in questo caso si può dire che essa contribuisca alla guarigione. Negli studi sul melanoma in oggetto, invece, l’immunoterapia è l’unica terapia che i pazienti hanno ricevuto. L'immunoterapia ha fatto sì che il melanoma metastatico non sia più, come in precedenza, una malattia letale per quasi tutti i pazienti, con una sopravvivenza mediana inferiore a un anno. Oggi, circa metà dei pazienti sopravvive per molti anni con una buona qualità di vita».

Oltre agli aspetti prettamente medici, le nuove ricerche hanno anche implicazioni a livello legale e sociale, legate soprattutto al cosiddetto “oblio oncologico”: ovvero il diritto degli ex pazienti a non essere più discriminati rispetto alle altre persone al momento di richiedere un credito finanziario. «L’Esmo sta lavorando sulla messa a punto di una legislazione omogenea per tutti gli Stati europei da questo punto di vista: le persone che hanno avuto un tumore invasivo e sono guarite si vedono spesso respingere dalle banche la richiesta di avere un prestito in quanto si presume abbiano un rischio di morire entro pochi anni per una recidiva. La legislazione attuale è molto frammentata, quindi Esmo lavora affinché ci sia una normativa comune europea che definisca standard e le procedure per garantire un equo accesso ai prodotti finanziari per i pazienti sopravvissuti a tumori invasivi».