Dalla ricerca pura alle possibili terapie, intervista alla ricercatrice Silvia Monticelli sulla recente scoperta dell’Istituto di ricerca in biomedicina
Né troppo né troppo poco: il punto centrale è in fondo questo anche per il sistema immunitario, il complesso meccanismo che protegge l’organismo dalle malattie. Solo che a volte non interviene abbastanza – è il caso dei tumori, e una via promettente è appunto la “immunoterapia oncologica”, in pratica insegnare al sistema immunitario ad attaccare le cellule tumorali – mentre altre interviene troppo e abbiamo le cosiddette “malattie autoimmuni”, come la sclerosi multipla. Comprendere come viene regolata l’attività del sistema immunitario è quindi importante, e un passo in questa direzione è stato fatto all’Irb, l’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona, affiliato all’Università della Svizzera italiana (Usi) dove un gruppo di ricercatori in collaborazione con l’Istituto europeo di oncologia di Milano ha identificato un meccanismo molecolare di regolazione del sistema immunitario, scoperta pubblicata ieri su ‘Nature Immunology’. Un passo verso nuove terapie? «Si tratta di ricerca di base» ci spiega subito Silvia Monticelli, direttrice del laboratorio di immunologia molecolare dell’Irb. «Le persone giustamente chiedono subito come e quando una scoperta porterà a un’applicazione pratica, ma purtroppo la ricerca scientifica non funziona così, nell’immediato – ed è anzi importante che ci sia spazio per ricerche più “libere”, su aspetti di base, e quindi non orientate a una terapia a breve termine, perché è così che si può scoprire qualcosa di nuovo – sempre con l’obiettivo, a lungo termine, di arrivare a qualcosa che sia di beneficio per la nostra salute».
Può dire qualcosa di più sulle malattie autoimmuni?
Si tratta di malattie come la sclerosi multipla, il lupus o il diabete di tipo 1 in cui il sistema immunitario “fa troppo”, cioè non distingue più quello che è l’organismo da quello che è invece estraneo all’organismo. Nel caso della sclerosi multipla, ad esempio, attacca il sistema nervoso centrale, cosa che come si immagina porta a gravi problemi.
Malattie quindi non legate a un agente esterno.
Per questo è importante capire come è regolata l’attività del sistema immunitario. Si tratta di cellule presenti in tutte le persone, non solo in quelle malate e certo non possiamo pensare di risolvere il problema eliminandole: i globuli bianchi – noi ci siamo occupati in particolari dei linfociti T – ci servono e soprattutto ci serve la loro capacità di reagire contro le malattie infettive o contro l’insorgenza dei tumori. Ma appunto, nelle malattie autoimmuni c’è qualche cosa che non funziona a livello di regolazione, ed è importante capire i meccanismi che regolano l’attività dei linfociti T. Il nostro contributo è stato identificare un tassello di questa regolazione.
Il regolatore della trascrizione del gene BHLHE40, legato a sua volta all’enzima Regnase–4, si legge nella ricerca.
Capisco che non sia immediato comprendere: il mio è un laboratorio di immunologia molecolare, per cui andiamo a studiare i meccanismi fondamentali, a livello appunto di molecole… In pratica, abbiamo visto che c’è un modulo, un “network” di molecole che interagiscono tra di loro, e tra queste vi è come accennato un enzima che degrada dei fattori infiammatori – contribuendo quindi a limitare l’infiammazione – e un fattore che a sua volta regola l’espressione di questo enzima. Capire il ruolo di queste molecole può aiutarci a capire la differenza tra “troppo poco” e “troppo”.
Diceva un tassello: non è quindi ‘il gene che attiva i linfociti T’?
Esattamente: non c’è un singolo gene che isolato regola la risposta del sistema immunitario, ma una rete e noi abbiamo identificato un pezzo di questa rete, ma non è certamente l’unica. Di solito, per questo tipo di malattie, non c’è niente che non va a livello di Dna, non è possibile puntare il dito su uno o pochi geni responsabili. Perché si tratta di malattie complesse che non solo coinvolgono moltissimi geni, ognuno con il suo contributo, ma dipendono anche da fattori ambientali. Ritornando alla sclerosi multipla, il rischio è ad esempio influenzato dal tipo di infezioni che uno ha incontrato durante la vita, dai livelli di Vitamina D… Ma sono fattori di rischio, non cause: per questo ci serve conoscere di più sui meccanismi che regolano le cellule che sono alla base di queste malattie.
Un tassello che adesso è a disposizione di chi fa ricerca applicata.
Sì, è un’informazione in più che migliora la nostra comprensione di come funziona a livello molecolare il nostro sistema immunitario. Che cosa poi riusciremo a farci è difficile prevederlo.
Certamente le aspettative non possono essere da un anno con l’altro, ma se uno guarda le cose in prospettiva si rende conto che i progressi fatti dalla medicina negli ultimi cinquant’anni sono incredibili, quasi fantascientifici. Siamo partiti ignorando i meccanismi di praticamente tutto, adesso abbiamo le competenze per terapie personalizzate. Motivi per essere ottimisti, quindi, ci sono.