Abbiamo ascoltato le canzoni. In tanto tunz-tunz, una fossatiana Mannoia. Altri papabili? Diodato, Gazzelle, Dargen D’Amico, The Kolors, Annalisa
Non ci metteremo a dare i voti alle canzoni, perché il giudizio al primo ascolto è cosa che andrebbe vietata per costituzione, un po’ come l’amore a prima vista. E poi è sempre in agguato la Sindrome di Mr. Rain, quella che giuri che il cantante arriverà ultimo e invece ‘Supereroi’ quasi vince. Nella steppa di via Mecenate a Milano, dove ogni anno fa sempre più freddo ma forse siamo noi che siamo sempre più vecchi, negli studi che furono di Fabio Fazio e adesso non più, il dj Massimo Alberti autorizzato dall’azienda e da Amadeus ha schiacciato play sulla sua potente consolle e la stampa tutta, anche quella di Roma collegata in modalità pandemia, ha ascoltato le 30 canzoni del 74esimo Festival della Canzone italiana di Sanremo, affinché si cominci a fare ‘ammuina’ (in napoletano ‘rumore’, ovvero a scrivere e parlarne).
Il 2024 sarà ancor più l’anno della cassa in quattro, del tunz-tunz (astenersi dylaniani). Mettiamo i Ricchi e Poveri nella categoria ‘Sì’ anche se sarebbero ‘Boh’, ma solo per questioni ritmiche e perché ‘alla carriera’. Partiamo da ‘Ma non tutta la vita’, una piccola e lecita autocelebrazione italodisco, genere del quale il quartetto ora duo è monumento. Il fatto che la canzone inizi con il verso “Che confusione”, e che negli studi della Rai scoppi un’improvvisa ilarità, è un po’ il succo del mestiere dell’autore, colui che deve sapere per chi scrive. Accade anche per Loredana Bertè in ‘Pazza’, unico momento (finto) rock della scaletta, brano finanche prevedibile i cui autori dimostrano di conoscere di lei vita e miracoli, riassunti nel verso-chiave “prima ti dicono che sei pazza, poi ti fanno santa” (violiamo l’accordo sulla segretezza dei testi fino alla pubblicazione degli stessi su Sorrisi e Canzoni. La Rai ci perdonerà, anche Sorrisi e pure Canzoni ci perdoneranno).
Nella categoria ‘Decisamente Sì’, due parole per una fossatiana Fiorella Mannoia in ‘Mariposa’. ‘Sì’ anche per Clara, fresca vincitrice di Sanremo Giovani: ‘Diamanti grezzi’ è struggimento amoroso musicalmente a metà tra Lazza e Madame, e radiofonica come piace al direttore artistico. L’avvenenza dell’interprete, in tv, farà il resto. In altro rapporto sentimentale intitolato ‘Ti muovi’ si muove Diodato, una garanzia, che si produce in un pregevole lento con cori soul da bei tempi andati. Se il buongiorno si vede dal mattino, visto cioè che il ritornello resta in testa come una paranoia, la prossima estate anche gli anziani canteranno “Un ragazzo incontra una ragazza, la notte poi non passa, la notte se ne va”, nuova italodisco che arriva da The Kolors e che è intitolata, non a caso, ‘Un ragazzo e una ragazza’.
Annalisa canta un altro tormentone dei suoi, ‘Sinceramente’, e pure Angelina Mango canta un altro tormentone dei suoi, “La cumbia della noia” (‘La noia’), dove la cumbia è ritmo colombiano come Shakira, che ha aperto la strada. In mezzo a tanta cassa in quattro, la ballad quest’anno è animale raro, e quella di Gazzelle in ‘Tutto qui’ è rilassatezza che paga. Menzione per ‘Onda alta’ e per la capacità di Dargen D’Amico di far sembrare la deriva umana una festa, proprio come due anni fa in ‘Dove si balla’. Piacciono, infine, Renga e Nek con ‘Pazzo di te’, buon brano nel quale i fan si riconosceranno, nell’uno o nell’altro.
Per chi non fosse già assuefatto, altra cassa in quattro e “Cinque cellulari nella tuta gold”, il tormentone di Mahmood nella metropolitana frenetica ‘Tuta gold’, appunto; Alessandra Amoroso si presenta con l’esistenziale ‘Fino a qui’, dignitosa storia di solitudine in una Roma di notte, con sprazzi di poesia e tanta ansia. In ‘Capolavoro’, Il Volo limita il lirico gorgheggio per un cantato pop, e il brano armonicamente bello ma un po’ datato resta in un limbo. Di tutti i giovani di Sanremo Giovani piacciono (a noi) i BNKR44, dove BNKR sta per ‘bunker’: cantano l’inno giovanile ‘Governo punk’, anche se il brano non è punk. Quella di Ghali, che in ‘Casa mia’ ci ricorda il nostro essere tutti sotto lo stesso cielo, pare musicalmente un’occasione persa, così come quella di BigMama in ‘La rabbia non ti basta’, anche qui dal testo socialmente utile. Quello di Rose Villain (‘Click boom!’) è un altro tormentone a uso e consumo dell’etere e di quelle che un tempo si chiamavano ‘sale da ballo’.
Sangiovanni chiede scusa a lei in ‘Finiscimi’. In ‘Ricominciamo tutto’, i Negramaro partono battistiani e si perdono in un ritornello non all’altezza del nome. Dei Santi Francesi (‘L’amore in bocca’) ricordiamo poco e anche dell’amore uscito dalla bocca di Irama, che urla ‘Io no’. Ricordi pop confusi sono quelli de Il Tre (‘Fragili’) e di Maninni-chi-era-costui in ‘Spettacolare’. Di tutto il/la rap/trap che ha contaminato Napoli, Geolier è nome di punta: quanto a ‘I p’ me, tu p’ te’ (Io per me, tu per te), rimandiamo al secondo ascolto (e al giornalista poco sotto). Lo stesso vale per i La Sad (‘Autodistruttivo’), che tra gli autori si avvalgono di Zanotti dei ‘Pinguini’. Fred De Palma (‘Il cielo non ci vuole’) è altra occasione di ballo, facoltativo. Altra italodisco arriva da Emma che in ‘Apnea’ rinverdisce i fasti del ‘giro di do’, ma con un testo imbarazzante. Per la suddetta Sindrome di Mr. Rain, su ‘Due altalene’ questa volta non diciamo nulla. Quanto al rapper Alfa con la motivazionale ‘Vai!’, l’invito si presta a molta, moltissima ironia.
A Sanremo 2024 Giorgia celebrerà i 30 anni della sua ‘E poi’, Eros Ramazzotti i 40 della sua ‘Terra Promessa’ e Gigliola Cinquetti (sic) i 60 di ‘Non ho l’età’. Lo dice la breve conferenza stampa conclusiva alla quale la categoria dei giornalisti musicali si è presentata in tutta la sua brillantezza con la domanda “perché una canzone in napoletano, che io non ci ho capito niente?”. Geolier a parte, Amadeus è poco preoccupato che il suono generale sia spaventosamente ‘pompato’; giura che il fatto che lui venga dalla radio non c’entra, e comunque “le radio sono importanti, sono il polso del brano che funziona”.
Qualcuno sostiene che quest’anno non vi siano temi sociali a sufficienza e grida alla censura. Il direttore artistico risponde: “Qualche canzone dal contenuto forte è arrivata, ma a volte per qualcuno questa è una scorciatoia. Non mi interessa il tema sociale se non si accompagna a un brano forte. Se al quarto ascolto la canzone stanca, per quanto il tema sia importante farei un danno a Sanremo e al tema sociale stesso”.
Chiudiamo con la coppia Amadeus-Alberti che ha accompagnato le canzoni con ammiccamenti, sguardi complici, indici su e giù a segnare il tempo e balli accennati. Per conoscere la vita radiofonica delle canzoni di Sanremo dopo Sanremo (ne avranno, eccome) è bastato guardare i due dj. “È possibile che su 400 canzoni, nelle 370 restanti non ci fosse un brano rock?”, ha chiesto qualcuno, ma pare che di rockettari non se ne siano stati presentati. I nostalgici si dovranno accontentare di Russell Crowe, che ha chiesto di venire a Sanremo a suonare del blues.
Amadeus e Alberti, intanto, vanno matti per i violini (finti) su ‘Due altalene’ di Mr. Rain. È il segno dei tempi, e se è vero che la Rai farebbe carte false per un sesto Amadeus, vien da pensare che i tempi saranno lunghi. Un altro anno di cassa in quattro? Non ci resta altro da fare: balliamo, “è da tanto tempo che non lo facciamo” (Fred Bongusto, 1977).