laR+ Locarno Film Festival

In Concorso sogni e incubi di un’umanità persa

Il duro documentario di Sylvie Ballyot, le ragazze perdute di Saule Bliuvaite, la denuncia epica di Gürcan Keltek e quella onirica di Ala Eddine Slim

Green line
16 agosto 2024
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Ferragosto ha portato quattro importanti film in quella competizione che oggi si chiude con ‘Suyoocheon’ di Hong Sangsoo: ‘Green Line’ della francese Sylvie Ballyot, ‘Akipleša’ (Toxic) della lituana Saule Bliuvaite, ‘Yeni safak solarken’ (New Dawn Fades) del turco Gürcan Keltek e ‘Agora’ del tunisino Ala Eddine Slim.

La linea verde della guerra civile libanese

Sylvie Ballyot ci fa conoscere Fida Bizri, che ha co-sceneggiato il film con lei, Fida è nata a Beirut e in quella città è cresciuta conoscendo la terribile guerra civile che investì il Paese mediorientale tra il 1975 e il 1980. Il film inizia con un pupazzo che simboleggia Fida e che si muove tra paure e macerie, in un mondo diventato di cartapesta e diviso da quella “Green Line” che fa da titolo al film e che a Beirut divideva le milizie cristiane da quelle arabe. E si ricordano i passaggi tragici dal dicembre 1975 quando si verificò a Beirut il cosiddetto “Sabato nero”, nel quale miliziani falangisti cristiani massacrarono centinaia di civili musulmani, mentre nel gennaio 1976 avvenne il massacro di Karantina: milizie cristiane che fecero una vera e propria mattanza massacrando 1’500 civili. La risposta fu il massacro di Damour: 582 civili morti, tutti cristiano-maroniti. E poi il massacro di migliaia di palestinesi a Sabra e Shatila e poi…

Il film ripercorre gli eventi attraverso gli occhi di una bambina, e dopo l’animazione, il documentario con lei cresciuta che agisce da donna, inframezzato da inserti di filmati dell’epoca a confermare le parole. Ad aggiungere dramma su dramma l’incontro di lei con l’organizzatore cristiano del massacro di Sabra e Shatila e con un alto esponente dell’ala militare di Hezbollah che svela il convitato di pietra della guerra civile libanese e dell’attuale situazione: Israele. E neppure i cristiani negano l’aiuto che hanno avuto e hanno da Gerusalemme.

Un film duro e necessario non per non dimenticare, ma per leggere il tragico presente: la regista in conferenza stampa ha sottolineato come le immagini della Beirut distrutta siano lo specchio di quanto accade a Gaza.

Il fallimento di una società assente

Il lituano ‘Akipleša’ (Tossico) ci porta nella desolazione della periferia di una città industriale in Lituania per farci conoscere due tredicenni Marija e Kristina che come tutte le loro amiche e coetanee hanno un’unica aspirazione per una vita migliore: diventare modelle. Inutili sono gli esempi drammatici che hanno davanti, ragazze incinte o finite che tornano dagli Stati Uniti o dal Giappone, come carne da macello inseguono il malefico sogno. Il loro problema sono le famiglie assenti: vivono con le nonne, o con qualche parente, si devono arrangiare e il rapporto con i maschi – coetanei o più grandi – è fatto di droga, alcool e violenza, e per guadagnare ci sono gli adulti che pagano le bambine.

Kristina per essere più attraente si fa un dolorosissimo piercing alla lingua ma non basta: per dimagrire compra sul dark web uova di tenia che la porteranno quasi a morire. È un film che senza pietismi racconta con forza il fallimento di una società abbrutita dall’aver creato come unico dio il denaro, dall’aver distrutto i futuri, inquinando i giovani.

Un grido contro la violenza del potere

Un altro sulla società con un film spettacolare è ‘Yeni safak solarken’ (La nuova alba svanisce), scritto e diretto con sicura e felice mano da Gürcan Keltek. Un film che mette sotto accusa non solo il potere di Recep Tayyip Erdoğan, ma di tutti i governi di destra che lo hanno preceduto, rendendo mentalmente fragile un popolo intero.

Il film inizia mettendo in evidenza la bellezza infinita di Santa Sofia, per minuti la percorre il giovane protagonista Akın, artista da anni incarcerato dai forti medicamenti per il suo disagio mentale, cosa che lo ha portato a non poter più recitare perché dimentica le parti, come tutto gli si scombina in mente, suoni e voci. Sente parlare della religione mitraica, se ne avvolge, in casa è mal sopportato dalla madre, che deifica il marito, un crudele macellaio serbo nella guerra dell’ex Jugoslavia, e costringe lui a purificarsi il sangue con le sanguisughe. E lui va in cerca di un ex amico del sanatorio, succube della propria madre, e cerca rifugio dalla ex fidanzata, ora con un altro, ma che le dedica un amore fraterno. Santa Sofia si riempie di musulmani, e perde tutto il suo fascino perché sporcata dalla religione. Gli aumentano le pillole che lui non vuole. Incontra o sogna di incontrare lei e poi il sogno continua o è il delirio della morte? Il finale è epico nella sua sacralità, è un grido contro Erdogan e il potere, contro le destre che dominano il mondo a braccetto con le religioni. Grande film da applausi.

La follia del mondo

Su un altro piano, più onirico si sviluppa ‘Agora’ scritto e diretto da Ala Eddine Slim, che traduce in immagini ciò che accade nel sogno di un cane blu e un corvo nero. Animali che guardano gli esseri umani nel loro non comprendere, nel loro ottuso credere di capire. Ecco allora che il ritorno a casa di tre persone decedute crea scompiglio in un piccolo paese di pescatori: chiusi in una cella frigorifera i tre sono indagati dalla stanca polizia locale e da un medico curioso che passa il tempo a bere birra al bar. Arriveranno investigatori dalla capitale, ma intanto i cani randagi muoiono per strada e dal mare approdano a riva bizzeffe di pesci morti. Il film diventa incubo anche per il cane blu e il corvo nero.

Girato con originalità il film esprime la gioia cinematografica di un’artista indipendente capace di riflettere sulla follia del mondo in cui vive.