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I sogni introvabili e sotterrati nei rifiuti delle discariche

‘Holy Electricity’ di Tato Kotetishvili restituisce l’affetto per il popolo georgiano, mentre accompagna col sorriso il viaggio di scoperta di due cugini

‘Holy Electricity’
14 agosto 2024
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Sopravvivono e vengono portati avanti ancora oggi gli elementi chiave del neorealismo, attraverso quei prodotti cinematografici che sembrano quasi trascendere la finzione, costruiti con poco, eppure rappresentanti una realtà vera, genuina. L’urgenza di raccontare un contesto sociale è molto più forte nei paesi dal passato bellico recente, come la Georgia, centro di quel lembo di terra tra il Mar Nero e il Mar Caspio, complicato agli occhi del resto del mondo, misterioso e non esattamente conosciuto se non per qualche recente vicenda sportiva. ‘Holy Electricity’, di Tato Kotetishvili, non è solo una storia di scoperta dell’amore e dell’amicizia, ma anche il toccante ritratto di un popolo unito anche nelle sue grandi divisioni interne, dove la pluralità emerge con forza e dove l’energia delle persone proviene dall’eccentricità che li contraddistingue.

Alla morte del padre, il giovane Gonga, accompagnato dal cugino Bart, conduce un’esistenza semplice rovistando tra i rifiuti e le discariche, alla ricerca di pezzi per costruire oggetti da rivendere al mercato delle pulci locale. Tra simpatici e pittoreschi vecchietti sdentati, storie di wrestling e improvvisi cori di canzoni georgiane, i due si imbattono in una cassa piena di croci arrugginite. Da un'idea nasce un occupazione e grandi sogni di diventare businessmen, ma la vendita porta a porta non è troppo lucrativa e, in aggiunta, Bart perde gli utili al casinò, con cui avrebbe dovuto pagare un debito a dei pericolosi strozzini. I cugini si separano dunque nelle loro rispettive ricerche di un posto nel mondo, alla scoperta di ciò che per loro significa l’amore.

Una terra sterile, decadente e povera, che sembra inghiottire qualsiasi prospettiva e dove la fredda apatia della gioventù si scontra con una senilità spensierata: in un contesto che riflette un dopoguerra che pare eterno, la felicità risiede nelle piccole cose vissute dai personaggi, che sono come bambini curiosi e creativi. La povertà di mezzi non ostacola un’ottima costruzione e diventa dunque un valore aggiunto, che rispecchia una popolazione amabile e contribuisce a dare vita a un’atmosfera unica, uno strano misto tra gaia spensieratezza e apatia, dal retrogusto a volte dolce altre amaro, con quel pizzico di follia che riesce a far nascere un sorriso.