Novità, ufficialità, ironia e una stoccata a Pro Helvetia (su Venezia, ma non la città del cinema). Per dirla con Maja Hoffmann: ‘Il Festival è aperto sì’
E Festival sia: preceduta da due serate gratuite in Piazza Grande e anticipata da temporali pomeridiani – “non abbiamo più un presidente che va alla Madonna del Sasso per implorare il bel tempo”, ha commentato qualcuno in fila all’Info Center – ieri si è ufficialmente aperta la 77ª edizione del Locarno Film Festival.
La prima giornata ha avuto, oltre al primo film della selezione in Piazza – ‘Le déluge’ di Gianluca Jodice, con tanto di Excellence Award a Mélanie Laurent e Guillaume Canet –, l’ormai tradizionale concerto d’apertura con l’Orchestra della Svizzera italiana a musicare dal vivo ‘The Crowd’ di King Vidor in un affollato Fevi “risorto dalla grandine” e la consueta cerimonia d’inaugurazione alla Magistrale. Anche se forse “consueta” non è la parola giusta, visto che l’elenco di relatori e relatrici vedeva molti nomi nuovi, regalando un brivido di ignoto in chi di cerimonie d’apertura ne ha seguite tante e sapeva ormai prevedere una buona metà delle prolusioni.
Questo – lo si è rimarcato così spesso che l’han capito pure i ciottoli di Piazza Grande – è il primo Festival della presidente Maja Hoffmann, ma lo è anche per la consigliera federale Élisabeth Baume-Schneider che ha ripreso il Dipartimento federale dell’interno, e quindi la cultura, da Alain Berset oltre che per Nicola Pini come sindaco di Locarno, mentre la consigliera di Stato Marina Carobbio è alla sua seconda edizione. Con la curiosità, speriamo non troppo morbosa, di chi ha assistito a una sorta di ballo delle debuttanti, diamo qualche valutazione dei discorsi.
Nicola Pini si è distinto per uno schietto “il Festival è pazzescamente importante”, oltretutto messo lì tra i saluti ufficiali alle autorità e un ardito giro di metafore sulle quali parte dei presenti sta forse ancora ragionando (il Festival come proiettore puntato su Locarno, il Locarnese e il Ticino e un grande schermo sul resto del mondo). Nel suo discorso ha insistito sull’importanza, culturale e anche economica, del Festival per la regione e chissà che non fosse un garbato promemoria a chi sembra guardare soprattutto alla dimensione internazionale della manifestazione.
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Nicola ‘Pazzescamente’ Pini
Marina Carobbio Guscetti ha volato alto, ricordando le tante sfide che l’umanità ha affrontato in questi anni e che ancora ci attendono in un “pianeta aggrovigliato su sé stesso”: è proprio in momenti di smarrimento come questi che il cinema, e la cultura in generale, diventano ancora più significativi. Questo discorso generale e generico è stato ravvivato da una piccola (e applaudita dalle persone presenti) stoccata a Pro Helvetia che, in un momento in cui è importante mantenere un presidio culturale, decide di abbandonare la storica presenza a Venezia.
Elisabeth Baume-Schneider si è subito conquistata il pubblico scherzando con ironia su una piccola gaffe sul suo nome e ricordando, in italiano, le persone duramente colpite dal maltempo in Vallemaggia. Il suo discorso si segnala anche per essere quello in cui più si è parlato di cinema, citando – pensando anche alla parità di genere ancora lontana in molti settori – la regista Jane Campion che quest’anno riceverà il Pardo d’Onore.
Meno brillante, la presidente Maja Hoffmann: il suo discorso aveva spunti interessanti su quello che caratterizza Locarno rispetto ad altri festival – l’attenzione alle idee innovative e innovatrici e al pluralismo, oltre ovviamente alla forza di luoghi come Piazza Grande –, ma era difficile da seguire. Andrà meglio la prossima volta.
A chiudere il giro di interventi di questa cerimonia, il veterano del gruppo: il direttore artistico Giona A. Nazzaro che in un plurilinguismo invidiabile ha accompagnato il pubblico verso l’atteso momento del risotto raccontando la sua idea di Festival: una casa che costruiamo tutte e tutti insieme per tutte e tutti, una casa con molte porte dove chiunque può entrare e portare idee, amiche e amici. Perché, ha concluso strappando un applauso non di cortesia ma convinto, la vera sfida è costruire una comunità in un momento in cui ognuno è impegnato ad affermare la propria identità escludendo gli altri.
“Mi fa molto piacere di essere... to be here”. C’è altro plurilinguismo nella Hoffmann serale, che prende la parola non proprio in un tripudio di applausi, ma con precisa internazionalità. Dice, in inglese: “Sono qui per parlare del Festival in francese, ma pensando in italiano”. E in francese continua: “È veramente impressionante vedervi tutti qui, sono completamente coinvolta in tutto ciò che ho fatto a partire da questa mattina, che rappresenta solamente la punta dell’iceberg di quel che accade in un anno grazie a questo team meraviglioso”. Con tono più deciso, infine, quasi olimpico, la frase di rito (più o meno quella): “Il Festival è aperto, sì. Locarno settanta-i-sette”.
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Marina Carobbio Guscetti
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Elisabeth Baume-Schneider
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E tra il pubblico...