La succeditrice di Marco Solari racconta il suo festival, senza paura di cambiare e contando su ‘un vicepresidente straordinario’ e un'équipe forte
È il primo festival di Maja Hoffmann, arrivata alla presidenza del Locarno Film Festival lo scorso settembre dopo oltre vent’anni di Marco Solari: difficile non vedere, in ogni novità e cambiamento seppur minimi, un qualche segnale di una possibile “nuova era”. E tra questi ipotetici segnali c’era certamente lo spostamento della conferenza stampa nazionale da Berna a Zurigo, quasi un allontanamento dalla politica e un avvicinamento alla finanza. Ma spesso si esagera, nel cercare segni e segnali, e la scelta di Zurigo, è stata pragmaticamente motivata dal voler raggiungere più giornalisti e ‘stakeholder’ possibili. A spiegarlo, in un’intervista realizzata nel suo ufficio a conclusione della conferenza stampa, è stata proprio Maja Hoffmann «È stata una decisione dell’équipe, quella di Zurigo: io ho solo detto che saremmo potuti venire qui, al Luma Westbau», la sede della fondazione da lei stessa fondata e dove tra l’altro è in corso una mostra sulla fotografa e regista Agnès Varda, Pardo d’onore nel 2014.
La presidenza di Marco Solari aveva al centro la libertà.
Oh, io sono ancora più libera di Marco Solari.
Quale sarà quindi la parola chiave del suo festival?
Io sono la presidente, non la direttrice artistica e non voglio interferire sul programma artistico, non l’ho mai fatto e non lo farò mai. D’altra parte, se il direttore artistico vuole discutere con me, io sono pronta a discutere con lui. Ma non è una questione di compiacere il presidente: è un vero interesse per la programmazione artistica di Locarno che mi sta a cuore.
È quasi un anno che giro il mondo dell’arte e della creazione e parlo di Locarno: le reazioni sono sempre straordinariamente positive.
Il suo ruolo, quindi, è di sostenere la direzione artistica e quella operativa e di essere ambasciatrice del Festival.
Per me è molto più interessante il lato artistico e non l’ho mai nascosto. È importante capire come trovare la formula che porti questo festival ancora più lontano negli anni a venire. Perché anche in ambito culturale si può avvertire un certo irrigidimento, se ciascuno resta chiuso nel proprio ambito. Sono una sostenitrice degli scambi, della condivisione delle competenze ed è questo che mi interessa di più del Festival di Locarno. Per mesi ho detto che no, non lo potevo fare perché ho troppi impegni, ho troppe cose da fare e credevo che questo sarebbe stato un handicap. Ma ho un’équipe straordinaria e la sostengo per fare in modo che siano loro ad avere le idee.
Ha detto di essere più interessata agli aspetti artistici che a quelli organizzativi. Vale anche per la ricerca di nuovi partner? Durante la scorsa assemblea si è parlato di Bloomberg Philanthropies…
Sì, Bloomberg Philanthropies è un partner interessante: hanno dei progetti di sviluppo urbano che portano avanti a livello internazionale ma con la consapevolezza che bisogna impegnarsi a livello locale. E d’altra parte Bloomberg è un media ed è importante, per Locarno, avere relazioni con i media.
Quindi c’è la possibilità di avere questa collaborazione, di sviluppare qualcosa che comporterà anche un sostegno finanziario ma l’importante è che sia una situazione ‘win-win’, con vantaggi per entrambe le parti perché non si può aver paura di incontrare nuovi partner, di avere nuove collaborazioni. Anche Mubi (piattaforma di streaming dedicata al cinema d’autore, ndr) è un partner molto interessante: il fondatore di Mubi è molto interessato a Locarno, viene regolarmente al festival e al momento la collaborazione non porta finanziamenti, ma penso che il rapporto possa evolvere.
Locarno è un evento internazionale ma profondamente radicato nel territorio. Come può tenere insieme queste due anime, quella locale e quella globale?
È vero che Locarno ha questa doppia dimensione e io ho la fortuna di avere un vice-presidente – Luigi Pedrazzini – straordinario per il lavoro che ha fatto e che continuerà a fare. Ho un ottimo rapporto con lui, ci sentiamo regolarmente e sono convinta che senza di lui non potrei fare la presidente.
C’è quindi una specie di divisione dei compiti tra presidente e vice-presidente.
Sì, non credo nel potere in una sola persona, e per questo mi considero alla testa di un’intera squadra, che parte dal Consiglio di amministrazione e va ai due direttori e ai loro team.
Ultima domanda: in questi mesi immagino abbia avuto modo di identificare i punti deboli e i punti di forza del Festival. Iniziamo dai primi.
Penso che la forza principale di Locarno sia la sua capacità di restare fedele a sé stesso, il che non significa restare fedele alla tradizione, ma restare fedele al suo spirito, alla sua anima. Non vedo motivo per cambiare tutto, ma al contempo bisogna essere vicini al cambiamento per saperne cogliere le opportunità e credo che sia questo il mio compito come presidente.
E per quanto riguarda le debolezze?
Il rischio di fossilizzarsi se si resta troppo isolati dal mondo, se si è troppo lenti nell’apprendere i cambiamenti. È un rischio che al momento non vedo, a Locarno, ma che bisogna sempre tenere presente.