premio rezzonico

Gale Anne Hurd e l’importanza delle storie

Incontro con la produttrice statunitense che sabato ha ritirato in Piazza Grande il Premio Raimondo Rezzonico

8 agosto 2021
|

Non piove ancora, quando nel giardino dell’albergo Belvedere incontriamo con alcuni colleghi Gale Anne Hurd. Il suo nome è legato, come detto, a ‘Terminator’ – che la vede oltre che come produttrice anche come cosceneggiatrice – e, sempre al fianco di James Cameron, a ‘Aliens’ e ‘The Abyss’, ma anche ‘Armageddon’ di Michael Bay, ‘Hulk’ di Ang Lee e la fortunata serie tv ‘The Walking Dead‘.

Come si vede, molta fantascienza e film tratti da fumetti – ma non solo, infatti il festival ha proiettato anche la commedia ‘Dick’ di  Andrew Fleming con Kirsten Dunst –: un tempo considerati produzioni di serie B e che adesso dominano il botteghino. Le chiediamo come mai questo cambiamento. «È una domanda interessante: penso che il business – non solo quello cinematografico – guardi i successi passati per prevedere i successi futuri, e un fallimento passato renda difficile fare qualcosa. In un mercato in cui film horror e di fantascienza sono considerati film di serie b, film che non interessano ai programmatori e non vincono premi, mancano le risorse. A cambiare tutto, per me e penso per chiunque altro, è Kubrick quando ha realizzato ‘2001: Odissea nello spazio’. Improvvisamente ci si è resi conto che la fantascienza può essere “cinema serio”, può parlare dell’esistenza umana. Mi chiedo se George Lucas avrebbe potuto fare ‘Guerre stellari’, se Kubrick non avesse fatto ‘2001’. Il cambiamento è iniziato lì e lo stesso vale per i fumetti che non erano considerati come vero ‘storytelling’, c’è stato qualche fallimento ma ci sono stati i primi successi, si sono realizzati sequel perché è più sicuro investire soldi in personaggi conosciuti dal pubblico. Adesso il mercato è dominato da queste produzioni, cosa che non avrei mai immaginato negli anni Novanta».

Ma il successo di un film non è una cosa che è possibile predire, né da quel che è successo in passato né da analisi di mercato o, come sempre più spesso capita, da algoritmi. E il successo, per la produttrice Gale Anne Hurd, non è determinato dai risultati di botteghino. «No» risponde seccamente alla domanda di un collega. «Prima di tutto il successo è riuscire a concludere il film e non sempre capita, molte volte un progetto richiede otto o dieci anni e diventa questione di perseveranza, di essere in grado di far dire “sì” a chi prima aveva detto “no”. Se sono convinta che il film che ho fatto è quello che le persone coinvolte avevano in mente di fare, allora sono soddisfatta e questo può capitare con film che non sono stati successi al box office e magari hanno ricevuto critiche negative e insoddisfatta da film che hanno incassato tanto».

Essere una produttrice significa concentrarsi innanzitutto sulle storie. «Quando ero una bambina mi piacevano le storie fantasy e di fantascienza, storie epiche con il bene in lotta con il male: certo adesso racconto anche piccole storie, ma torno sempre a storie che credo abbiano una natura epica, storie incentrate sui personaggi ma con uno sguardo al mondo, con persone comuni che si ritrovano in circostanze straordinarie, che dubitano delle proprie abilità ma affrontano la sfida di salvare se stessi o il mondo».

Gale Anne Hurd ha prodotto diversi film con ruoli femminili forti, sfidando i pregiudizi di un mondo dominato dagli uomini che realizzano film per un pubblico prevalentemente maschile. «Al tempo c’era la percezione che quelle fossero storie per uomini, ma le statistiche per ‘Terminator’, e parlo del 1984 quando uscì, parlano di un 60 per cento di pubblico maschile e un 40 per cento femminile». Non si sente comunque una pioniera. Innanzitutto perché «quando sei concentrata a realizzare il tuo prossimo film e a concludere quello al quale stai lavorando, non pensi che quello che fai possa cambiare le cose. Poi  incontri delle donne che ti ringraziano per quello che hai fatto, per quello che hai detto e si sono sentite ispirate: allora ti rendi conto». Inoltre, «la vera pioniera è Debra Hill, alla quale devo molto» precisa ricordando la sceneggiatrice di ‘Halloween’ e produttrice di ‘1997: Fuga da New York‘, scomparsa nel 2005. «Quando una persona è la prima e l’unica, può fare due cose: può girarsi e aiutare chi è dietro a raggiungerla oppure spingere gli altri indietro. Debra Hill mi ha dato la mano per dirmi che potevo farcela. Abbiamo parlato spesso, ma non perché fossimo entrambe donne: parlavamo di come essere migliori produttrici, di come raccontare storie migliori, di come venire venire prese sul serio sul set».

La pandemia ha cambiato il modo di fruire i film? «Ha creato una situazione difficile per il cinema, una situazione di estrema incertezza. Per questo è importante essere qui a Locarno e poter guardare insieme, e in sicurezza, dei film. Lo streaming è in crescita e quella finestra tra l’uscita in sala e la disponibilità on demand diventa sempre più corta». 

Questa finestra è utile per tutti i film o alcuni potrebbero beneficiare di un’uscita in contemporanea in sala e in streaming? «Non sono un’esperta in queste cose. Quello che è importante per me è mantenere i cinema e i distributori, mantenere la possibilità per le persone di tutto il mondo di andare in sala per vedere dei film che sono stati pensati per essere visti insieme nei cinema. E sono fiduciosa che gli interessi degli studios e dei distributori di fare utili non distruggerà quella che è una parte fondamentale della mia vita e che deve poter continuare a essere parte fondamentale della vita di ognuno».