Il ricordo

Tace la voce del poeta dialettale Spartaco Rossi

Si è spento lo scorso 21 ottobre a Biasca, dov'era nato nel 1931. Dal curatore del volume riepilogativo della sua opera, un ritratto

1931-2023
23 ottobre 2023
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Il generoso compositore di versi nostrani si è spento pochi giorni fa. Nato a Biasca nel 1931, Spartaco Rossi aveva dedicato molta parte delle proprie energie creative alla parlata antica del borgo, creando componimenti ritmati e rimati, in cui trovano spazio e rilievo angoli del territorio (al piano e ai monti), feste e ricorrenze, fatti degni di memoria, nonché figure caratteristiche di ieri e di oggi, uomini e donne con le loro bestie. La sua vena si era manifestata precocemente: la sua maestra Caterina Magginetti (autrice con Ottavio Lurati del glossario Biasca e Pontirone: gente, parlata, usanze – Basilea 1975, ristampato nel 2017) ne aveva intuito le doti e ne lodò pubblicamente certi risultati fioriti già sui banchi di scuola. Elettricista di professione, Spartaco Rossi ebbe modo di dedicarsi alla scrittura soltanto dopo il pensionamento; e continuò a dialogare segretamente con la sua docente, immettendo nei testi parole rare che stavano scomparendo, puntualmente registrate in quello storico repertorio.

Un incontro decisivo per lui avvenne quando gli giunse sotto mano una traduzione delle Favole di La Fontaine: la folgorazione di fronte all’arte del genio francese lo portò a realizzare una nutrita galleria di animali parlanti che, come presso il celebre modello, si propongono di ammaestrare denunciando i vizi ed esaltando le virtù umane. Ricordiamo ammirati anche i suoi esercizi di traduzione, a partire dal nome stesso dell’autore, felicemente «biaschesizzato» in «Giovann dro Bron».

La sua opera è stata riunita in volume solo di recente, sotto il titolo Goss in firegna (Comune di Biasca, 2020). La raccolta contiene oltre duecento testi tra i quali alcuni scritti destinati a rimanere nella memoria collettiva: in particolare, piace ricordare La firegna (‘La veglia’) che ha dato il titolo al libro, in cui il poeta vi fa rivivere le serate di un tempo lontano: dopo cena, le donne di casa, gli allevatori e i contadini del paese si riunivano in una stalla o locale attiguo e si raccontavano a vicenda eventi e aneddoti straordinari: I donn i fäsèe calza o i firava, / dal bronz i bütava fòo üm quai gótt cafè. / I oman üm quai denc ad rastéi i sbiüsciava / e i «Telegiornali» i èra tücc ilé. ‘Le donne sferruzzavano o filavano, / dal paiolo prendevano un po’ di caffè. / Gli uomini un dente di rastrello lisciavano, / E i Telegiornali eran tutti lì’. La parola firégna è diffusa in tutta la Svizzera italiana e ricorda i celebri filò di Fellini e di Zanzotto. Si noti inoltre, per complemento di informazione, che Goss (‘gozzo’) è il soprannome dei biaschesi, dovuto alla patologia che un tempo colpiva diffusamente gli abitanti del paese.

Spartaco ha ora chiuso definitivamente il quaderno: ai suoi familiari e, in primo luogo, alla moglie Ebe e ai figli, giungano le nostre sentite condoglianze. A noi resta il rimpianto doloroso, mitigato dal sorriso dei suoi versi colmi di sano umorismo, mai disgiunto da una profonda riflessione critica.