Fotografia

Verzasca Foto Festival: di uomini e di boschi

Il 5 e 6 settembre una settima edizione interamente in esterno. A colloquio con il direttore artistico Alfio Tommasini e con Florian Spring, resident artist

Esposizioni visitabili fino a novembre (© Luca Zanetti)
31 agosto 2020
|

“Ieri come oggi siamo sempre noi a necessitare del bosco, non il contrario”, si legge nell’introduzione alla settima edizione del Verzasca Foto Festival, in programma i prossimi 5 e 6 settembre (esposizioni aperte sino al 5 novembre 2020) e intitolata, non a caso, ‘Di uomini e di boschi’. Il bosco come “luogo di solitudine ma anche d’incontro vitale”, il bosco che è anche sottosuolo, dove “le radici di differenti alberi si uniscono, comunicando e alimentandosi a vicenda”. È quanto si auspica Alfio Tommasini, direttore artistico di un festival dimezzato nella sua durata, ma con un’occasione: «Preparando questa edizione – racconta a laRegione, con riferimento all’emergenza sanitaria – ci siamo resi conto una volta di più dell’importanza di poter interagire con il bosco. Sarà un’edizione legata alla nostra relazione con quei luoghi, che è anche una delle caratteristiche di questo festival, e sarà più facile mantenere le distanze».

Durata ridotta, in funzione di una giornata più intensa, da vivere già dalla tarda mattinata, così come ridotta è la cosiddetta Casa del Festival, meno artisti internazionali, forzatamente: «Non saranno le consuete 100, 150 persone da tutto il mondo che l’avevano abitata negli scorsi anni. Rinunceremo alle tavole rotonde ambientate nei grotti, e le mostre saranno questa volta interamente in esterno». A Sonogno confidavano in un settembre taumaturgico, ma la situazione non è ancora così rosea. Per nessuno: «Sempre considerando le varie limitazioni imposte, gli adattamenti imposti dalla situazione contingente, considerando che il festival si tiene all’aperto e che la mostre già si tengono, anche se non tutte, nei boschi, ci sarebbe dispiaciuto rinunciare a tutto».

Un peccato per il fatto che il festival è «incontri, informalità, giornate in compagnia», ma intanto il festival c’è, e qualcosa significa. «Sfruttando la dimensione online per quel che si può, non avendo un festival come questo, a differenza di altre manifestazioni, alcun senso soltanto in rete, cercheremo di avere comunque la presenza dei fotografi da altri continenti». Col suo bando di concorso gratuito, «le proposte sono giunte da 300-400 persone da tutto il mondo», chiude Tommasini. «C’è chi il bosco lo ha affrontato dal punto di vista della forzatura, chi in modo onirico e chi descrittivo. C’è chi ha insistito sull’interazione, chi sul concetto di sopravvivenza e chi, come il fotografo messicano Diego Moreno, si è soffermato sulla stregoneria, su rapporti con il bosco di tipo più spirituale. Tanti, molteplici linguaggi».


Diego Moreno, dalla serie 'Spectrum'

Il fine settimana

Tutti gli eventi, si diceva, si terranno all’aperto. Luoghi delle esposizioni (un totale di 21, dalla Svizzera Cile, dalla Polonia alla Colombia, dalla Spagna al Perù e altre combinazioni annesse) saranno il bosco della Valle Redorta, la cascata Froda e le strade di Sonogno per le mostre. Inclusa quella di Uygar Önder Şimşek, vincitore del Premio ‘Nera di Verzasca’, fotografo documentarista le cui immagini gli sono costate due anni e mezzo di prigione in Turchia con l’accusa di propaganda del terrore, motivo per il quale si trova in esilio a Berlino. A Lavertezzo, inoltre, nella vecchia scuola femminile, è aperta la retrospettiva sugli artisti in residenza tra il 2015 e il 2019. Il weekend del Verzasca Foto Festival parte di sabato 5 – con il parco giochi di Sonogno quale punto d’incontro (bar, proiezioni e musica dalle 12 alle 19.30) – con le ‘Letture portfolio’ di Melody Gygax, Sarah Girard, Ann Griffin, Nicolas Polli e molti altri. Alle 11.30 e alle 16.30 la visita guidata alle esposizioni open air nella Valle Redorta, con presentazione degli artisti; dalle 11 alle 12, il laboratorio gratuito di fotografia per bambini dai 6 ai 12 anni; alle 13.30 l’incontro con il fotografo Didier Ruef che presenta il libro ‘Recycle’ (modera Claudia Quadri). Alle 14.30 per BabalTESS, l’incontro con gli scrittori Matteo Terzaghi e Vanni Bianconi. Alle 15.30 la presentazione del progetto di Florian Spring, resident artist. Domenica 6 settembre, dalle 11 alle 12 la caccia al tesoro fotografico, alle 14 la visita guidata alle esposizioni all’aperto. Si chiude alle 16.


Uygar Önder Şimşek, Premio 'Nera di Verzasca'

‘Hello darkness my old friend’

Lo svizzero Florian Spring è l’artista in residenza. «Lo spunto per il mio progetto – racconta a laRegione – è arrivato da quanto successo un paio di giorni prima del mio arrivo, l’avvistamento di un lupo a Frasco. Quello del lupo è un tema molto articolato e nel mio caso non si tratta di vedere o di sentire il lupo. È qualcosa di più metaforico, di correlato alla paura, che può essere quella del lupo come quella della notte, del buio. È un progetto sul sentirsi insicuri, e in un certo senso persi». Quello che certamente il progetto di Spring non è, parlando di lupi, è «un’affermazione politica sull’essere contro o a favore del lupo. Nulla a che fare sulla legge sulla caccia in Svizzera. Si tratta di altre paure». Una delle quali, forse la più ancestrale di tutti noi, «è il lupo di Cappuccetto Rosso, il primo libro che mi è stato letto dai miei genitori. Poi il lupo l’ho incontrato a scuole nelle ore di religione, come nemico di noi pecorelle condotte dal pastore». Da qui, dall'esigenza «di traslare quella figura in aree meno oscure e più rassicuranti di come mi era stata tramandata», il titolo del progetto che arriva dritto dalle liriche di Paul Simon: «Si chiama ‘Hello darkness my old friend’ e viene da ‘The sound of silence’, un testo in cui si parla di relazioni che si allentano, di persone che parlano ma non ascoltano e della necessità di vicinanza». Per il Verzasca Foto Festival, Florian Spring aggiunge alla fotografia la sua esperienza di carpentiere, realizzando personalmente quelle che alla Cascata Froda non saranno soltanto fotografie, ma vere e proprie installazioni: «È mia intenzione aggiungere un ulteriore livello alla fotografia, rendere una sensazione più profonda, fornire un’emozione extra. Ci tengo a che il risultato non sia meramente documentaristico» (www.verzascafoto.ch).


Dalla mostra di Florian Spring, artista in residenza