Con ‘Finalement’ il regista usa la musica e la ‘follia dei sentimenti’ per dire quello che non si può più dire in ‘un mondo di bugiardi e di imbroglioni’
Questa sera Castellinaria si chiude con Claude Lelouch e il suo ‘Finalement’, presentato fuori concorso a Venezia: mescolando generi cinematografici e alternando scene più strutturate a momenti più liberi, Lelouch ci racconta di Lino Massaro (l’incredibile Kad Merad), un avvocato di successo che, forse a causa di una malattia mentale, decide di cambiare vita, vagabondando per le campagne francesi.
La proiezione al Mercato Coperto di Giubiasco, alle 20.30, sarà preceduta dalla cerimonia di premiazione. A presentare ‘Finalement’ sarà la produttrice Lucy De Crescenzo: l’87enne Lelouch è a Parigi, dove lo abbiamo raggiunto per fargli alcune domande.
‘Finalement’ mescola vari generi cinematografici, ma si presenta come “una favola musicale”. Perché?
Perché oggi non si può più dire niente, ma si possono ancora dire delle cose attraverso la musica. La musica permette di addolcire le parole. Volevo dire un certo numero di cose e mi sono detto che la musica è un veicolo formidabile per parlare.
Io faccio film per parlare più al cuore delle persone che alla loro intelligenza. L’intelligenza ha paura di tutto, al contrario del nostro inconscio. Ed è la musica che parla al nostro inconscio, che parla alla nostra parte di eternità. La nostra intelligenza ci dice che siamo mortali e il nostro inconscio ci dice che siamo qui per sempre. È questa la grande dualità di tutta la vita, ecco.
L’intelligenza è un critico permanente che vede tutto ciò che non va, mentre il nostro inconscio è uno stuntman, si prende dei rischi. Ecco perché era importante che la musica fosse più importante del resto.
Il protagonista soffre di una malattia mentale, la degenerazione frontotemporale o, come viene chiamata, “follia dei sentimenti”. È una malattia, ma anche una liberazione?
La follia dei sentimenti è una malattia che fa sì che, a un certo punto, uno dica quello che pensa. Nella vita c’è quello che si pensa e c’è quello che si dice: c’è un enorme divario tra ciò che si pensa e ciò che si dice. Quando si ha la follia dei sentimenti improvvisamente si dice quello che si pensa, non ci sono più filtri, non ci sono più freni. Non si ha più paura di niente. Non so se ha mai incrociato per strada quegli uomini e quelle donne che parlano da soli, che hanno la follia dei sentimenti e che ti interpellano così e che improvvisamente ti insultano e ti dicono quello che hanno nel cuore. Ecco, è una malattia terribile perché è come un’auto senza freni, capisce? Immagini un’auto senza freni, è inevitabile che vada sempre più veloce e che non si possano evitare gli incidenti.
È anche una malattia molto fotogenica, perché viviamo in un mondo dove nessuno osa più dire quello che pensa. Vede, soprattutto con i social network oggi è il trionfo della demagogia: i politici non osano più dire quello che pensano, gli innamorati non osano più dire quello che pensano… abbiamo fabbricato un mondo di bugiardi e di imbroglioni. Ecco perché ho fatto questo film.
Quanto c’è di personale in ‘Finalement’?
È un film che mescola i generi, un film che mescola la vita che mescola il sogno. È un film che mi assomiglia molto nella misura in cui oggi, alla mia età, ho voglia di raccontare quello che credo di aver imparato durante questi 87 anni. Capisce cosa voglio dire? Ci vuole una vita intera per capire la vita e sono arrivato a un momento in cui ho voglia di dire ai miei figli e ai miei nipoti le due-tre cose che ho imparato, quelli che mi sembrano essere i temi essenziali del mondo in cui viviamo.
Prima di tutto la salute che è un prerequisito di tutto. Voglio dire che senza salute, non si può fare niente. L’amore, che è sempre una punizione o una ricompensa. Perché ci si dà tanto da fare per finire nello stesso letto? E perché ci si dà ancora più da fare per non finirci più? Ecco. L’amicizia è l’amore senza i casini. Si parla della famiglia che è sempre complicata: la famiglia è sempre e solo casini, sono i nostri casini preferiti ma sono comunque casini. Diciamo che sono i casini che ci piacciono. E alla fine c’è il denaro, il denaro che permette di comprare la salute, l’amore e l’amicizia.
Ci sono diversi riferimenti a suoi film precedenti, come ‘L’avventura e l’avventura’.
Semplicemente ho voglia di finire le storie come ho avuto la fortuna di scrivere. Ho voglia di ritrovare dei personaggi che sono stati un po’ più forti degli altri, voglia di ritrovare uomini e donne che mi sono sembrati ancora più interessanti degli altri. E avevo voglia di ritrovare il personaggio di Lino Ventura, che avevo incontrato in ‘L’avventura è l’avventura’ e ‘Una donna e una canaglia’: questo è suo figlio. E poi ho ritrovato Françoise Fabian che è ancora con noi.
Cerco semplicemente di finire i miei film, come con ‘I migliori anni della nostra vita’ ho concluso ‘Un uomo, una donna’. Sa, io sono un cineasta amatoriale, non sono un cineasta professionista, faccio cinema da amatore e quindi faccio film solo per amore, non ho mai fatto film su commissione, mai, mai. Faccio film sulle cose che sento profondamente.
Nel film ci sono anche diversi riferimenti a ‘I ponti di Madison County’. Un omaggio?
Io adoro quel film: penso che sia una delle più belle storie d’amore del cinema. Ed è vero che volevo rendergli omaggio. Ma in ‘Finalement’ rendo omaggio anche ad altri film, come ’La grande illusione’: è la fattoria, la dimensione della fattoria che troviamo in questi film che trovo molto importante perché è al cuore dell’essenziale. Quando tutto va male, bisogna tornare alla natura.
Il personaggio principale sembra costruito intorno all’attore che lo interpreta, Kad Merad. Che però è stato scelto quasi per caso.
È stato molto difficile trovare l’attore del film: dovevo trovare un attore che potesse soddisfare tutte le caselle. Dovevo trovare innanzitutto un ottimo attore, ma non solo: un attore che avesse un fisico, alto, ma che non fosse un playboy. Doveva diventare bello facendo belle cose. Se avessi preso Brad Pitt, non sarebbe stato lo stesso film, capisce? Perché se nella fattoria arriva Brad Pitt, non ha nemmeno bisogno di dire buongiorno. Kad Merad invece ha bisogno di fare belle cose per essere bello. È questo che è interessante, mi serviva la fisicità di un uomo che è obbligato a fare belle cose per essere bello, per essere interessante.
All’inizio ho pensato a tutti gli attori del mondo tranne che a lui. E poi, ancora una volta per caso, a un certo punto mia moglie mi ha chiamato perché aveva incontrato Kad Merad in un treno e mi sono detto: ma è lui, è lui. Penso che sia un immenso attore.
Non ha quindi adatto o riscritto il personaggio per Kad Merad?
No, ho scritto tutto prima. Quando lavoravo con Belmondo o Trintignant, scrivevo per loro, sapevo che sarebbero stati loro, ma qui ho scritto un personaggio che mi assomigliava un po’, perché spesso ho avuto voglia di fuggire.
Deve essere stato bello attraversare la Francia per le riprese.
È un film molto scritto, quindi le riprese sono state molto veloci: 6 o 7 settimane in tutto. Ma è vero: avevo voglia di filmare la Francia che è un paese che amo molto. Per me penso che i più bei paesi del mondo siano la Francia, l’Italia e la Spagna. Ho fatto il giro del mondo diverse volte e penso che sulla terra non ci sia niente di più bello di questi tre Paesi che penso potrebbero essere un unico Paese, per come sono legati gli uni agli altri. Penso che gli altri paesi siano dei premi di consolazione: c’è tutto in questi tre paesi, sono magici. Questa volta ho fatto un film sulla Francia ma è vero che sogno di fare un film attraversando tutti e tre questi paesi che sono magici.
Quindi tra qualche anno ci risentiremo per un film tra Francia, Spagna e Italia?
Forse, se troverò la forza di farlo.