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La videoarte di alfatih irrompe nella Hall

I misteriosi paesaggi realizzati per il progetto ‘switzerland’ appariranno, per la stagione invernale, nello schermo all’entrata del centro culturale

5 dicembre 2024
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L’arte all’improvviso: per il periodo delle feste, il grande schermo che nella Hall del Lac solitamente annuncia spettacoli e mostre sarà periodicamente invaso dai video realizzati dall’artista alfatih per l’installazione ‘switzerland’. Si tratta di sette filmati della durata totale di una ventina di minuti, realizzati al computer e con le musiche del sassofonista zurighese Tapiwa Svosve, vincitore di uno dei Premi svizzeri di musica 2024: irromperanno nello spazio pubblico del centro culturale ogni dieci minuti circa e, tutti insieme, in momenti prestabiliti della giornata (alle 11.30, alle 14.30 e in caso di spettacoli serali alle 19.30).

Il progetto è stato commissionato per le collezioni del Museo d’arte della Svizzera italiana ed è nato a partire da una riflessione sul paesaggio: i video mostrano infatti alcuni “panorami” svizzeri visti attraverso il finestrino di un treno in viaggio. «La prima volta che sono venuto al Masi per vedere lo spazio dove avrei presentato il mio lavoro era in corso una mostra proprio sul paesaggio e del resto c’è sempre, nelle collezioni dei musei, una sezione dedicata al paesaggio» ci ha spiegato l’artista al termine della presentazione della sua installazione. Quelli “trasfigurati” nei filmati sono autentici paesaggi svizzeri, ricostruiti partendo dai dati dell’Ufficio federale di topografia restando il più possibile fedeli a quello che è effettivamente possibile vedere dal finestrino di un treno.

Quelli che vediamo in ‘switzerland’ sono tuttavia ben lontani dai classici paesaggi della storia dell’arte, o dai panorami da promozione turistica: in un etereo bianco e nero, accompagnati dalle estranianti musiche di Svosve, sembrano un sogno. O un incubo.

«Mentre lavoravo a questo progetto ho letto diverse cose sulla governance tecnocratica odierna, sul fatto che siamo governati dalle macchine e dagli algoritmi e di come questa situazione porti le persone a non avere più fiducia nelle istituzioni» ha precisato alfatih. Diversi autori hanno fatto paragoni con la rivoluzione industriale: «All’epoca c’erano i luddisti che si ribellavano distruggendo i primi macchinari industriali, oggi abbiamo persone che distruggono le torri 5G e sempre all’epoca dei luddisti c’era il romanticismo che aveva un rapporto particolare con il paesaggio e la natura. Del resto per noi, oggi, che cosa rappresenta il paesaggio? Con il cambiamento climatico non è più un rifugio stabile».

I paesaggi che vediamo sono spogli, senza piante o animali. Come mai? «In realtà ci sono delle mucche, all’inizio, ma non si vedono molto bene. Ho deciso di concentrarmi sulla geografia, di utilizzare un terreno indefinito dove il paesaggio, a forza di guardarlo, diventa vivo, o diventa morto, da solo, a seconda di come lo guardi».

Il fatto di essere in uno spazio aperto al pubblico ha influito nella realizzazione dell’opera? «Sì, diverse scelte che ho fatto sono dovute al luogo in cui ci troviamo: lo stesso formato, con diversi filmati brevi uniti da un elemento forte come il finestrino di un treno, dipende dalla collocazione dello schermo e lo stesso vale per il tipo di immagini. E poi naturalmente quando parliamo di paesaggi si pensa al formato orizzontale, ma qui lo schermo è verticale e dovevo trovare una soluzione: assumere il punto di vista di un passeggero del treno che filma tenendo il telefono in verticale».