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È Giovanni Pintori, ma non chiamatela pubblicità

Dal 7 ottobre al 16 febbraio, il m.a.x. museo di Chiasso ospita il ‘genio della grafica’ (anche pittore) che ha reso il marchio Olivetti un unicum

Nel 1954, di fronte al manifesto della Lettera 22
(M. Zarbo, Milano)
3 ottobre 2024
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Nessuna azienda più di quella che creò il personal computer molto prima di Steve Jobs può rientrare nel tema della stagione 2024/25 del Centro Culturale Chiasso, ‘Il progresso’. Ma quella dell’Olivetti tutta italiana e del suo Programma 101, prodotto a Torino nel 1965, è una lunga storia, bella e a suo modo triste (si rimanda a ‘Quando Olivetti inventò il PC’, visibile sul Tubo). Il m.a.x. museo omaggia indirettamente anche l’azienda di Ivrea dedicando a Giovanni Pintori (1912-1999) – “il genio della grafica” o anche “uno dei trenta designer più influenti al mondo”, così la pensava nel 1984 la rivista giapponese ‘Idea’ sull’artista sardo – la mostra che porta il suo nome, affiancato da un perentorio ‘Pubblicità come arte’. Perché alla data del 15 novembre 1999, quella della sua morte, Pintori lasciava un archivio fondamentale per lo studio della grafica pubblicitaria legata all’industria, e insieme la sua esperienza (parziale, come vedremo) di pittore. L’Olivetti, nella sua epoca d’oro, si affida proprio al segno primario e inconfondibile di Pintori, pluripremiato e omaggiato dal MoMa di New York già nella mostra del 1952 ‘Olivetti: Design In Industry’. A fine anni Ottanta la famiglia Pintori ha donato una parte del proprio archivio al MAN_Museo d’Arte Provincia di Nuoro, da cui le mostre degli anni Novanta e quella del 2007. Tocca ora a Chiasso, dal 7 ottobre al 16 febbraio 2025, in collaborazione con il MAN e attingendo anche dall’inedita collezione privata del figlio Paolo Pintori, a Chiasso per la presentazione di questo tributo al padre.

‘I tre sardi’

Grazie a una borsa di studio del Consiglio di economia corporativa di Nuoro, il 18enne Giovanni Pintori, nato a Tresnuraghes (Oristano) ma tornato presto nella terra d’origine dei genitori, parte dall’isola insieme al 14enne Salvatore Fancello (1912-1999) per studiare all’Isia, Istituto Superiore per l’Industria Artistica di Monza. Più tardi, sempre dalla Sardegna, li raggiungerà Costantino Nivola (1911-1988). È nella sede del Bauhaus italiano, come viene definita l’Isia, che Adriano Olivetti scopre il talento di Pintori e lo vuole per sé, dal 1936, nell’Ufficio sviluppo e pubblicità dell’azienda fondata dal padre Camillo. Olivetti assume anche Fancello e Nivola, che l’istituto aveva soprannominato “i tre sardi’, entrati in contatto con artisti e professionisti del tempo (Marini, Nizzoli, Persico) per affrancare la propria terra d’origine dal colloso cliché agro-pastorale. “Si parla sempre e solo di Maria Lai, ma la Sardegna ha un eccezionale bacino di artisti, nel quale spicca Pintori”, dice a Chiasso Chiara Gatti direttrice del MAN, nell’incontro condotto da Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo e co-curatrice, con lei, dell’esposizione. Sempre Gatti: “Una mostra dal respiro internazionale, per un nome celebrato in Giappone e negli Stati Uniti ma allo stesso tempo, paradossalmente, poco noto al grande pubblico”. Inserito nel filone ‘Maestri del graphic design’, il ‘racconto grafico’ delle due curatrici consta di trecento pezzi tra schizzi, bozzetti, acquerelli, manifesti, brochure, collage, stamponi, fotografie e dipinti su tela.

A piano terra, titoli e attestati in cornice e una teca di ritratti fotografici; al primo piano, datato 1946, il manifesto Olivetti con il primordiale pallottoliere, poi la selva di numeri ideata per spingere la Divinasumma 14, calcolatrice elettromeccanica del 1949, e bozzetti e manifesti con le note frecce. Introdotta da un esemplare che ne sintetizza l’avvenenza (esemplare vero, dentro apposita teca), la Lettera 22, tra le più famose macchine da scrivere al mondo, si prende gran parte degli spazi successivi. La carriola di lettere di una prova di stampa ci ricorda che l’esemplare disegnato da Marcello Nizzoli (Compasso d’oro nel 1954, Miglior prodotto di design del secolo per l’Illinois Institute of Technology nel 1959) costava 42mila lire. Tra taccuini, cartoncini di studio e altro materiale vintage si arriva alla sala 4, che ospita un campione dell’immersione conclusiva, a tratti rinnegata, di Pintori nella pittura.


Archivio storico Olivetti
Lettera 22, 1958-1962 - Annuncio pubblicitario

Un rapporto unico

Strappiamo Paolo Pintori alle interviste televisive chiedendogli del ‘Moto perpetuo’ (opere) che ‘occupa’ la terza e quarta sala in diverse forme, materiali, colori. «Papà – ci dice – si era imbattuto in alcuni libretti nei quali si prendeva sul serio il tentativo di inventare un meccanismo che garantisse la produzione di energia perpetua. Evidentemente il tema gli è parso interessante per farne degli elementi colorati. Era un gioco, un pretesto che però lo affascinava. Da giovane aveva lavorato da un falegname, da un fabbro e i materiali, la meccanica, la passione per i motori delle barche è in questi disegni».

Dentro sale che hanno visto passare i grandi della grafica pubblicitaria, forse più di altre volte pare difficile dire se abbia fatto più la Ing. C. Olivetti & C. per il grafico (le commissioni di Merzario e Pirelli sfuggono all’occhio) o il grafico per l’azienda. Quel che è certo è che parlando del rapporto fra i due, artista e committente, Paolo Pintori si fa testimone di un’esclusività a suo dire unica: «Adriano Olivetti ha sempre dimostrato grande stima per mio padre, e anche se non era uomo che esternava, credo provasse anche un certo affetto nei suoi confronti. Oltre a sceglierlo, fece per lui quel che non aveva fatto per nessun altro: stabilire che papà dovesse avere uno studio completamente staccato dall’azienda e che non dovesse rispondere a nessuno del suo lavoro». Quanta ‘ingerenza’ è arrivata, se è arrivata, dal committente di fronte al risultato finale? «Non mi risulta che Adriano Olivetti abbia mai contestato il lavoro di mio padre, al contrario. Ricordo che diceva “Pintori lasciatelo stare”, e questa condizione, per chi lavora, è straordinaria». E nel 1955, quando Adriano scrive a Giovanni ringraziandolo, pare quasi stupito dell’incredibile successo internazionale dell’artista. Gli fa avere anche un premio: «In effetti, in quegli anni mio padre andava in Giappone, così come negli Stati Uniti, e in aeroporto lo attendevano decine di grafici pronti a fargli una festa incredibile, pur non avendo mai visto una sola macchina da scrivere Olivetti».


M. Zarbo, Milano
Giovanni Pintori, ‘Moto perpetuo’, 1960-70 - Modello in legno

‘Giapponeserie’

Il Pintori pittore, si diceva. “Si è parlato del suo carattere, purtroppo: prima della fine mi ha chiamato per chiedermi di fare a pezzi gran parte dei quadri dipinti negli ultimi anni. Per me è stato difficilissimo, mi ha tenuto d’occhio affinché li facessi scomparire”. Poco prima, durante la conferenza stampa, nell’augurarsi che il lavoro del padre “susciti l’interesse che merita, perché la grafica è una forma d’arte particolare, a volte difficile”, Piero Pintori aveva raccontato della mandata al macero di tutto quello che non fosse il catalogo di Giovanni, organizzato con il figlio. Ci congediamo da lui stringendogli la mano che ha fatto a pezzi quei quadri e guardandolo negli occhi, gli unici che di quella personalissima ‘auto cancel culture’ possono dire qualcosa: «È accaduto dopo il suo viaggio in Giappone. Credo che in lui vi fosse la convinzione che avrebbero fatto ombra sul lavoro che riteneva serio, quello scelto per il catalogo e che oggi può essere visto, pubblicizzato. Sono rimasti quelli che vede…». Insieme a tutto il ‘Moto perpetuo’ ci sono quattro ‘Senza titolo’, alcuni geometrici paesaggi nuoresi, grossi ‘Auguri’ a forma di fiori o di pesce e non molto altro. «Quelle che non ci sono più erano figure strane. Ricordo un generale con dei fiocchi addosso, ‘giapponeserie’ tradotte in un italiano/lombardo. Sempre colorate, non meno delle sue frecce».


M. Zarbo, Milano
Olivetti Tetractys, 1956 (manifesto)


MAN
Pallottoliere, per le macchine da calcolo (1946-1947)

La stagione 2024/25

Giovanni Pintori (eventi collaterali su www.centroculturalechiasso.ch) apre la stagione espositiva 2024/25 del m.a.x. museo, anticipata ieri nei suoi contenuti insieme ai co-curatori (con Ossanna Cavadini). A partire dalla mostra ‘Bicicletta e motocicletta tra grafica e design’, che si deve a Stefano Pivato e Giorgio Sarti (dal 2 marzo al 20 luglio). Relativamente allo Spazio Officina, Marco Franciolli ha introdotto ‘Mariapia Borgnini. L’eco dei richiami’ (dal 22 ottobre all’8 dicembre), mentre Renato Giovannoli ha fatto lo stesso per ‘Samuele Gabai. Un immaginario dipinto’ (dal 23 febbraio al 27 aprile). L’ultimo co-curatore, Roberto Borghi, ha illustrato ‘Angelo Tenchio (1943-1994) – Fra arte e grafica’, dal 25 maggio al 13 luglio.