In mostra a Firenze, alla Galleria Immaginaria. L’omonima ‘Collana’ sarà aperta proprio dall’artista nata a Mendrisio, con un volume a lei dedicato
Il gallerista Francesco Giannattasio e l’editore Ronzani di Vicenza non avrebbero potuto scegliere una persona più qualificata per la recente pubblicazione del volume ‘Anna Bianchi’, che inaugura il primo numero della ‘Collana Immaginaria’ dedicata alle donne artiste di almeno 40 anni, sia emergenti che storiche, che in futuro, a partire da questa prima uscita, avranno un volume a loro dedicato ogni qualvolta esporranno nella Galleria Immaginaria Snc di Giannattasio Francesco & C. a Firenze, uno fra i pochi spazi ancora dinamicamente aperti all’arte contemporanea, in continuo contatto con le maggiori fiere italiane ed europee e con i nuovi collezionisti del Nord Europa. Qui, in passato, hanno tra l’altro esposto nomi come Carla Accardi o Giosetta Fioroni.
Non inganni, in Anna Bianchi, nata a Mendrisio, l’aspetto apparentemente tranquillo. Il volume testimonia dei suoi continui viaggi e lunghi soggiorni, come spinta da un’inquietudine molto ben mirata. È l’Anna Bianchi che, racconta Zeno Birolli, giovanissima, nel 1975, sale sul sagrato della chiesa di Obino, in alto, “molto in alto” perché vuole ritrarre l’ampio paesaggio sottostante. La ricerca e la necessità di spostarsi verso luoghi “altri”, come vedremo, è un aspetto imprescindibile per una vera comprensione della sua opera: Anna Bianchi assorbe e si nutre dei luoghi dove ha abitato, sembra identificarsi in essi, rubarne l’anima per ridonarcela. Consigliamo questo volume per l’imperdibile presentazione di Emanuela Burgazzoli, assolutamente da leggere, e per la documentazione fotografica che testimonia la quarantennale dedizione al lavoro di questa artista.
www.galleriaimmaginaria.com
Anna Bianchi, Architettura 2022, olio su carta, 50x65
Parecchi hanno scritto della sua opera, ad esempio Giovanni Orelli, Alberto Nessi, Dalmazio Ambrosioni. Alberto Zanchetta la definisce, ad esempio, una “migrante della luce”, scrivendo “dell’intensità tremula e ondivaga dello sguardo interiore”. Il volume parte dalle opere realizzate in Ticino nel 2022-23 (in mostra a Firenze sino al 9 ottobre) e ripercorre a ritroso i vari periodi stilistici sino alla School of Visual Art a New York, frequentata nel 1982. Sono opere eseguite ovunque, dove, forse per inconscia necessità, la spinge il suo spirito nomade: a Milano, Roma, Vienna, Parigi, Einsiedeln, Liguria e Toscana, Pietrasanta e Amelia. Scorrendo le fotografie, appare la modificazione continua dei suoi linguaggi, all’urgenza espressiva di un’invenzione formale che non sembra conoscere dubbi o esaurirsi; è unito il naturale possesso di una misura che si direbbe preesistente. Il luogo geografico la cattura, da esso si lascia trasformare e a noi lo ridona, visioni – scrive Franco Zabagli – che giungono trasfigurate da un luogo lontano, nello spazio e nel tempo, la pittura ne fissa una traccia “perché si abbia testimonianza di questi labili incantesimi dell’immagine prima che si dissolvano”. Il suo tentativo, scrive Simona Ostinelli, “è quello di superare lo scontro con la vita, di affrontare la precarietà con la bellezza, la ricerca di essenzialità sembra il carattere precipuo della sua arte, così luminosa, così diretta, così necessaria per vivere nel tempo presente”.
Nella serie di smalti dai colori accesi degli anni 80/86 dipinti in vari luoghi della Liguria, la gioiosa dirompente energia e la maturità tecnica raggiunta possiedono le superfici con intrecci festosi che parlano di felicità, ma tutto questo nel corso del tempo si trasforma: nel periodo che l’artista trascorre a Einsiedeln, su invito della Kulturgesellschaft des Kantons Schwyz, il gesto muta, diversa è la struttura dello spazio e l’atmosfera che percepiamo, il cielo e la luce sono scuri, la neve ci fa indietreggiare, e Maria Will ha qui ben colto “l’asprezza nordica della forma” ma soprattutto le ragioni spirituali. Anna ama Lorenzo Lotto ma anche intrattiene un dialogo con le figure delle mistiche medioevali; Manlio Cancogni, nel 2010, la definisce “figlia del Nord”, la poesia, dice, “è la vera essenza di questa singolare artista”, dall’immersione in una amata e fertile solitudine nascono opere come ‘Die Schwarze Figur (ex voto)’ o ‘In Wald’.
Dopo la sacralità nordica, Anna Bianchi desidera e si sente attratta da Palermo: da questo incontro nascono le opere di ‘Rosso Sacro’, in mostra a Firenze. Come ogni volta, il luogo che visita la segna e le opere lo raccontano, Palermo significa la potente passionalità mediterranea, l’incrocio infinito tra Oriente e Occidente, tra arabi e latini: ‘Donna del deserto’, ‘Recinto sacro’, ‘Visione’, ‘Migrazione’, ‘Architettura’ sono i titoli di questo nuovo, spiazzante ciclo. Se rossa e monocroma è la superficie totale di ogni opera che richiede un silenzioso ascolto, all’interno, nella fluidità del tessuto pittorico, nascono inedite vibrazioni, la sapienza pittorica accumulata le permette di far affiorare in questo spazio di astrazione misteriose forme che, timidamente, chiedono attenzione nella tensione totale dell’opera. Vi è un fuoco che arde, ovviamente, ma si aprono nuove domande: forse l’artista vuole dire come in un mondo che si fa sempre più dispersivo e incomprensibile, anche un solo colore potrebbe aiutarci, produrre unione. Il rosso è il colore che ha la lunghezza d’onda più forte, è il colore della lotta, dei rituali sacri e della vita.
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Anna Bianchi, Migrazione 2021, olio su carta, 29x39