È una frase di Giuliano Collina, del quale lo Spazio Officina di Chiasso ospita l’opera grafica Carmina Burana, da domenica al 3 dicembre
A conferenza iniziata squilla un telefonino e ne esce una musica ritmata. “È una nuova versione dei Carmina Burana”, dice qualcuno in sala, strappando un sorriso. Anzi due. La ‘vecchia’ versione, la cantata scenica composta da Carl Orff tra il 1935 e il 1936 – in una gustosa coincidenza temporale con la struttura che ne ospiterà l’esecuzione, progettata dall’architetto Americo Marazzi e inaugurata nel 1935 – la si ascolterà sabato 7 ottobre in apertura di stagione del Cinema Teatro Chiasso. Ma sulla musica torneremo più in là.
Da domenica primo ottobre al 3 dicembre di quest’anno, lo Spazio Officina di Chiasso ospita altri Carmina Burana, quelli dell’opera grafica di Giuliano Collina, nella mostra curata dal critico d’arte Roberto Borghi insieme a Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo e dello Spazio Officina. Definito al tempo stesso “pittore epico” e “un lirico e intellettuale”, ma anche “un narratore che ha bisogno di continuare a raccontare” (dall’analisi di Ossanna Cavadini, sul catalogo della mostra che, oltre alle note dei curatori, ospita un’analisi del musicologo e critico musicale Luca Cerchiari), Collina inaugura la stagione espositiva denominata ‘Futuro’. Lo fa con la cristallizzazione delle suggestioni prodotte in lui dalla lettura della parte poetica dei Carmina Burana, i 24 poemi ritrovati nella raccolta medievale omonima. È un processo iniziato nel 2003 e conclusosi un anno fa, quello di Collina, e consta di una cartella di dieci incisioni a grande formato ad acquaforte e acquatinta, ma anche di venti matrici dalle quali è giunta l’intera opera grafica, eseguita nella stamperia d’arte di Paolo Aquilini. A completare il tutto, i 45 stati preparatori che hanno portato fino al ‘bon à tirer’.
Noti per il cupo e minaccioso incedere dell’incipit nella forma musicale data loro da Carl Orff, prima che opera musicale i Carmina Burana sono un corpus di testi poetici dell’XI e XII secolo, arrivati sino a noi tramite manoscritto contenuto in un codice miniato, detto anche Codex Buranus, risalente al secolo successivo e ritrovato in un convento della Baviera. La parte musicale è costituita da neumi (segno della notazione utilizzato per tutto il Medioevo) senza pentagramma, dalla melodia riconducibile al canto gregoriano ma senza specifiche armoniche e ritmiche, elemento che apre a più interpretazioni, mai vicine all’unicità. I Carmina Burana letterari sono un insieme di “poemi medievali scritti in latino tardo, duro, contaminato con il tedesco, contenenti le storie di vita dei chierici del Medioevo germanico, la classe intellettuale dell’epoca, una vita durissima che non lasciava adito a speranze se non di tipo metafisico”, racconta Roberto Borghi, che della versione di Collina racconta la scintilla, il primo libro di una raccolta filologica che non sarebbe andata oltre, ritrovato con una certa casualità in una libreria.
Carlo Pedroli
Fortune rota volvitur, 2003, acquaforte e acquatinta incisa su lastra di rame
“In più occasioni – spiega il co-curatore – le opere di Collina nascono da cicli di letture”, per un uomo la cui vita creativa è spesso in condivisione con una vita di lettura: “L’ho chiamato in più occasioni ‘lettore-pittore’, nel solco di un’antica tradizione”. Collina “ha spesso dialogato con la letteratura, ma mai in modo così frontale come in questa mostra”. E se l’artista inaugura la stagione del ‘Futuro’ è perché “la mostra a lui dedicata permette di capire qual è da un lato l’origine di un’opera d’arte e, dall’altro, come un’opera che ha avuto un’origine profonda, energeticamente feconda, generi un futuro”. Quanto si vede allo Spazio Officina – non solo il risultato finale, ma anche tutte le fasi che hanno portato a essa – è per Borghi “ciò che si è proiettato nel futuro, ovvero i disegni che Giuliano ha realizzato quasi vent’anni dopo. Da questo punto di vista, è una mostra quasi esemplare per capire il senso di un’idea di futuro feconda, calata in un passato altrettanto fecondo”.
Così chiude Borghi: “Ci sono artisti che lavorano seguendo una logica molto lineare, di sviluppo progressivo. Sono artisti dal lavoro programmatico, sviluppato come fosse un tema, meno interessanti di chi crea invece ‘ghirigori’, si ferma e torna indietro, a sviluppare cose non dette. Collina, come dimostrano queste opere del 2003 e del 2022, appartiene a questa categoria.
Del Collina “caposaldo della cultura insubrica e nazionale italiana”, Ossanna Cavadini evidenza il gesto della donazione della cartella grafica Carmina Burana alla collezione del m.a.x. museo, e con essa le matrici. “Questa è una chicca – dice la direttrice – che consente di condividere in futuro la grande valenza culturale con giovani studiosi, ricercatori e col mondo dell’arte tutto”. Collina ha conservato tutti gli stati preparatori dell’opera, “frutto di un pensiero molto articolato”, e ha fatto dono anche di questi ultimi. “Sono in Svizzera e vengo dall’Italia, però preghiamo lo stesso dio, la nostra cucina è legata al territorio e parliamo la stessa lingua. Non capita spesso, nel mondo, l’occasione per dire di essere una cosa sola in mezzo a tante altre cose”, ovvero che “il Comasco e il Canton Ticino sono della stessa identità culturale”. Lo dice un Collina,“orgoglioso di essere qui, perché è come stare a casa propria”.
Carlo Pedroli
Amara tanta tyri, 2004, acquaforte e acquatinta incisa su lastra di rame
Dicevamo del ‘Futuro’, tema della stagione 2023-2024. “Per immaginare un futuro all’insegna dello sviluppo sostenibile, dell’innovazione e della creatività al servizio di persone e società – scrive Ossanna Cavadini – crediamo sia fondamentale il contributo che possono offrire le istituzioni culturali”, foriere di “energie, legami, competenze e valore”. Limitatamente alla stagione espositiva, l’apporto arriverà da mostre quali ‘Gianni Realini fra arte e grafica’ (dal 2 marzo) o ‘Giuliano Vagni: 100 disegni’ (dal 25 maggio), allo Spazio Officina. Ma pure quelle su Fortunato Depero e Gilbert Clavel (dal 23 ottobre) e Giovanni Pintori (dal 22 aprile), entrambe al m.a.x. museo.
Il ‘Futuro’ più prossimo è il 7 ottobre: alle 20.30, sul palco del Cinema Teatro, rivivrà la cantata scenica per Soli, Coro misto, Coro di voci bianche e Orchestra, con il soprano Erika Tanaka, il tenore Giacomo Leone, il baritono Guido Dazzini e l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano. Con Massimo Fiocchi Malaspina direttore del coro, Riccardo Bianchi, dirigerà “un brano pop o classico? Tutt’e due”, come scrive Cerchiari nel suo saggio sul lavoro di Orff.
Dettagli, orari della mostra, i molti eventi collaterali e tutto il ‘Futuro’ dell’arte a Chiasso, sul sito www.centroculturalechiasso.ch.