Dimissioni Ermani, il direttore del Dipartimento istituzioni sul futuro immediato e i prossimi passi. E punge: ‘Il termine caos è stato un po' abusato’
«Per prima cosa, davanti a una questione di salute, voglio esprimere la mia vicinanza personale a Mauro Ermani. Al di là di tutto, lo stress generato influisce sempre negativamente sullo stato di salute di una persona». È questo il primo pensiero che il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi, raggiunto da ‘laRegione’ per un commento sulla notizia delle dimissioni del giudice e presidente del Tribunale penale cantonale Ermani arrivata stamattina, dedica alla vicenda.
E, interpellato sui prossimi passi, sottolinea come «essendo dimissioni immediate sarà competenza del Gran Consiglio avviare subito la procedura di nomina del nuovo giudice». Diverso è il discorso delle altre due “vacanze”, quelle di Francesca Verda Chiocchetti e Siro Quadri destituiti dal Consiglio della magistratura pochi giorni prima di Natale.
«Siamo in attesa sia della decisione sui ricorsi per l'effetto sospensivo riguardo le posizioni di Quadri e Verda Chiocchetti, sia, da parte del Tribunale d'appello, del nome della persona che possa supplire a queste due vacanze. Il tutto deve essere fatto in maniera coordinata, ritenuto però – insiste Gobbi – che in questo periodo il Tpc ha funzionato grazie al buon impegno di tutti e, mi sento di dire, anche grazie all'organizzazione messa in atto da Ermani».
Passando a quanto si potrebbe prospettare per le misure organizzative, il direttore del Di inizialmente si concentra sui giudici ordinari rimasti in carica – Marco Villa e Amos Pagnamenta –, che «prima di tutto dovranno occuparsi dei detenuti. Chi è in detenzione preventiva o anticipo di espiazione ha priorità elevata rispetto a chi è a piede libero e in attesa di giudizio».
Non solo, però. Perché Gobbi, guardando al futuro immediato, riferisce anche che «il Tribunale d'appello può valutare altri tipi di misure organizzative, aumentando magari l'impegno dei giudici supplenti ma rafforzando il loro apporto all'interno delle corti. Di solito è quello di giudice a latere, ma si sta immaginando di incaricarli anche di svolgere il ruolo di giudice relatore».
Insomma, questa vicenda continua ad avere colpi di scena e a protrarsi. Ma su un punto Gobbi è fermo: «C‘è bisogno di serenità, e nessuno lo discute, ma mi permetto di dire che il termine ‘caos’ è stato un po’ abusato, perché il tribunale, ripeto, ha funzionato bene grazie al buon senso e allo spirito del dovere di ognuno». Quel che non funzionava tra i cinque giudici «erano i rapporti interpersonali, e bisognerà lavorare su questo aspetto. Quando si entra in un'organizzazione il proprio ego deve passare in secondo piano rispetto al ruolo e alla funzione istituzionale che si ricopre. Le istituzioni vengono prima di qualsiasi questione interpersonale, oggi più che mai».