Nuove riflessioni per capire presente e futuro delle relazioni transfrontaliere svizzere, in particolare a cavallo fra Ticino e Nord Italia. È quanto fornisce l’appena pubblicato e-paper intitolato “Ripensare la governanza transfrontaliera svizzera. Scenari e proposte” pubblicato dal professor Remigio Ratti, economista da molti anni studioso degli effetti-frontiera. “Recenti rapporti del Politecnico di Milano e dell’Istituto Bak di Basilea – si legge in una nota del gruppo di studio e informazione Coscienza Svizzera – sottolineano i problemi di sviluppo e di disparità socioeconomica nelle regioni di frontiera, in un contesto in cui emergono i limiti nella capacità di affrontare le nuove sfide geopolitiche, della globalizzazione, del mondo digitale e dei cambiamenti climatici. Di conseguenza vengono a galla anche le insufficienze della collaborazione transfrontaliera sin qui conosciuta, in particolare nell’area insubrica”. Non solo. “In un recente volume curato da Oscar Mazzoleni e Andrea Pilotti dell’Università di Losanna per l’editore Armando Dadò – prosegue la nota – si evidenzia come nella legislazione federale manchi ancora un pieno riconoscimento delle peculiarità dei cantoni di frontiera svizzeri”.
Ed è da questi assunti che prende spunto la pubblicazione di Ratti, che “contestualizza le complessità delle relazioni transfrontaliere nel contesto della globalizzazione e di dinamiche socio-economiche in evoluzione”. L’economista sottolinea inoltre la necessità di una nuova comprensione dei rischi e delle opportunità dei cantoni di frontiera, sostenendo che “la tradizionale visione di una frontiera quale semplice separazione incentrata sulla linea dei confini istituzionali non è più adeguata, in un mondo caratterizzato dalla globalizzazione economica, dall’integrazione europea e dalla trasformazione digitale”. In tal senso, per non subire ma trarre vantaggio da questo contesto, la condizione è che si sviluppi una governance fondata su una migliore integrazione dell’azione delle istituzioni pubbliche a tutti i livelli. Guardando al caso ticinese, sebbene le iniziative locali di collaborazione transfrontaliera siano essenziali, “senza un sostegno più articolato delle istituzioni cantonali e nazionali – viene evidenziato – gli effetti negativi della frontiera rischiano di protrarsi, in particolare, ma non solo, nell’ambito del mercato del lavoro e della mobilità”.
Tant’è, stando alla pubblicazione, che “occorrono azioni a livello federale e cantonale per migliorare la cooperazione transfrontaliera”. Si parla per esempio dello sviluppo di un quadro legislativo che riconosca le caratteristiche uniche e peculiari dei cantoni di frontiera, che affrontano problemi a loro specifici. Un migliore riconoscimento istituzionale, rileva l’e-paper, “comporterebbe anche una maggiore considerazione dei costi derivanti dalla posizione di frontiera nell’ambito della perequazione finanziaria”.