Per il 2022 il Cantone ha ricevuto più di quanto speso, ma sul futuro la copertura totale dei costi non è assicurata. Cambiata la tipologia di rifugiati
I costi sostenuti dal Ticino per l’accoglienza dei rifugiati ucraini sono stati coperti dalla Confederazione. Anzi, nel 2022 il nostro cantone ha registrato una maggiore entrata di tre milioni di franchi. Così però potrebbe non essere in futuro, specialmente se la Confederazione dovesse attuare le prospettate misure di risparmio.
È quanto afferma il Consiglio di Stato nel rapporto che tiene aggiornato il Gran Consiglio sulla gestione dell’emergenza legata all’accoglienza dei profughi ucraini. “Nel complesso – scrive il governo – le maggiori entrate registrate nel 2022, dopo la conferma provvisoria dei contributi federali, ammontano a oltre 3 milioni di franchi in favore del Cantone”. Una cifra che dovrebbe permettere anche di compensare il maggior costo del 2023 – quantificato in 900mila franchi – anche se le indicazioni sul conguaglio del 2023 dovrebbero arrivare non prima di febbraio. E per il 2024? Il Consiglio di Stato ha stanziato quasi 49 milioni di franchi, una somma che “ha permesso di dare un minimo di stabilità nell’organizzazione” e che si conta di poter recuperare dai relativi ricavi, chiudendo “in sostanziale pareggio”. Insomma, dall’inizio del conflitto a oggi il Ticino ha ricevuto da Berna quanto speso per l’accoglienza dei profughi che beneficiano dello Statuto S, ma la situazione finanziaria della Confederazione solleva qualche preoccupazione. Per questo motivo, scrive sempre l’Esecutivo nel suo rapporto “i servizi monitoreranno puntualmente l’evoluzione dei costi settoriali per rapporto ai contributi erogati dalla Confederazione, con particolare attenzione alle prospettate misure di risparmio che saranno attuate dalla Confederazione. La somma fra l’attuazione di queste misure di risparmio e l’aumento dei costi, generato principalmente dal numero sempre minore di profughi ospitati da privati e il proporzionale aumento dei costi dell’alloggio, potrebbe in futuro non assicurare il completo grado di copertura dei costi registrato nel 2022”.
Nel documento vengono anche riportate le cifre relative al numero di arrivi. “Sul fronte del flusso dei profughi ucraini in Svizzera, le attribuzioni al Ticino mostrano un rallentamento nei mesi estivi. Questo indica una leggera inversione di tendenza rispetto ai due anni precedenti”. Dal 1° gennaio al 31 ottobre dello scorso anno sono state 557 le persone affidate al nostro cantone; un calo dell’8,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In totale, dall’inizio dell’invasione russa, sono state 4’540.
“A partire da agosto del 2023 – aggiunge il Consiglio di Stato – la tipologia di profughi attribuita al Ticino è progressivamente cambiata. All’arrivo prevalentemente di famiglie monoparentali o di persone sole si sono aggiunti gruppi organizzati di famiglie molto numerose i cui membri parlano quasi unicamente ungherese e presentano un tasso quasi assoluto di analfabetismo, sia tra i ragazzi che tra gli adulti”. Attraverso uno scambio di informazioni con altri cantoni si è stabilito che si tratta di persone appartenenti alla comunità rom proveniente dai Carpazi sul confine con l’Ungheria. Questa nuova tipologia di persone ha generato difficoltà nell’accoglienza e nella presa a carico. In particolare per quanto riguarda: la scolarizzazione, con un elevato analfabetismo e assenteismo; la comunicazione, visto che queste persone si esprimono unicamente in ungherese; difficoltà nel reperire alloggi confacenti per famiglie così numerose, e nel versare le prestazioni assistenziali visto che molti non dispongono di un conto corrente.
A livello nazionale si è riscontrato che il numero di persone in possesso dello statuto S che lascia la Svizzera è uguale al livello del numero di coloro che depositano una nuova richiesta. A fine ottobre dello scorso anno poco più di 66’500 persone avevano uno statuto di protezione S attivo. Il Consiglio di Stato segnala poi un rallentamento nelle procedure di decisione. Inizialmente, le persone fuggite dalla guerra in Ucraina che volevano depositare una domanda di protezione in Svizzera dovevano annunciarsi presso uno dei Centri federali d’asilo e in seguito venivano attribuiti a un cantone dalla Sem, la Segreteria di Stato per la migrazione. Il rallentamento dei flussi ha però portato la Sem a centralizzare la gestione delle persone con statuto S a Berna, sgravando così i Centri federali sparsi in Svizzera. “Questa soluzione – rimarca il governo ticinese – ha causato dei forti rallentamenti nell’evasione delle decisioni, portando i Cantoni ad avere un minore controllo sui dati cantonali e federali, sulle pratiche individuali e di conseguenza anche sul controllo del corretto versamento dei sussidi federali”. Non è invece cambiato l’assetto organizzativo. Le attività legate alla gestione dell’emergenza ucraina sono rimaste suddivise tra l’ufficio dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati, la sezione del militare e della popolazione, la sezione della popolazione e il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport.