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Scuole chiuse, ‘il diritto all’educazione non va in vacanza’

Presidio di docenti a Bellinzona in protesta contro il carovita ‘spezzato’ in due e il Natale ‘allungato’. Consegnata una lettera aperta con 1’458 firme

Nonostante il vento
(Ti-Press)
20 dicembre 2024
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Sono alcune centinaia i docenti che si sono riuniti oggi pomeriggio davanti al governo a Bellinzona. Un presidio volto a manifestare il proprio dissenso rispetto alla scelta del Consiglio di Stato di chiudere le scuole per due giorni supplementari – oggi appunto e il prossimo 7 gennaio – quale compensazione per il mancato riconoscimento del rincaro ai dipendenti pubblici, e quindi anche agli insegnanti. Dissenso riassunto in una lettera aperta indirizzata ai consiglieri di stato e ai deputati ticinesi, firmata da 1’458 docenti e consegnata nel pomeriggio alla Cancelleria dello Stato.

Una lettera dai toni duri, realizzata dal Movimento della scuola, in cui si rimprovera con forza: “Cancellare per decreto due giornate di scuola è un’opzione eticamente e istituzionalmente preoccupante! La responsabilità educativa affidata agli insegnanti e alla scuola non può venir meno per ragioni contabili”. Non solo. “L’idea di chiudere la scuola stabilisce un insano rapporto fra ragioni di risparmio e mancato impegno dello Stato nell’offerta di formazione”. Quasi 1’500, come detto, le firme. «Tenendo conto che in Ticino ci sono circa 8mila docenti – rileva l’insegnante e copresidente del Movimento della scuola Alessandro Frigeri –, vuol dire che quasi un insegnante su cinque ha firmato la lettera. Le firme sono arrivate – tiene a precisare – da ogni ordine di scuola».

Le ragioni

Sono essenzialmente tre le ragioni della giornata. In primis, illustra Frigeri, «denunciare la scelta di non riconoscere ai dipendenti dello Stato la compensazione integrale del carovita, riducendo per questa via il loro salario reale». In secondo luogo, prosegue, «lanciare un segnale d’allarme, all’attenzione del governo e dell’opinione pubblica, concernente le crescenti difficoltà incontrate da chi lavora nelle scuole e la costante perdita di attrattività della professione di insegnante». E sottolinea: «Come docenti ci vediamo caricati di incombenze sempre più importanti, ma l’impressione è che il riconoscimento sia sempre meno». Infine, «segnalare l’importanza per la tenuta della società tutta del servizio pubblico, di quello scolastico in particolare, vilipeso dalla scelta di chiudere le scuole per motivi di risparmio e, più in generale, dei continui tagli che ne riducono inclusività ed efficacia». Per Frigeri, «chiudere la scuola per due giorni per motivi di contabilità è una scelta eccessivamente leggera. È ovvio che due giorni in meno non incidono granché, ma è il messaggio che si trasmette a essere importante: si fa passare l’idea che il servizio pubblico sia un servizio commerciale che, come fosse un negozio, si può aprire o chiudere a dipendenza di ragionamenti di contabilità».

Attività in molte sedi del cantone

In parallelo al presidio di Bellinzona, nell’arco di tutta la giornata si sono tra l’altro svolte varie attività in molte sedi del cantone. «Nel settore medio-superiore – dice Frigeri – gran parte delle sedi ha deciso di rimanere aperta, proponendo agli studenti che volevano partecipare di aderire a delle attività particolari». Negli altri ordini di scuola, in special modo nelle scuole medie, «si è andati nella direzione di proporre attività dedicate agli insegnanti».

Un altro aspetto su cui si sofferma il copresidente del Movimento della scuola sono le risorse consacrate all’educazione: «Siamo un cantone in cui fatica a considerare prioritaria la spesa in questo settore. Il Decs (il Dipartimento educazione, cultura e sport, ndr) ha recentemente presentato il documento ‘Scuola ticinese in cifre’ da cui emerge che il Ticino è nelle ultime posizioni nel raffronto intercantonale nella quota di spesa pubblica investita nell’educazione».

Diversi interventi in piazza

Sono stati diversi i docenti che hanno preso la parola in Piazza Governo prima della consegna della lettera aperta con le relative firme. «La scuola media – afferma Stefania, docente alle medie di Agno – sta a cuore a tutti, non solo ai docenti». E spiega: «Ci tengono gli allievi che vi trascorrono oltre otto ore al giorno, le loro famiglie, e ci tiene tutta la società. Risolve i problemi, prepara e orienta gli allievi a entrare nel mondo del lavoro, si fa carico di educare i ragazzi in un momento difficile della loro crescita, fornisce le basi per poi proseguire con una formazione, educa all’affettività e alla sessualità, prepara i cittadini alla loro vita futura». Ma c’è un ma: «Dalla scuola media ci si aspetta che metta in atto delle strategie pedagogiche, così che tutti i ragazzi possano avere accesso in modo equo all’educazione. In questo contesto si propongono tuttavia dei tagli in un settore che invece ha bisogno di essere rafforzato. Indebolire la scuola media, vuol dire indebolire tutta la società».

Enrico Quaresmini, portavoce di ErreDiPi, fa partire il suo intervento da una serie di cifre. «Appenzello Interno: 1,5%. Esterno: 3,73%. Argovia: 3,6%. Basilea Campagna: 2,45%. Città: 4,34%. Berna: 3,02%. Ticino: 0,5%». Si tratta del rincaro riconosciuto al personale statale negli ultimi due anni. «In Ticino – evidenzia Quaresmini – abbiamo il tasso più basso. Il cantone che ha gli stipendi più bassi, ora si prende il lusso di diminuirli ulteriormente. È scandaloso». E già, perché chiosa il portavoce della rete, «non riconoscere il carovita implica una perdita del potere d’acquisto e di fatto un abbassamento dei salari». Secondo Quaresmini, «in Ticino c’è un’ossessione per il debito. A forza di drammatizzare una situazione che drammatica non è, si taglia dove non c’è bisogno». Di più. «L’abitudine alla concertazione da parte delle forze politiche e sindacali porta ad accontentarsi». «Piuttosto che accettare un accordo al ribasso», l’auspicio di Quaresmini è dunque quello di «cercare di protestare facendo sentire le proprie ragioni».

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