In commissione non passa la proposta socialista di adeguare gli Afi agli Api: ‘Non vi è obbligo di rimborso per il beneficiario all'epoca minorenne’
Non se ne parla. La maggioranza della commissione ‘Sanità e sicurezza sociale’ chiude la porta all'iniziativa parlamentare del Partito socialista che chiedeva di modificare la Legge sugli assegni di famiglia e se del caso anche la Laps in modo da "eliminare la necessità di ricorrere all'aiuto sociale, cioè l'assistenza, per le famiglie con minorenni a carico". Tradotto: assegni più pesanti, per evitare conseguenze peggiori.
E no, per il momento appunto non se ne parla. Queste, almeno, sono le conclusioni del rapporto commissionale stilato dal liberale radicale Patrick Rusconi e dal leghista Alessandro Mazzoleni e firmato oggi. Un rapporto dove si legge come sia addirittura "assodato" che la maggioranza della ‘Sanità e sicurezza sociale’ "non intravede sufficienti motivi per poter intervenire sul sistema sociale adottato dal Cantone Ticino con la creazione degli aiuti sociali in applicazione del sistema a cascata così come previsto nella Laps e per questo non ritiene possibile e giustificato parificare l'Assegno famigliare integrativo (Afi) all'Assegno di prima infanzia (Api)". Già, perché era questa la richiesta dell'iniziativa del già deputato Raoul Ghisletta ripresa dal capogruppo socialista Ivo Durisch. Richiesta messa nero su bianco nell'audizione del 20 giugno 2023 dello stesso Durisch.
Audizione nella quale, si legge nel rapporto di Rusconi e Mazzoleni, “l'iniziativista afferma che la proposta sia nata dalla constatazione, in base ai rapporti dell'Ussi sull'assistenza, che vi sono ancora molte famiglie con minorenni in assistenza". E che quindi "vi sarebbe il rischio che i figli delle famiglie al beneficio di prestazioni assistenziali si ritrovino anche portatrici di debiti che sono stati accumulati dai genitori". Nel 2022, il Consiglio di Stato rispondendo a un'altra interrogazione, illustrò i dati risalenti al 2020: 1'300 famiglie, la metà monoparentali, e il 3,5% dei minorenni.
Ma è davvero così? C'è il rischio di un debito che si accumula? Parrebbe di no. "Siccome la commissione ha voluto condividere le preoccupazioni dell'iniziativista – scrivono Rusconi e Mazzoleni –, dopo aver eseguito gli accertamenti del caso quest'ultima ha potuto appurare che non vi è obbligo di rimborso per il beneficiario di prestazioni assistenziali da lui ottenute prima dell'età di 18 anni compiuti". In questo modo, "i figli delle famiglie al beneficio di prestazioni assistenziali risultano conseguentemente già sufficientemente tutelati dal pericolo di doversi accollare i debiti contratti dai genitori".
Pertanto, la maggioranza dice no alla richiesta socialista. Anche perché "i possibili maggiori costi a carico dello Stato e dei contribuenti sarebbero 15 milioni di franchi nella migliore delle ipotesi e che (...) ogni proposta di maggior spesa dovrebbe in qualche modo anche essere compensata da altri provvedimenti".
Quindici milioni l’impatto stimato dal governo… “Siamo coscienti che si tratta di una cifra notevole rispetto all’attuale contesto finanziario cantonale, ma riteniamo che le scelte di politica finanziaria dell’esecutivo e del legislativo cantonali non debbano ricadere sulle persone meno abbienti”, ribatte il rapporto di minoranza redatto dal socialista Danilo Forini. Ps, Verdi e Tamara Merlo (Più donne) invitano quindi il plenum del Gran Consiglio ad accogliere l’iniziativa di Ghisletta ripresa da Durisch. O meglio, ad approvarla “parzialmente”, aderendo alla proposta contenuta nel rapporto di Forini. Ovvero: rinunciare all’attuale distinzione tra Api e Afi e prolungare il diritto a un’unica prestazione complementare familiare sul modello degli Api “per tutte le famiglie con figli fino ai 15 anni (età limite oggi per gli Afi)”. Limitatamente, dunque, alle famiglie con figli a carico minori di 15 anni.
«La povertà è un fenomeno purtroppo sempre più diffuso anche in Svizzera – evidenzia Forini, da noi raggiunto –. I bambini che crescono in una famiglia con importanti problemi finanziari hanno meno possibilità ad esempio di mangiare sano, di praticare dello sport, di accedere a una formazione superiore. Nel Canton Friburgo lo hanno capito, adottando la nuova Legge sulle prestazioni complementari per le famiglie, alla quale si ispira la nostra proposta». Legge che, come si ricorda nel rapporto di minoranza, è stata accolta di recente, il 22 settembre, dalla popolazione “con un chiaro 69,62%”. E che introduce “un diritto”, alle previste prestazioni, “per tutte le famiglie con bambini minori di 12 anni dimoranti sul territorio cantonale da almeno un anno”. La nuova normativa “è stata proposta e sostenuta attivamente dal Consiglio di Stato e approvata dal Gran Consiglio friburghesi con 90 voti favorevoli, 10 contrari e due astensioni: non solo la sinistra, ma l'integrità dei rappresentanti del Centro e buona parte dei rappresentanti del Plr e dell’Udc hanno sostenuto in parlamento la nuova legge”.
In Ticino, riprende Forini, «sarebbe fantapolitica. Da noi, mi domando dove sia la sensibilità sociale del centrodestra. È che siamo vittime del Decreto Morisoli e delle riforme fiscali a suon di sgravi: viviamo così in un cantone che non riesce più a fare politica sociale». Puntualizza il relatore di minoranza: «Finiamola poi con la favola del cantone più generoso della Svizzera: in Ticino spendiamo tanto perché abbiamo il tasso di povertà più alto del Paese, perché abbiamo i premi di cassa malati più elevati e i salari più bassi. Qui i partiti di centrodestra hanno voluto seguire le sirene liberal-conservatrici dell’Udc e allora continuano a dirci che “non ci sono più soldi”. Come ci ha detto anche il Consiglio di Stato quando, tornando all’iniziativa, avevamo suggerito un compromesso, peraltro al ribasso: rinunciare alla richiesta di ampliare il diritto a tutti i minorenni e limitare l'intervento aumentando unicamente il diritto agli assegni di piccola infanzia da 4 a 6 anni per le famiglie monoparentali. Niente da fare». Insomma, rincara Forini, «oggi in Ticino non c’è alcuna visione di politica sociale a lungo termine».