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Riciclaggio in odor di Camorra, il Tf proscioglie il gioielliere

Il Tribunale federale accoglie il ricorso presentato dall'uomo contro la sentenza della Corte d'appello del Tribunale penale federale

La sede del Tribunale federale a Losanna
(Ti-Press)
2 agosto 2024
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“La condanna per i titoli di riciclaggio di denaro, di carente diligenza in operazioni finanziarie e di attività senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione è contraria al diritto e dev’essere annullata”. Di riflesso “devono essere annullati anche la pena, il risarcimento equivalente e il sequestro del conto bancario a garanzia dello stesso”. Firmato: il Tribunale federale. I giudici di Mon Repos hanno accolto il ricorso del gioielliere residente in Ticino processato nel maggio 2021 a Bellinzona, al Tribunale penale federale. Processo innescato dalla sua opposizione al decreto d’accusa emanato nel 2020 dal Ministero pubblico della Confederazione (Mpc), che gli prospettava sei mesi di detenzione, posti al beneficio della condizionale (di tre anni il periodo di prova), e una multa di tremila franchi, oltre al pagamento delle spese procedurali. A monte una richiesta di assistenza giudiziaria e di costituzione di una squadra investigativa comune, per fare luce tra l’altro sul candeggio di soldi in odor di Camorra, avanzata alla Svizzera dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano: richiesta che aveva portato la Procura federale ad aprire nel 2015 un’indagine, con più persone coinvolte, tra le quali l’uomo ora scagionato dal Tf.

Il processo di primo grado e la conferma della seconda istanza

Impugnato dal gioielliere il decreto, il Ministero pubblico della Confederazione aveva stilato nei suoi confronti un atto d’accusa, rinviandolo a giudizio davanti al Tpf. La Corte penale di quest’ultimo aveva riconosciuto l’allora 39enne colpevole di riciclaggio in relazione a uno dei tre relativi capi d’accusa contestatigli dall’Mpc, di carente diligenza in operazioni finanziarie e diritto di comunicazione, nonché di attività senza autorizzazione, riconoscimento, abilitazione o registrazione per tre dei sei capi d’accusa relativi. Gli aveva quindi irrogato una pena pecuniaria di 160 aliquote giornaliere, sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni. L’imputato era stato condannato pure al pagamento, oltre che di una parte delle spese procedurali, di un risarcimento equivalente a favore della Confederazione di 27mila franchi, a parziale garanzia del quale era stato mantenuto il sequestro sulla relazione bancaria intestata a una società di cui era amministratore unico.

Sia il gioielliere che la Procura avevano fatto ricorso alla Corte d’appello del Tribunale penale federale. Ma entrambi senza successo. Con sentenza del 20 giugno 2022, i giudici di secondo grado respingevano difatti gli appelli, confermando integralmente la sentenza pronunciata dalla Corte penale del Tpf.

Le richieste ai giudici di Losanna

L’imputato non si è però dato per vinto. Attraverso i propri difensori, gli avvocati Luca Marcellini e Demetra Giovanettina, ha contestato il verdetto di secondo grado al Tf. Chiedendo, in via principale, al Tribunale federale il proscioglimento da ogni accusa, con conseguente annullamento della pena inflittagli e del risarcimento pronunciato a suo carico, il dissequestro della relazione bancaria intestata alla Sa, l’addossamento allo Stato delle spese procedurali e il pieno riconoscimento delle richieste di indennizzo per le spese legali sostenute in prima istanza e in appello. In via subordinata, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte di appello per nuovo giudizio.

Il Tf gli ha dato ragione: “La sentenza impugnata dev’essere annullata e la causa rinviata alla Corte di appello per nuova decisione ai sensi dei considerandi”. E a proposito di spese legali affrontate, Mon Repos ha stabilito che “la Confederazione (Ministero pubblico della Confederazione) verserà al ricorrente un’indennità di 3mila franchi a titolo di ripetibili della procedura innanzi al Tribunale federale”.