Ticino

Incidente Gobbi, per due agenti si prospetta l'accusa

Il pg ha concluso l'inchiesta. Per due graduati della Polizia cantonale si parla di favoreggiamento. Abbandono per l'ufficiale di picchetto quella sera

11 giugno 2024
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Inchiesta terminata. Il procuratore generale Andrea Pagani ha concluso le indagini sull’incidente, e sulla successiva procedura di constatazione dei fatti da parte della polizia, in cui è rimasto coinvolto il consigliere di Stato Norman Gobbi lo scorso 14 novembre poco dopo la mezzanotte sulla A2 in zona Stalvedro. Il pg ha quindi prospettato alle parti le decisioni. Ovvero: "L'emanazione di un decreto di abbandono nei confronti dell'ufficiale della Polizia cantonale che era di picchetto la sera dei fatti; l'emanazione di un atto d'accusa dinanzi alla Pretura penale (per l'ipotesi di reato di favoreggiamento) nei confronti del sottufficiale superiore di Gendarmeria di picchetto la sera dei fatti e del capogruppo in servizio quella notte". Per quest'ultimo, si legge ancora nel comunicato diramato poco fa dalla Procura, l'ipotesi di reato "viene prospettata in via principale nella forma della correità, subordinatamente in quella della complicità". Insomma, il troppo tempo (due ore e alcuni minuti) trascorso fra l'incidente e l'alcol test probatorio al quale è stato sottoposto il ministro, dopo che l'apparecchio per il test precursore era risultato ‘non calibrato’, avrebbe dovuto comportare il prelievo del sangue. Ciò che non è avvenuto.

Non proprio ‘una cazzata’...

Ergo: non proprio “una cazzata”, per citare un termine usato dal direttore del Dipartimento istituzioni nel commentare l'altro ieri, interpellato da Teleticino, un possibile nesso tra il no popolare all'acquisto dello stabile Efg e l'incidente in autostrada, con relative polemiche.

Per Gobbi nessun procedimento penale

E comunque, tornando al sinistro del 14 novembre 2023, nei confronti di Gobbi "non è pendente alcun procedimento penale", si precisa nella nota della Procura, confermando quanto si è riferito nelle scorse settimane.

Dieci giorni alle parti per la richiesta di eventuali complementi istruttori

Tramite i rispettivi legali (gli avvocati Maria Galliani e Roy Bay), gli agenti per i quali si prospetta l'accusa hanno ora dieci giorni, termine che scatta dall’intimazione della chiusura dell’inchiesta, per eventualmente sollecitare complementi istruttori. Stesso termine assegnato all'ufficiale della Cantonale (difeso dall'avvocato Elio Brunetti) per il quale il pg ha prospettato comunque un decreto d’abbandono. «Chiederemo solo le indennità per le spese legali sostenute», fa sapere Brunetti da noi interpellato. «Il mio cliente contesta ogni accusa mossa nei suoi confronti», sostiene Bay, contattato dalla ‘Regione’. Per le decisioni formali bisognerà dunque attendere. Perlomeno bisognerà aspettare la scadenza dei dieci giorni entro cui come detto potranno essere presentate dai difensori, se del caso, istanze di ulteriori approfondimenti d’indagine.

L’interpellanza di Dadò, la versione del ministro

Il procedimento penale viene avviato circa tre mesi fa, in seguito all’interpellanza con la quale il presidente del Centro Fiorenzo Dadò chiede al Consiglio di Stato lumi sul sinistro avvenuto in Leventina e sulle procedure seguite dalla polizia in quella circostanza, in particolare nel controllo alcolemico. È il 14 marzo quando ‘laRegione’ riferisce dell’atto parlamentare. L’articolo contiene anche la versione dei fatti data da Gobbi. “Anzitutto l’incidente non l’ho provocato io, ma è accaduto – spiega il direttore del Dipartimento istituzioni – perché un veicolo ha lasciato la corsia di emergenza immettendosi in quella di scorrimento senza accorgersi che stavo sopraggiungendo: l’impatto, pur con la prudenza dovuta, è stato inevitabile. Nonostante lo spavento non ci sono per fortuna state conseguenze gravi. Sono stato io a chiamare la polizia. All’alcol test precursore sono risultato lievemente superiore al limite, sono quindi stato sottoposto al test probatorio, quello definitivo, da cui è risultato che ero nella norma. Il tutto si è svolto – sia ben chiaro – nel rispetto della procedura”. Rileva Gobbi: “Sono venticinque anni che ricopro cariche pubbliche e alla luce anche di casi analoghi che hanno coinvolto in passato politici, tenere segrete certe cose, oltre a mancare di rispetto verso i cittadini e le cittadine, non serve a nulla, perché prima o poi, come abbiamo sempre visto, escono. Se mi avessero ritirato la patente, lo avrei subito comunicato pubblicamente scusandomi con i ticinesi. Ma non ci sto quando mi si mette in cattiva luce per cose non vere”.

Nel rispetto della procedura? A quanto pare non proprio, stando alle decisioni che il procuratore generale ha prospettato a carico dei due graduati della Polcantonale intervenuti quella sera sul luogo del sinistro.

L’autosospensione

La Procura vuole comunque vederci chiaro – fra gli aspetti da acclarare, il tempo intercorso fra il test precursore e quello probatorio – e così qualche giorno dopo la pubblicazione del servizio giornalistico, il Ministero pubblico apre un’inchiesta. L’avvio delle indagini viene reso noto dal pg il 26 marzo. “Gli accertamenti hanno preso avvio a metà marzo a seguito di notizia di possibile reato – scrive il magistrato –. L’istruttoria è finalizzata a ricostruire l'accaduto e ad accertare se sussistano eventuali fattispecie penali nel contesto dell'incidente e della successiva procedura di constatazione dei fatti. Le ipotesi di reato, al momento nei confronti di un agente della Polizia cantonale e contro ignoti, sono di abuso di autorità e favoreggiamento”.

Una comunicazione che sposta inevitabilmente il caso dell’incidente leventinese sul terreno politico, dello scontro politico. Il giorno dopo, mercoledì 27, Gobbi si autosospende dalla conduzione politico-amministrativa della polizia cantonale, dipendendo quest’ultima dal Dipartimento istituzioni, nell’attesa che venga chiarita la sua posizione. Il consigliere di Stato verrà sentito dal pg come persona informata sui fatti: nei suoi confronti non emergono indizi di reato, indica il procuratore generale in un comunicato diffuso il 18 aprile alle redazioni. Comunicato nel quale si segnala anche l’estensione del procedimento ad altri due agenti della Polcantonale. Da uno a tre imputati: oltre al sottufficiale superiore, sono un capogruppo in servizio quella notte (entrambi si erano recati sul luogo dell’incidente) e l'ufficiale che quella notte era di picchetto. Le ipotesi di reato sono sempre quelle di abuso di autorità e favoreggiamento.

Il deputato e presidente del Centro vittima di un atto intimidatorio

E sempre il 18 aprile si apprende che Fiorenzo Dadò, autore dell’ormai famosa interpellanza, è stato vittima di un atto intimidatorio. Un proiettile e un messaggio minatorio: una busta anonima contenente un bossolo avvolto in un pezzo di carta e un biglietto con minacce, Minacce “molto pesanti”, afferma l’esponente del Centro. L’episodio approda al Ministero pubblico. Il procuratore generale sostituto Moreno Capella apre un procedimento per i reati di minaccia e coazione contro ignoti. Il materiale finisce sotto la lente della Polizia scientifica.

All'interpellanza depositata in marzo da Dadò il Consiglio di Stato non ha ancora risposto. Perché in attesa dell’esito degli accertamenti della magistratura inquirente.