Nuovo anno giudiziario, il presidente uscente del Tribunale d'appello pone l'accento sull'indipendenza della magistratura. Il nuovo sulle risorse umane
«Posso tranquillizzarvi: la giustizia ticinese non cade a pezzi». Citando, e ritoccando, il fuorviante slogan dei fautori dell’acquisto a Lugano dello stabile Efg (perché “la giustizia cade a pezzi”), elemento centrale di quella ‘Cittadella della giustizia’ sulle cui sorti il popolo si esprimerà nella votazione di domenica, il giudice Damiano Bozzini rassicura e rimanda a una delle conclusioni del rapporto 2023 del Cdm, il Consiglio della magistratura. “La magistratura cantonale, nonostante il contesto disagevole, ha saputo operare in maniera adeguata alle aspettative, riuscendo a garantire nel complesso tempi ragionevoli di evasione e una buona qualità dei giudizi”, ha scritto l'autorità che vigila sul funzionamento dell’apparato giudiziario. Ovviamente le criticità, anche importanti, non mancano. E a una di esse accenna Bozzini nel suo ultimo discorso in veste di presidente del Tribunale d'appello tenuto stamane all'apertura dell’anno giudiziario 2024-2025.
Si tratta di un tema «scottante», lo definisce il giudice, e che «mi sta particolarmente a cuore». Ovvero: «L’esigenza di difendere l'indipendenza della magistratura ticinese e di concretizzare il dettame costituzionale che impone la separazione dei poteri dello Stato». Parole toste. Continua il presidente uscente della massima autorità giudiziaria ticinese: «Con particolare riferimento ai rapporti tra magistratura e Amministrazione cantonale, credo profondamente nella collaborazione, possibile solo se vi è il rispetto reciproco dei ruoli istituzionali e delle norme applicabili». L'esperienza maturata nei due anni da presidente del Tribunale d’appello «ha rafforzato in me il convincimento che il tema necessiti urgentemente di una discussione approfondita e conseguenti scelte da parte di governo e parlamento». Altro non aggiunge. Per ora. Altro Bozzini non aggiunge poiché ritiene che la cerimonia d’inaugurazione di un anno giudiziario «non si presti a sviluppare adeguatamente temi di questa portata». Ed è anche «mio dovere evitare inutili e dannose polemiche». Ciò «a maggior ragione in un momento molto delicato per varie circostanze contingenti». Non lo dice, ma il riferimento all’imminente consultazione popolare sull'acquisto (76 milioni di franchi) dell’immobile ex Banca del Gottardo è evidente. Insomma, indipendenza e autonomia del potere giudiziario «sono questioni che vanno affrontate con il necessario spirito critico, con libertà di parola e franchezza nell'esprimersi, con serenità d'animo e sobrietà di toni». E allora «mi riprometto di esporre i fatti e le mie considerazioni e relative proposte nelle sedi istituzionali preposte e nei modi opportuni, nella convinzione che la discussione sul tema sia, come già affermato, urgente e necessaria, e che dovere di ognuno sia quello di fare la sua parte».
A proposito di sedi istituzionali preposte, per la prima volta all’apertura di un anno giudiziario è presente la commissione ‘Giustizia e diritti’ del Gran Consiglio. «Nel rispetto dei ruoli, auspico un dialogo costante, frequente e aperto tra commissione parlamentare da un lato, Consiglio della magistratura e autorità giudiziarie dall’altro, affinché determinate questioni possano essere individuate, affrontate e risolte per tempo», evidenzia il giudice.
Tornando alle criticità, un’altra è la mancanza di un sufficiente numero di risorse umane in settori della magistratura. E la manovra, anzi le manovre di risparmio portate avanti da Consiglio di Stato e Gran Consiglio, per approdare all’agognato pareggio dei conti del Cantone entro fine 2025, non agevola le cose. Anche se la politica, per dirla con il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi, è chiamata a garantire «condizioni adeguate» affinché le autorità giudiziarie abbiano la possibilità di svolgere i loro compiti «in modo efficace ed efficiente». Condizioni adeguate, concretamente? «Per il sottoscritto non significa solo un semplicistico aumento delle risorse umane», chiarisce il ministro. E ricorda: «Quale membro della Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali di giustizia e polizia, ho presentato di recente a Berna, con il presidente della Conferenza svizzera dei procuratori pubblici, un progetto volto a individuare e ad approfondire le cause dell’eccessivo carico di lavoro di cui da tempo soffrono le autorità di perseguimento penale di tutta la Svizzera e proporre delle soluzioni». Il risultato dello studio «verrà comunicato l’anno prossimo».
Di più. Parlare di risorse umane vuol dire anche ragionare sul sistema di reclutamento delle toghe, che vede oggi il Gran Consiglio autorità di nomina di procuratori e giudici. Gli aspiranti magistrati «vanno selezionati con cura, perché la loro scelta è fondamentale per il buon funzionamento della giustizia e per la fiducia che in essa devono poter riporre cittadini e cittadine», rileva il capo del Dipartimento istituzioni: «Oltre a possedere competenze in materia, devono avere quelle attitudini personali necessarie, pure queste, a svolgere una funzione che comporta decisioni anche difficili». Servono gli assessment?
Prosegue Gobbi: «Sono le persone che dirigono e compongono la magistratura a determinare il successo o il fallimento dell’apparato giudiziario». Persone che devono poter contare anche sull’«armonia nelle relazioni». Un riferimento alla situazione venutasi a creare al Tribunale penale cantonale? «Come Dipartimento intendiamo sostenere maggiormente i magistrati dirigenti anche con formazioni specifiche e questo dal prossimo anno», preannuncia Gobbi.
Il consigliere di Stato ribadisce poi la necessità di «mettere a disposizione» della giustizia «adeguati spazi dove operare». Di qui «l’importanza di disporre di un secondo Palazzo di giustizia». Cioè dello stabile Efg, che «risponderà anche alle esigenze della digitalizzazione della giustizia in base al progetto nazionale Justitia 4.0». Chi considera l’imponente edificio «non idoneo a soddisfare le necessità delle autorità giudiziarie, lo fa a titolo gratuito e senza alcuna conoscenza tecnica: fa, diciamo così, pura disinformazione». Anche se la «disinformazione» non rimarrà verbo esclusivo di Gobbi. Con ordine, però.
Servono o non servono più risorse per il Ministero pubblico? La domanda in sala resta, dopo l'intervento del direttore del Di, perché a strettissimo giro di posta prende la parola il presidente entrante del Tribunale d'appello, il giudice Giovan Maria Tattarletti, che scandisce come «ormai, lo riconoscono praticamente tutti: gli effettivi scarseggiano, sono insufficienti». Continuando ad ascoltarlo, le parole sono circostanziate e partono dai numeri. Quelli nel Rapporto 2023 del Cdm, in cui si legge che «in media ciascun pp registra 535 cause in entrata all'anno, senza contare quindi le giacenze, e allo stesso tempo, da un’intervista della copresidente della Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia si legge che un magistrato non dovrebbe occuparsi parallelamente di più di 65-70 casi». Ebbene per Tattarletti, «non c’è proprio santo, o discussione, che tenga. A meno di pensare che altrove siano degli scansafatiche o, all'inverso, che in Ticino si possa pretendere dai magistrati prestazioni da supereroi, salvo poi fingere di stupirsi per il turnover».
Insomma, si è proprio nella fase della mattinata in cui il bisogno di maggiori risorse viene riconosciuto. Perché il neopresidente del Tribunale d'appello insiste: «Bisogna in tutti i casi essere consapevoli che l'inadeguatezza degli effettivi, oltre a non essere salutare rischia di porre anche un problema di qualità: gli elevati carichi di lavoro uniti alle pressioni produttivistiche non possono infatti non riflettersi sull'attenzione specifica portata al singolo caso». E, va da sé, per Tattarletti «solo adeguate risorse possono quindi assicurare una tempestiva e qualitativamente soddisfacente risposta di giustizia».
Nel suo discorso di insediamento, Tattarletti spinge l'acceleratore anche sulla questione nomine. E la situazione non è delle migliori. Citando due articoli de ‘laRegione’, il giudice rileva che «purtroppo, lo spettacolo definito da più parti come ‘indecente’ e ‘avvilente’ offerto un paio di mesi fa in occasione della sostituzione di due pp ci dice che non abbiamo fatto progressi». Anzi, «il messaggio lanciato in quest'ultima occasione è stato particolarmente negativo per la credibilità e la fiducia nelle istituzioni, oltre che altamente disincentivante per coloro che intendono candidarsi». Occorre ripensare il sistema? «Quantomeno occorre rivederne le priorità», si domanda e si risponde Tattarletti. Perché, per carità, ben vengano le diverse concezioni del mondo e della politica, «ma ciò non dovrebbe mai portare a far prevalere o a suscitare l'impressione che prevalgano criteri di mera spartizione politica rispetto a criteri di competenza, esperienza e idoneità personale».
Più risorse, quindi. Competenti, ovvio. Ma «l'aspetto logistico è parte integrante di questo contesto», afferma Tattarletti passando all'acquisto dello Stabile Efg in votazione questa domenica. Acquisto al quale «si può senz'altro essere contrari», concede. Ma «l'importante è che gli argomenti siano tali. L'impressione, purtroppo non è questa: dove non campeggia il benaltrismo, vengono accampati pseudoargomenti che non si distinguono da scuse belle e buone». E va ad alzo zero: «Mi si dica, per fare un esempio, cosa c'entrano con l'acquisto il ritardo nell'evasione delle pratiche o la lottizzazione delle nomine. Come si fa a sostenere che non è un bene riunire autorità inquirente e giudicante quando ciò non è affatto contemplato? Idem per il fantomatico accentramento della giustizia a Lugano. E che dire delle improvvise e improvvisate richieste di decentralizzare ulteriormente la giustizia a sostegno dell'economia locale?». Per Tattarletti «sorge spontanea una domanda: dov'è il limite tra argomentazione e disinformazione?». E due, si diceva. Il ramoscello d'ulivo arriverà la prossima volta.
Presente in sala anche la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, con grandi aspettative. Ma il suo presidente, Fiorenzo Dadò, del Centro, raggiunto dalla stampa al termine degli interventi, è sul disincantato andante: «Era sicuramente una buona occasione per spiegare alla politica e al Paese quali sono i problemi che riscontra il funzionamento della giustizia in generale... Come commissione ci saremmo aspettati qualche ragguaglio in più, qualche indicazione più precisa. Invece – commenta Dadò –, a parte qualche allusione o poco più sembrerebbe tutto rimandato a una futura occasione, e questo ci sembra un peccato». Nonostante i «pochi input arrivatici» però la porta della commissione resta apertissima: «Abbiamo già previsto due audizioni importanti sia con il Consiglio della magistratura, sia con il Consiglio di Stato. Siamo venuti qui per questo, per dimostrare il nostro ascolto. Oggi si è voluto andare coi piedi di piombo, ci auguriamo che nelle audizioni arrivino indicazioni più puntuali e precise».
Sulla questione delle nomine, sollevata dagli interventi, Dadò però replica secco: «Tutto è perfettibile, il Ticino rispecchia quanto avviene nella stragrande maggioranza dei cantoni e da noi la giustizia funziona bene. Quindi non è che si sia fatto tutto sbagliato». E anche sugli effettivi, il presidente della ‘Giustizia e diritti’ è lapidario: «La questione si pone, bisogna capire dove e come migliorare. Le risorse non sono infinite e bisogna agire per priorità».
Intanto è sempre pendente (lo è da diversi mesi) la richiesta del procuratore generale Andrea Pagani al Consiglio di Stato di assegnare al Ministero pubblico un segretario giudiziario in più e due amministrativi in più. «Il contenitore (il Palazzo di giustizia attuale, ndr) non è più al passo con i tempi, ma non lo è neppure, da anni, il contenuto dal profilo numerico – sottolinea il pg –. Da questo punto di vista siamo tra i cantoni messi peggio. L’ultima riunione del comitato della Conferenza dei procuratori svizzeri di cui faccio parte aveva come argomento la necessità di risorse. E se a parlare di necessità sono i colleghi di Zurigo e Berna, significa che il problema esiste...».