Il direttore del Dfe Vitta sulle compensazioni per gli affiliati all’Istituto di previdenza cantonale al voto il 9 giugno: ‘Soluzione equilibrata’
«Si tratta di 17mila persone che vivono, consumano e spendono in Ticino e per le loro rendite non esiste un piano B: se il 9 giugno dovesse prevalere il no alle misure di compensazione per gli affiliati all’Istituto di previdenza del Cantone Ticino non sarà possibile riproporre interventi analoghi a quanto proposto in votazione». Per questo, ma anche per altri motivi il direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta, a colloquio con ‘laRegione’, ribadisce l’importanza della votazione sull’Ipct. O meglio: «Sulle rendite pensionistiche dei suoi affiliati».
Non è usuale vedere il Consiglio di Stato così attivo alla vigilia di una votazione popolare. Qual è davvero la posta in gioco?
A essere messo in gioco è lo Stato come primo datore di lavoro del Cantone, non possiamo permetterci di ignorare la questione pensionistica dei nostri dipendenti. Si tratta dei dipendenti cantonali, ma anche di impiegati in numerosi comuni, docenti comunali, operatori sociali e molti altri lavoratori. È quindi importante un intervento che coinvolge i datori di lavoro e gli stessi dipendenti per salvaguardare un livello di rendite paragonabile a quello di altre realtà simili alla nostra. In questo senso vorrei anche ricordare che la soluzione sottoposta al popolo è frutto di una negoziazione tra i rappresentanti dei lavoratori e, per la parte del datore del lavoro, una rappresentanza del governo che ha coinvolto tutte le sue sensibilità politiche. Per questo la riteniamo una soluzione equilibrata.
Dire che non esiste un piano B a questa che lei definisce soluzione equilibrata è un atto di sincerità o uno spauracchio da agitare prima del voto?
Se il popolo si dichiarasse contrario sarebbe molto difficile riproporre provvedimenti simili. Senza misure di compensazione le rendite di vecchiaia potrebbero diminuire fino a un massimo del 15%, in particolare per i giovani e i neoassunti. Dobbiamo essere consapevoli che in caso di bocciatura vi sarebbero conseguenze per gli affiliati all'Ipct, e parliamo di 17 mila lavoratori che vivono e spendono sul nostro territorio.
Tra le varie argomentazioni dei contrari c‘è quella che sarebbe inutile versare soldi dei contribuenti per un malato, l’Istituto di previdenza, che non è in buone condizioni e necessita una ricapitalizzazione. Quindi altri soldi. È mischiare i piani?
Serve fare chiarezza. Per farlo basta risalire al messaggio governativo del 2020 riguardante il finanziamento delle garanzie concesse dal Parlamento nel 2012, dove si era detto in maniera chiara che le misure di compensazione a seguito della diminuzione del tasso di conversione avrebbero seguito un iter separato. E così è stato fatto presentando al Gran Consiglio un messaggio separato. Sono due temi distinti, è importante ribadirlo ed evitare sia la confusione, sia la sovrapposizione dei temi. Come è importante ribadire che queste misure in votazione andranno a beneficio dei singoli affiliati, non della cassa nel suo insieme.
Ecco, lei parla di affiliati. Ci sono altri cantoni che hanno agito in loro sostegno?
Sì, anche di recente abbiamo visto interventi dei cantoni in qualità di datori di lavoro. E anche in questi casi con misure di compensazione a fronte di una riduzione dei tassi di conversione. Come esempi posso citare i Cantoni Grigioni, Argovia e la città di Zurigo. Se volgiamo lo sguardo al parapubblico, la Posta e le Ffs hanno agito in questo senso. Quello che sta facendo il Ticino è ben rodato e collaudato anche in altre realtà.
D'accordo, ma aleggia sempre quel refrain che i dipendenti pubblici siano dei privilegiati. Come replica?
Facendo osservare come nell'ambito del Preventivo 2024 anche i dipendenti pubblici, in una situazione di difficoltà finanziaria dello Stato, hanno fatto la loro parte con delle rinunce. Si tratta di lavoratori che come quelli del settore privato hanno dimostrato attaccamento al loro datore di lavoro, basti pensare al periodo pandemico. Rimanendo sul tema specifico, quello delle rendite di vecchiaia, nel grafico proposto dall'Ipct si nota come in caso di approvazione di queste misure di compensazione si garantirebbe una rendita in linea con altre realtà pubbliche: la città di Lugano ad esempio, e anche altri cantoni.
Un no potrebbe portare a rendere il posto nel settore pubblico meno attrattivo, e quindi portare a un calo della qualità dei servizi erogati al cittadino?
Sì. Andiamo verso un periodo dove più osservatori hanno fatto notare che vi sarà carenza di manodopera in generale. Noi come ente pubblico siamo sicuramente un buon datore di lavoro, ma in concorrenza con altre realtà pubbliche e private. Il tema delle condizioni previdenziali è uno dei fattori che prende in considerazione, nelle proprie valutazioni, chi fa una scelta professionale. E come datore di lavoro vogliamo mantenere, anche su questo fronte, condizioni d’impiego attrattive e in linea con altre realtà.
Spesso si guarda al settore pubblico come ‘guida’ per il settore privato. E c’è chi sostiene che rendite in calo per il pubblico si trasformerebbero in rendite in calo per tutti. Concorda?
In caso di bocciatura daremmo un segnale negativo per quanto riguarda il tema delle rendite pensionistiche. Rendite che diventerebbero, in particolare per i redditi più bassi, leggermente superiori al minimo previsto dalla Lpp e che potrebbero portare altre realtà a spingerle al ribasso. In questo senso, un sì alle misure di compensazione per gli affiliati all’Ipct sarebbe anche un chiaro segnale della popolazione che il livello delle rendite pensionistiche è importante, indistintamente per il settore pubblico e privato.