Ampissimo sostegno alla proposta di Ghisla (Centro). Col sì del Gran Consiglio sarà materia delle Camere federali cercare un soluzione
Intanto un deciso passo avanti lo fa l’iniziativa cantonale presentata per il gruppo del Centro da Alessio Ghisla che mira all’introduzione di un congedo parentale nazionale. Oggi, infatti, la commissione parlamentare ‘Sanità e sicurezza sociale’ ha dato il proprio via libera quasi unanime – i membri liberali radicali hanno firmato con riserva – al rapporto redatto da Claudio Isabella (Centro) e Tamara Merlo (Più donne). Rapporto che riprende e fa sue le quattro proposte dell’iniziativa che, se approvata dal Gran Consiglio – ma ormai dovrebbe essere una formalità – approderà al parlamento federale. Vale a dire un congedo parentale che abbia una durata complessiva di almeno 20 settimane; la quota fissa della madre sia pari ad almeno 14 settimane, come la situazione attuale; la quota fissa del padre rappresenti almeno il 20% del congedo parentale totale; entrambi i genitori usufruiscano della loro parte di congedo in modo flessibile.
Le considerazioni commissionali inserite nel rapporto dipingono il quadro di “un contesto socioeconomico in continuo sviluppo, dove vi è una globalizzazione del mercato del lavoro, dove per le aziende trovare manodopera qualificata è un problema, dove il welfare aziendale è diventato sempre più importante e di un contesto nazionale dove le nascite sono a livelli bassissimi tanto da non permettere un ricambio intergenerazionale”. Ebbene, in tutto ciò “consentire a entrambi i genitori di accudire il proprio figlio in modo flessibile nei primissimi mesi di vita, limitando i problemi di conciliabilità tra lavoro e famiglia, risulta necessario ed essenziale”. I vari approfondimenti della commissione, scrivono Isabella e Merlo, hanno permesso “di rilevare che le mamme che in seguito alla nascita di uno o più figli abbandonano temporaneamente l’attività lavorativa sono ancora numerose. In alcuni di questi casi – si legge ancora – la volontà di tornare al lavoro ci sarebbe, ma il periodo di congedo troppo breve e il contributo del papà alle cure, forzatamente limitato sotto l’aspetto temporale, fanno sì che la mamma sia costretta a dover abbandonare il proprio impiego”.
In Ticino, riprendono i due relatori, “stiamo vivendo un inverno demografico” e “le donne non dovrebbero mai dover scegliere tra ‘famiglia e lavoro’. Questo è un passo, seppur piccolo, nella giusta direzione”.
Per carità, la commissione “è consapevole che con questa iniziativa si chiede nuovamente uno sforzo al mondo dell’economia, in particolar modo alle aziende di piccole dimensioni che potrebbero avere dei disagi nell’organizzare i congedi dei propri collaboratori”. Ma allo stesso tempo, “la maggior flessibilità del congedo parentale e la miglior conciliabilità apporterebbero alle aziende, in un periodo di difficoltà nel trovare manodopera, vantaggi nel medio-lungo termine: in particolare, alcune mamme potrebbero essere facilitate a rimanere attive professionalmente”.
Raggiunto da ‘laRegione’, il presidente della ‘Sanità e sicurezza sociale’ e relatore Isabella si dichiara «molto contento del risultato raggiunto, non è stato facile trovare una convergenza in commissione: ottimo viatico per il futuro». Dal canto suo, Merlo – va da sé, altrettanto soddisfatta – trova importante che «ci sia accordo sul principio del congedo parentale: è in atto una presa di coscienza da parte della società che i padri vogliono essere più coinvolti e svolgere il loro ruolo. Politica ed economia devono dar loro, e alle famiglie, questa possibilità. Così come alle coppie di poter adattare in maniera flessibile il loro congedo: è importante superare tutti gli stereotipi che accompagnano questo tema fondamentale per le donne ma anche per tutta la società».