L’Ufficio presidenziale sconfessa il governo che voleva ‘sospendere’ i tre atti. La nota giuridica: ‘L’Esecutivo non dispone di questa facoltà’
Era lo scorso 26 marzo, giorno in cui il Ministero pubblico ha comunicato pubblicamente l’avvenuta apertura di un procedimento penale – per le ipotesi di reato, al momento contro un agente della Polizia cantonale e contro ignoti, di abuso di autorità e di favoreggiamento – in relazione all’incidente occorso a metà dello scorso novembre sull’autostrada in Leventina al consigliere di Stato e capo del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi. “In attesa di conoscere l’esito degli accertamenti penali in corso, gli atti parlamentari pendenti rimangono sospesi”, scriveva quel 26 marzo il Consiglio di Stato all’Ufficio presidenziale (Up) del Gran Consiglio e in un comunicato indirizzato ai media. Interpellanze sospese? Calma e gesso. Anzitutto non c’è una norma che autorizzi l’Esecutivo a congelarle. E poi ieri c’è stata una riunione straordinaria, in videoconferenza, dello stesso Up. E a quanto risulta alla ‘Regione’, la maggioranza dell’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio ha deciso di accettare la clausola d’urgenza e di chiedere quindi al Consiglio di Stato di rispondere, nella sessione parlamentare che prenderà il via lunedì 15, alle tre interpellanze sul tema. Ovvero quella depositata il 13 marzo dal deputato e presidente del Centro Fiorenzo Dadò (titolo: “Un misterioso incidente, è abuso di potere?”) e quelle dei granconsiglieri del Movimento per il socialismo Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini (“Trasparenza e informazione: quale deve essere il ruolo della Polizia cantonale?”, inoltrata il 15 marzo e “L’incidente di Gobbi e le conseguenze politiche”, presentata il 26).
In parlamento l’Esecutivo potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere motivandola con il fatto che è in corso un’inchiesta penale e con il fatto che Gobbi si è ‘autosospeso’ momentaneamente, in seguito all’apertura del procedimento decisa dalla Procura, dalla conduzione/responsabilità politica della Polizia cantonale, passata sotto il cappello del Dipartimento del territorio. Insomma, in aula, davanti ai deputati, il governo dirà come intende muoversi: rispondere, rispondere parzialmente, non rispondere. In ogni caso non può disporre la sospensione degli atti parlamentari in questione.
La nota trasmessa nei giorni scorsi all’Ufficio presidenziale dal segretario generale, l’avvocato Tiziano Veronelli, è lineare. “Dal quadro legale che precede – scrive Veronelli dopo aver richiamato le disposizioni della Legge sul Gran Consiglio – emerge piuttosto chiaramente come il governo non disponga della facoltà di ‘sospendere’ motu proprio la trattazione delle tre interpellanze. Di conseguenza, qualora la loro urgenza e il loro interesse pubblico fossero riconosciuti dall’Ufficio presidenziale giusta l’art. 97 cpv. 1 e 3 Lgc (Legge sul Gran Consiglio, ndr), il Consiglio di Stato sarebbe tenuto a rispondere pubblicamente ai quesiti posti in occasione della seduta parlamentare, potendo semmai – in Aula, durante la seduta – avvalersi della facoltà di non rispondere concessagli dall’art. 99 cpv. 2 i.f. Lgc, indicando espressamente l’origine dell’eventuale impedimento. In questo caso, pur in assenza di risposte concrete, il Gran Consiglio – continua il segretario generale – potrebbe richiedere la discussione generale”.
Veronelli cita fra l’altro il secondo capoverso dell’articolo 99 della Legge sul Gran Consiglio. Capoverso in base al quale “il Consiglio di Stato nelle risposte alle interpellanze e alle interrogazioni si attiene a una comunicazione trasparente: esso informa in modo proporzionato, oggettivo e completo, distinguendo chiaramente tra dati e valutazioni, indicando le fonti, senza tralasciare elementi essenziali o tacere aspetti negativi. Qualora una disposizione di legge o un interesse pubblico superiore gli impediscano di rispondere a determinate domande, il Consiglio di Stato indica espressamente l’esistenza di tale impedimento”.
Nella stessa nota inviata all’Up del Gran Consiglio, il segretario generale ricorda anche che “qualora invece l’Ufficio presidenziale intendesse prendere atto della risoluzione governativa 1488 (quella in cui l’Esecutivo gli comunica che le tre interpellanze rimangono sospese, ndr) ritenendo che nella stessa il governo abbia segnalato l’esistenza di effettivi impedimenti (disposizioni di legge, interessi pubblici superiori che non rendessero possibile rispondere alle domande, ecc.), la presidente (del parlamento, ndr) potrebbe comunicare detti impedimenti all’indirizzo del plenum (appellandosi all’art. 99 cpv. 2 Lgc), accettando così la ‘sospensione’. In questo caso, non vi potrebbe essere una discussione generale”. Ma come detto l’Ufficio presidenziale non ha accettato la sospensione. Ha riconosciuto l’urgenza (e l’interesse pubblico) delle interpellanze, che quindi non vengono trasformate in interrogazioni, atti parlamentari cui il Consiglio di Stato risponde non oralmente in Gran Consiglio (come avviene per le interpellanze), bensì per iscritto. Con conseguente dilatazione dei tempi della/e risposta/e governativa/e e senza che si possa chiedere la discussione generale, previa approvazione del parlamento.
E in passato? Il 13 marzo 2017 l’allora direttore del Dipartimento sanità e socialità Paolo Beltraminelli rispose davanti al plenum del Gran Consiglio a un’interpellanza sul caso Argo 1 presentata da Giorgio Galusero, all’epoca deputato liberale radicale. Questo nonostante la Procura avesse già avviato le sue indagini sulla vicenda. Risposte a due interpellanze sempre sul caso Argo 1, inoltrate dal granconsigliere dell’Mps Matteo Pronzini, che Beltraminelli non diede però nei mesi successivi. Come rammenta Veronelli nella recente missiva all’Ufficio presidenziale, il Consiglio di Stato, dopo aver informato preventivamente l’Up, “aveva comunicato in aula al plenum la volontà di posticipare le risposte a questi atti (sul caso Argo 1, ndr) in occasione della discussione parlamentare sul rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta”.
Anche in altre occasioni, ricorda sempre la nota firmata da Veronelli, il governo si è avvalso dell’articolo 99 della Legge sul Gran Consiglio specificando – nell’aula del parlamento – di non poter rispondere “nel rispetto del segreto d’ufficio o essendo in attesa dell’esito del procedimento penale”. Tra i casi più recenti, quello legato ai decessi durante il periodo Covid alla casa anziani di Sementina. Rispondendo a un’interpellanza di Pronzini, il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa aveva affermato che essendo la vicenda oggetto di un procedimento penale e di una procedura amministrativa in corso “non è possibile entrare nel merito delle domande poste”. Questi precedenti, tiene però a precisare il segretario generale del Gran Consiglio nella comunicazione all’Ufficio presidenziale, sono avvenuti quando la legge non prevedeva ancora il criterio dell’urgenza di cui all’articolo 97, entrato in vigore il 30 aprile 2021. Criterio che, come detto, l’Up ha riconosciuto alle tre interpellanze inoltrate sull’incidente stradale.