Giustizia e logistica, dal Gran Consiglio sì ai 76 milioni di franchi per l’acquisto dell’immobile a Lugano. Scatta però l'Rfo: si va al voto popolare
Logistica della magistratura, è fumata bianca. Anzi grigia. La maggioranza del Gran Consiglio (54 a favore, 26 contrari, 1 astenuto) sblocca in serata l’annoso dossier e stanzia 76 milioni di franchi per l’acquisto a Lugano dello stabile ex Banca del Gottardo, di proprietà dell’istituto di credito Efg, fulcro della futura cosiddetta Cittadella della giustizia. Luce verde quindi al rapporto stilato dal liberale radicale Matteo Quadranti e contenente, dopo la riapertura delle trattative fra governo e la proprietà, un importo inferiore di 4 milioni rispetto al prezzo d’acquisto proposto dal messaggio del Consiglio di Stato. Ma poco dopo aver detto sì all’investimento lo stesso parlamento approva il Referendum finanziario obbligatorio (Rfo) con ventotto deputati a favore (ne bastavano venticinque). Dunque saranno i cittadini a stabilire il destino dell’operazione.
Lo stabile accoglierà – dovrebbe accogliere – il Tribunale d’appello, il Tribunale penale cantonale, la Pretura (civile) di Lugano, i giudici dei provvedimenti coercitivi, la Corte di appello e di revisione penale (adesso a Locarno), l’autorità di protezione (la riforma del settore tutele e curatele in Ticino contempla, come noto, l’istituzione delle Preture di protezione). Resterà a Bellinzona la Pretura penale, che dal Business Center traslocherà nel futuro rinnovato Pretorio. Ma a Lugano la costruzione della ‘Cittadella’ passerà anche dalla ristrutturazione dei vicini Palazzo di giustizia – che continuerà a essere la sede dei magistrati del Ministero pubblico (compresi i procuratori oggi ‘distaccati’ a Bellinzona) e che ospiterà anche agenti della Polizia giudiziaria e il Consiglio della magistratura – ed edificio di via Bossi, che avrà tra gli inquilini la Magistratura dei minorenni. Gli interventi al Palazzo di giustizia e nell’edificio di via Bossi saranno oggetto di messaggi governativi, con la relativa richiesta di crediti, specifici. Insomma l’edificazione della Cittadella dovrebbe costare complessivamente oltre 200 milioni di franchi.
Non parla solo di giustizia il leghista Michele Guerra, presidente della commissione della Gestione e correlatore del rapporto di maggioranza, ma di «dignità della giustizia. Giustizia che non solo è un valore fondamentale della democrazia, non solo è la garanzia per ogni persona di esercitare i propri diritti». E aggiunge: «La giustizia non è solo un principio astratto, ma anche una pratica quotidiana. Un principio, che dovrebbe essere centrale nella nostra società, che però oggi a Lugano ha uno stabile poco dignitoso». Il Palazzo di giustizia in via Pretorio. Tant’è che il granconsigliere ricorda un sopralluogo della commissione all’interno del Palazzo dove ha attualmente sede parte della giustizia ticinese, illustrando tutti i «disfunzionamenti» del caso tra spazi poco discreti e poco idonei, scatole e fascicoli che ingombrano le stanze e i corridoi, fascicoli in balia delle «acque del lago», che ogni tanto penetrano dal basso dell’edificio. «Queste – prosegue Guerra – sono solo alcune delle situazioni che abbiamo incontrato nel nostro viaggio», e invita a «sostenere» l’acquisizione dello stabile Efg «per far sì che la giustizia agisca in un ambiente adeguato agli standard di sicurezza, moderno e funzionale». Prima di lasciare la parola al correlatore Quadranti, Guerra sottolinea: «La giustizia è una priorità in Ticino e dobbiamo impegnarci affinché sia amministrata degnamente».
Gli fa dunque eco Quadranti: «Ci tenevo a traghettare il tema in Gran Consiglio. Uno degli ultimi nodi che restavano da sciogliere era il prezzo». Il deputato liberale radicale si sofferma in prima battuta sui molti ‘no’ con i quali si è dovuto confrontare il progetto. «All’inizio – afferma – ci sono stati più ‘no’ che ‘sì’. Il rapporto ha cercato di dare delle risposte, anche perché, dopo quindici anni alla ricerca di una soluzione logistica, era ora di procedere». Quadranti fa una panoramica delle cifre legate allo stabile Efg, il cui prezzo d’acquisto è stato ridotto, come scritto, di 4 milioni. Il correlatore sottolinea poi come sia stato «il Gran Consiglio, su indicazione della Gestione, ad aver chiesto al Consiglio di Stato di cercare una nuova sede per la giustizia ticinese». Per Quadranti, la magistratura è già ora parzialmente concentrata in una stessa struttura, il Palazzo di Lugano, ma «non per questo funziona male». Non solo. «Sempre sulla questione dell’accentramento, non è in corso nessuno smantellamento della giustizia ticinese nelle altre regioni del Cantone».
Contraria all’operazione Samantha Bourgoin, autrice del rapporto di minoranza. «In un momento in cui chiediamo ai cittadini di tirare la cinghia, non ci possiamo permettere di giocare con i soldi pubblici», afferma la deputata dei Verdi. Per la quale le soluzioni logistiche dovrebbero far seguito «al riassetto della giustizia, a una riforma della stessa». E poi c’è la questione della digitalizzazione della giustizia, con il progetto nazionale denominato ‘Justitia 4.0’. Ciò che secondo la relatrice di minoranza renderà superflui degli spazi: «Acquistare ora lo stabile Efg senza tener conto di questo scenario, sarebbe come costruire una cattedrale per sempre meno fedeli». Ma c’è un altro aspetto che preoccupa la relatrice di minoranza ed è, considerata la prospettata concentrazione di gran parte delle autorità giudicanti nell’edificio Efg, la presenza sotto lo stesso tetto del Tribunale penale cantonale (primo grado) e della Corte di appello e revisione penale (secondo grado), attualmente collocata a Locarno. Per Bourgoin, «l’indipendenza, anche apparente, delle autorità giudiziarie passa pure dalla separazione fisica tra le stesse». La granconsigliera ecologista non ha dubbi: si proceda alla ristrutturazione dei vicini Palazzo di giustizia ed edificio di via Bossi.
Sulla stessa lunghezza d’onda Paolo Caroni del Centro, partito diviso sull’acquisto dell’immobile progettato da Mario Botta. «Ci si chiede – osserva Caroni – se non sia invece prioritario potenziare la giustizia affinché vi sia maggiore celerità nelle decisioni. È più importante investire nel capitale umano». Caroni teme poi un’eccessiva centralizzazione degli uffici giudiziari: «Una concentrazione che non è opportuna, l’indipendenza delle varie istanze va assicurata anche logisticamente. Il fatto che giudici di primo e secondo grado frequentino gli stessi spazi potrebbe creare imbarazzo nei giudici dell’istanza di ricorso, in quanto chiamati a valutare l’operato dei colleghi di primo grado».
Un Centro diviso, appunto. Divisione che vede contrapposti ad esempio Gianluca Padlina, già presidente dell’Ordine ticinese degli avvocati, che si esprime a nome dei deputati centristi favorevoli al credito, e Fiorenzo Dadò, a nome dei granconsiglieri scettici. Per Padlina non è infatti «sostenibile rimandare oltre la ricerca di una sede adeguata per la Giustizia, dato che la percezione dell’autorità e dell’autorevolezza passa anche attraverso la sede in cui viene esercitata». E prosegue: «L’odierno Palazzo di giustizia è vetusto, è entrato in funzione negli anni 60 del secolo scorso e nel tempo non ne è stata fatta un’idonea manutenzione». Rievocando la sua prima volta nell’edificio di via Pretorio dopo gli studi universitari, Padlina rileva che, «nonostante i rattoppi fatti negli anni, la situazione è ulteriormente peggiorata». E conclude: «L’aspetto decisivo è che a oggi non esiste un piano B, che sia d’acquisto o di locazione». Dal canto suo il granconsigliere e presidente del Centro Dadò non ci sta. E affonda: «L’unica nota veramente positiva è che questa discussione ci offre la possibilità di sollevare temi importanti come il fallimento di Giustizia 2018», la riforma della magistratura avviata anni fa dal Dipartimento istituzioni, ma mai decollata. Dadò osserva poi che «nel Palazzo di via Pretorio non ho trovato tutto questo sfasciume che si vuole far credere, o almeno non tanto da pregiudicare il lavoro dei magistrati». Secondo l’esponente centrista la Giustizia necessita soprattutto di risorse umane.
Il deputato e copresidente del Ps Fabrizio Sirica difende invece l’acquisto dell’ex Banca del Gottardo: «Attualmente lo stabile è quantomeno indecoroso. Questa è la realtà che si presenta quotidianamente a chi ci lavora. Penso anche ai cittadini che si trovano a dover talvolta varcare quelle porte, magari nei periodi più delicati della loro vita. Non possiamo procrastinare fingendo che questa situazione non ci sia, perché il tempo non farà altro che peggiorarla».
La magistratura «per poter adempiere il proprio ruolo e svolgere il proprio lavoro ha bisogno anche di strutture adeguate», evidenzia per il Plr Natalia Ferrara. Alternativa allo stabile Efg? No: «Abbiamo verificato se ce ne fossero, si sono considerati costi e perizie, effettuati sopralluoghi, ma non ci sono alternative». Continua l’ex procuratrice: «Oggi abbiamo un Palazzo di giustizia che cola a picco. Non parliamo di abbellimenti, parliamo della necessità di dare finalmente alla magistratura, che lavora a favore della collettività, una sede dignitosa. Una sede che agevoli l’attività dei magistrati e metta in soggezione i criminali».
Per il leghista Andrea Sanvido la Giustizia «merita finalmente una nuova casa e di piani B all’immobile Efg non ce ne sono». Inoltre «la soluzione logistica proposta permetterà di riunire diversi servizi sparsi sul territorio di Lugano».
Il capogruppo dell’Udc Sergio Morisoli parla di pressioni e di «pensiero unico» che hanno caratterizzato l’iter del dossier: «Guai a dissociarsi, guai a esprimere critiche all’acquisto dello stabile Efg, dal quale paiono dipendere i destini del Ticino e della sua Giustizia. Non credo però che questa salvifica spesa/investimento serva a colmare per esempio la penuria di procuratori o la loro partenza. Siamo d’accordo: la giustizia merita una logistica adeguata, ciò che noi contestiamo è il costo esorbitante dell’operazione». Tuttavia l’emendamento democentrista perché si andasse a trattare nuovamente con Efg un prezzo d’acquisto inferiore, da 76 a 66 milioni, è stato respinto dal plenum.
Il messaggio governativo sull’operazione immobiliare «è figlio di una trattazione di oltre quattro anni», fa sapere il consigliere di Stato Norman Gobbi, alla testa del Dipartimento istituzioni. E illustra: «Per edificare l’attuale Palazzo di giustizia ci sono voluti quarantuno anni. La procedura è stata lunga e travagliata, come quella attuale, costellata da cinque messaggi del Consiglio di Stato. Per il secondo palazzo stiamo discutendo dal 2008 e siamo al secondo messaggio sul tema». Il direttore del Dipartimento istituzioni mette poi qualche puntino sulle i: «L’acquisto dell’ex stabile Gottardo non prevede la centralizzazione della giustizia, proprio perché gran parte di essa si trova già a Lugano. Questo non mette in discussione la separazione dei poteri». Di più. «Non è mai stata messa in discussione nemmeno l’esistenza delle preture civili. L’evoluzione degli effettivi è stata inoltre importante: dal 2008 la magistratura è stata potenziata di una sessantina di unità, tra funzionari e magistrati, e nell’attuale stabile di via Pretorio manca spazio».