Ticino

Carovita, i sindacati non mollano: chiedono l’1,4 per cento

Oggi l’incontro con il Consiglio di Stato, che nel Preventivo non ha inserito alcun adeguamento al rincaro. Prossimo round il 10 gennaio

La manifestazione del 22 novembre a Bellinzona contro i tagli decisi dal governo
(Ti-Press)
11 dicembre 2023
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I sindacati non demordono e sollecitano per i dipendenti pubblici il riconoscimento del carovita, pari all’1,4 per cento secondo l’indice di novembre 2023. La richiesta è stata formulata oggi al Consiglio di Stato.

Si sono trovati sul mezzogiorno. Da una parte loro, i sindacati, rappresentati da Raoul Ghisletta e Giulia Petralli della Vpod, da Xavier Daniel e Claudio Isabella dell’Ocst, e da Mattia Bosco dei Sit. Dall’altra il governo, al completo. Governo che, come noto, non ha inserito alcun importo, alcun adeguamento al rincaro nel Preventivo 2024 del Cantone, ora, con la manovra di rientro, sotto la lente della commissione parlamentare della Gestione.

«È stato un incontro interlocutorio», commenta Mattia Bosco, reduce dal rendez-vous con l’esecutivo. «L’impressione è che il Consiglio di Stato – aggiunge il segretario cantonale dei Sindacati indipendenti ticinesi – stia aspettando le mosse della Gestione. Il problema è che nel Preventivo il governo non ha prospettato alcun adeguamento degli stipendi al carovita; anzi, si è attivato sulle misure di risparmio per il personale, proponendo per esempio il contributo di solidarietà», ovvero la trattenuta del 2 per cento per la parte di stipendio che eccede i 60mila franchi, provvedimento sul quale dovrà pronunciarsi il parlamento. «Noi chiediamo il riconoscimento integrale del carovita e l’abolizione di qualsiasi misura di risparmio sul personale, compresa ovviamente la trattenuta del 2 per cento», sostiene perentorio Bosco.

«Sulla questione carovita – osserva a sua volta Xavier Daniel – mi sembra che ci sia la disponibilità del governo quantomeno ad approfondire. Insomma, un po’ di apertura. Di sicuro, non si può continuare a fare leva sul personale pubblico per far quadrare i conti».

Il riconoscimento dell’1,4 per cento «è il nostro obiettivo minimo», dice Raoul Ghisletta: «Bisogna rendersi conto che la manovra di rientro contempla ancora misure di risparmio sui dipendenti del Cantone. Le ennesime misure negli ultimi trent’anni».

Sull’adeguamento degli stipendi al rincaro il prossimo round si disputerà nell’anno nuovo: l’incontro tra Consiglio di Stato e sindacati è agendato per mercoledì 10 gennaio, mese in cui il plenum del Gran Consiglio dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) discutere Preventivo e annessa manovra di risparmi/tagli, la prima delle due operazioni di rientro per conseguire il pareggio dei conti cantonali entro il 2025, come pretende il decreto Morisoli.

Il tema del carovita per gli statali è regolamentato dalla Legge stipendi. Afferma l’articolo 5: “Gli stipendi dei dipendenti sottoposti alla Lord (la Legge sull’ordinamento degli impiegati e dello Stato e dei docenti, ndr) e lo stipendio di riferimento per la definizione degli onorari dei consiglieri di Stato sono adeguati all’evoluzione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo. L’adeguamento degli stipendi è stabilito dal Consiglio di Stato al 1° gennaio di ogni anno, sulla base dell’indice nazionale mensile effettivo dei prezzi al consumo di novembre dell’anno precedente. Dopo consultazione delle organizzazioni del personale il Consiglio di Stato può decidere di adeguare interamente o parzialmente gli stipendi al rincaro oppure può stabilire il pagamento di una indennità completiva parziale o totale”.

L’ErreDiPi lancia una giornata di protesta sui posti di lavoro

‘Per fare da ponte tra le manifestazioni del 22 novembre e del 20 gennaio’

«La protesta va approfondita e resa più forte portandola sui posti di lavoro». Lancia così Enrico Quaresmini, portavoce di ErreDiPi, la Rete per la difesa delle pensioni, la giornata di protesta sui posti di lavoro programmata per lunedì prossimo,18 dicembre. «Questa giornata – prosegue – nasce da un’osservazione molto semplice. Tra la manifestazione dello scorso 22 novembre e quella del comitato ‘Stop ai tagli’ del 20 gennaio sarebbero intercorsi due mesi vuoti. In tal senso ci poniamo l’obiettivo di fare da ponte tra le due manifestazioni». Stamattina a Bellinzona è stato illustrato dagli esponenti della Rete per la difesa delle pensioni lo svolgimento della giornata di protesta. «I due appuntamenti, quelli del 22 novembre e del 20 gennaio, – rileva Quaresmini – proponevano e propongono la stessa modalità di ritrovo, cioè fuori dall’orario di lavoro e in piazza. Per noi è importante infilare durante queste settimane qualcosa di diverso: portare la protesta sui luoghi di lavoro, cosa che noi riteniamo fondamentale».

Delle modalità differenti dicevamo. «Questa volta – spiega il portavoce di ErreDiPi – ci orientiamo verso delle pause prolungate di protesta. In diverse scuole e servizi e in qualche ufficio lunedì prossimo in mattinata ci saranno delle azioni con esposizione pubblica di striscioni, distribuzione di materiale informativo e la sottoscrizione di un breve testo comune. L’idea è di trovarsi e discutere con i colleghi, fermandoci un attimo». Fermarsi appunto per «prendere il tempo necessario e trovando il coraggio di non spaccare il minuto per rientrare in ufficio. Di fronte a un attacco così diretto al personale dello Stato dobbiamo riuscire ad avere il coraggio di mostrarci pubblicamente». La protesta dovrebbe poi proseguire, pronostica Quaresmini, «con un drappello di persone negli uffici cantonali, perché ci si renda conto di quello che sta succedendo. È illusorio tagliare solo perché bisogna far rientrare i conti del Cantone all’ultimo momento costi quel che costi senza che ci siano delle ricadute concrete».

Per ErreDiPi, la politica fiscale del Cantone presenta non poche contraddizioni. Secondo Paolo Galbiati, socio della Rete e docente, «il problema endemico di cui bisognerebbe preoccuparsi sono i salari. In un momento in cui si fa di tutto per scongiurare l’aumento delle imposte si va invece a imporre un’imposta sugli stipendi. E questo a discapito della classe media, l’ossatura del nostro Cantone, che andrebbe preservata e che al contrario sta scivolando inesorabilmente verso la povertà. Classe media che verrebbe invece proprio tassata da questa misura, dato che l’impiego pubblico è di fatto una rappresentanza emblematica di questa fascia della popolazione. La politica fiscale ticinese chiede dei sacrifici e trascura quello che dovrebbe essere il nodo della questione, una classe media che si sta sgretolando appunto, mentre la base fiscale si sta spostando sempre più verso una piccola cerchia di facoltosi. Stiamo andando nella direzione opposta».

Alcuni esempi concreti

A Bellinzona sono poi stati presentati alcuni esempi concreti. Michel Petrocchi, attivo in ErreDiPi e nella commissione del personale dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (Osc), ricorda che «quest’anno l’Osc ha perso undici unità a tempo pieno su un totale di settecento persone. Questo a causa di una misura che ha previsto di rimpiazzare i partenti solo con dipendenti all’80 per cento. È inaccettabile. Dobbiamo fronteggiare situazioni sempre più complicate, con personale già in burnout e con un aumento dei giorni di malattia. Il Cantone ci chiede da un lato di ottemperare a certi compiti, ma dall’altro ci mette in condizioni sempre più precarie per farlo».

Pure il settore della scuola si trova in difficoltà. Alessandro Frigeri, anche attivo in ErreDiPi e docente, non nasconde che «questa ‘tassa’ di solidarietà si inserisce in un quadro che ha sullo sfondo elementi di sofferenza e di peggioramento delle condizioni di lavoro. In questi ultimi anni nella scuola sono aumentate gradualmente in maniera significativa le pressioni sul mestiere. Dalla richiesta sempre maggiore di personalizzazione del nostro intervento nei confronti degli alunni, al considerare i docenti a causa delle nuove tecnologie disponibili al di là dei canonici orari scolastici, fino all’esplosione dei compiti burocratico-amministrativi richiesti al corpo insegnante». Una pressione crescente dunque. «Non sorprende – commenta Frigeri citando lo studio ‘Scuola a tutto campo’ della Supsi per il 2023 – che ormai più della metà degli insegnanti attualmente impiegati nel Cantone lavori a tempo parziale. Significativo è anche l’acceleramento del turnover, che significa che la professione è sempre meno attrattiva. Solo il 53 per cento degli attuali insegnanti lavora da più di dieci anni».