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‘Stop a qualsiasi archivio segreto nella diocesi’

Lara Filippini (Udc) con un'iniziativa chiede di introdurre il divieto nella Legge ticinese sulla Chiesa cattolica. A monte lo studio sugli abusi sessuali

Nella foto la sede della Curia
(Ti-Press)

Niente più archivi segreti nella Diocesi ticinese. Lo chiede la democentrista e vicecapogruppo in Gran Consiglio Lara Filippini con un’iniziativa parlamentare nella quale propone la modifica della Legge cantonale sulla Chiesa cattolica. Iniziativa che trae spunto dai risultati dello studio dell’Università di Zurigo sugli abusi sessuali – oltre un migliaio – commessi nella Chiesa svizzera negli ultimi settant’anni. Impressiona l’elevato numero di casi censiti dai ricercatori, ma preoccupano altresì le modalità di gestione di alcuni archivi diocesani e quindi anche di carte sensibili e riservate. Dal recente rapporto, scrive la parlamentare dell’Udc, “è emerso che nella Diocesi di Lugano parte dell’archivio (segreto) è andato distrutto”. Circostanza confermata dai vertici della Curia nella conferenza stampa dell’altro ieri. “Diverse fonti suggeriscono inoltre che le lacune riscontrate siano dovute anche alla distruzione di documenti da situare tra la metà e la fine degli anni Novanta”, del secolo scorso, “la cui entità non è stata ancora chiarita”, si evidenzia tra l’altro a pagina 35 dello studio.

L’iniziativa parlamentare appena depositata chiede di intervenire sull’articolo 4 della Legge ticinese sulla Chiesa cattolica con l’aggiunta di un capoverso. Del seguente tenore: “È vietata la tenuta di qualsiasi archivio segreto o di parti di archivio separate e accessibili solo a persone con ruoli dirigenziali. La Diocesi avrà cura di osservare i principi cantonale della legislazione sull’archiviazione e della protezione dei dati”.

‘Salvaguardia e accesso a eventuali prove’

Filippini non ha dubbi: “È evidente che un archivio segreto non è compatibile con le minime norme relative a uno Stato di diritto e all’obbligo di tenere documentate circostanze giuridicamente rilevanti sull’arco di un determinato tempo”. Nel perseguimento dei reati, come quelli di natura sessuale, afferma la deputata contattata dalla ‘Regione’, «ci deve essere la massima collaborazione fra autorità ecclesiastica e autorità civile, in questo caso la magistratura dello Stato. Ora, la presenza di archivi segreti impedisce l’accesso a eventuali prove, a maggior ragione se i documenti vengono poi distrutti totalmente o parzialmente». Pertanto, sottolinea Filippini nell’atto parlamento, “si impone un intervento del legislatore per vietare qualsiasi archivio segreto”. Certo, “è un intervento sulla Chiesa cattolica ticinese, ma non lede in alcun modo la libertà religiosa, poiché tocca solamente un aspetto organizzativo e gestionale”. La misura “è proporzionata, non limitando in alcuna maniera il margine di manovra della Chiesa”. Ovviamente non si vuole impedire organizzazione e tenuta di archivi nella diocesi (“L’archivio non può né deve essere liberamente accessibile a chicchessia, anche per protezione dei dati personali. Si giustifica di imporre alla Diocesi, che è una corporazione di diritto pubblico, di osservare i principi della legislazione sull’archiviazione e sulla protezione dei dati”). Si vuole invece vietare l’istituzione di archivi segreti. «E l’unica possibilità che come politici abbiamo – rileva la vicecapogruppo democentrista – è di agire sulla Legge cantonale sulla Chiesa cattolica».

Documenti distrutti

‘Obbligatorio registrare, lo dice la dottrina’

«Gli archivi, soprattutto negli anni passati, hanno avuto grandi problemi di personale per fare fronte alla mole di lavoro che questa disciplina richiede per essere svolta in maniera rigorosa e sistematica. Mancavano le risorse. Una difficoltà che ha vissuto anche l’archivio di Stato», secondo il suo direttore Marco Poncioni, «le limitazioni, spesso, sono state anche di tipo logistico, con gli archivi relegati in scantinati e luoghi poco adatti. Soluzioni che hanno sicuramente influenzato negativamente sulla conservazione dei documenti. Per fare un esempio, il nostro archivio è solo da 25 anni situato a Palazzo Franscini. Un periodo che per l’archivistica è davvero limitato. Prima la situazione era del tutto inadeguata».

‘La selezione dei documenti è una pratica corrente’

Nell’indagine condotta dall’Università di Zurigo è emerso che l’archivio della Diocesi di Lugano ha distrutto negli anni – su ordine dell’allora vescovo Eugenio Corecco – alcuni documenti senza lasciare traccia. Un errore riconosciuto anche da don Zanini durante la presa di posizione di mercoledì della curia ticinese. Ma bisogna stupirsi se qualcosa viene distrutto dagli archivi? «Una selezione dei documenti è pratica corrente, – precisa Poncioni – specialmente fino a qualche anno fa quando non c’era la possibilità di digitalizzare e tutto era in formato cartaceo. Allo stesso tempo quando un documento viene distrutto è obbligatorio registrare questa operazione, indicando la tipologia del documento. Lo dice da sempre la dottrina archivistica». Questo perché, aggiunge il direttore dell’Archivio di Stato, «non farlo è un errore e può alimentare dubbi e supposizioni». L’archivistica, spiega Poncioni, è una disciplina in continua evoluzione. Anche per merito delle nuove tecnologie, che aiutano il lavoro ma allo stesso tempo impongono nuove norme e procedure. «La tendenza attuale, che stiamo attuando con qualsiasi ufficio, è di allestire con i vari Uffici cantonali un calendario di conservazione. Per quanto riguarda l’eliminazione dei documenti – aggiunge Poncioni –, all’Archivio di Stato viene seguita una procedura ‘binaria’: l’Ufficio che ha prodotto il documento e ne conosce l’importanza amministrativa e legale, informa sulla necessità o meno di conservarlo. L’archivista invece deve capire se un determinato documento sarà interessante in futuro per la ricerca storica». Tutto questo si chiama ‘Records management’. Un sistema ora applicato anche ai sistemi digitali. «Come detto l’archivistica cambia continuamente. Più andiamo indietro nel tempo e meno normative e conoscenze esistevano».

Ex funzionario Dss

Emendamenti Mps al rapporto commissionale

Quattro emendamenti con l’obiettivo di prevenire più efficacemente il fenomeno delle molestie sessuali in seno all’Amministrazione cantonale e sostenere maggiormente le vittime. Sono quelli proposti dai due deputati del Movimento per il socialismo (Mps) Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini alle conclusioni del rapporto della commissione parlamentare della Gestione in merito all’audit esterno sul caso dell’ex funzionario Dss condannato per coazione sessuale e violenza carnale. Rapporto di cui il plenum del Gran Consiglio discuterà nella sessione al via lunedì prossimo, esprimendo un voto sulle raccomandazioni all’indirizzo del Consiglio di Stato.

Servizio di ascolto esterno

In aggiunta alle conclusioni commissionali – che accolgono in toto le raccomandazioni formulate dall’audit esterno svolto dallo Studio legale Troillet-Meier-Raetzo di Ginevra, integrandone altre come la riforma della gestione del personale dell’Amministrazione pubblica –, in primo luogo l’Mps chiede di individuare sul territorio o di creare un servizio di ascolto e accoglienza esterno e indipendente dall’Amministrazione cantonale che possa fungere da antenna e punto di riferimento per le vittime di molestia, "rispondendo in questo modo alle indicazioni della Seco (la Segreteria di Stato dell’economia, ndr) che ribadisce la necessità di dotarsi di persone di fiducia esterne ai contesti lavorativi”. Tale servizio esterno e indipendente “deve permettere a tutte e tutti coloro che si sentono vittime di molestie sessuali di rivolgervisi senza paura di ritorsioni o pressioni sul posto di lavoro”.

Campagne periodiche di sensibilizzazione

Attraverso il secondo emendamento la richiesta è di organizzare periodicamente campagne di sensibilizzazione in tutti i luoghi di lavoro sulle molestie sessuali “che rendano chiaro a tutti e tutte che simili atteggiamenti non possono essere accettati e tollerati sui luoghi di lavoro”. La prima campagna “dovrebbe svolgersi nei mesi precedenti il sondaggio sulla soddisfazione del personale” previsto per il 2024.

Sondaggi su soddisfazione da migliorare

In vista ti tale sondaggio i due granconsiglieri invitano in terzo luogo il Consiglio di Stato a riorganizzarne la struttura “in modo da renderlo più aderente alla realtà della condizione del personale”; a rafforzare in modo importante le parti del sondaggio che permettono di mettere in luce tutti gli aspetti relativi all’ambito delle molestie sessuali e alle discriminazioni di genere; nonché a coinvolgere nella fase di allestimento del sondaggio e in quella di presentazione le associazioni del personale.

Commissioni del personale in ogni sezione

Infine, scrive l’Mps, preso atto che nel rapporto della commissione della Gestione si “valuta come fondamentale l’attuazione di una riforma della gestione del personale dell’Amministrazione pubblica, ritenuta a tratti obsoleta”, si domanda al governo di integrare nelle misure da implementare contenute nell’audit “l’istituzione in tutte le sezioni dell’Amministrazione cantonale di commissioni del personale”.