L'edilizia va in ferie due settimane, e facciamo il punto della situazione col direttore della sezione ticinese degli impresari costruttori Bagnovini
Il rinnovo del Contratto collettivo di lavoro e la paura per il calo degli appalti pubblici sono stati tra i temi che hanno animato maggiormente gli ultimi mesi dell’edilizia ticinese, che ha chiuso ieri la prima parte dell’anno. Un settore confrontato anche con il rialzo dei tassi d’interesse deciso dalla Banca nazionale svizzera, «che ha già causato un significativo calo per quanto riguarda le nuove costruzioni e gli investitori privati», ha spiegato Nicola Bagnovini, direttore della sezione cantonale della Società svizzera impresari costruttori (Ssic).
Direttore Bagnovini, le contrattazioni per il Contratto collettivo di lavoro sono state lunghe e ‘accese’. Alla fine si è arrivati a un compromesso. C’è stato il rischio di non avere un Ccl in Ticino?
Sì, ci siamo trovati davvero vicini all’abbandono del Contratto collettivo, dopo oltre 60 anni di partenariato sociale. La situazione di crisi è stata causata in particolare dall’atteggiamento incomprensibile del sindacato Unia, che ha disatteso diverse scadenze concordate tra le parti contraenti. L’accordo finale è stato raggiunto in extremis a metà giugno, introducendo il limite massimo delle 8 ore lavorative giornaliere e l’obbligo di chiusura cantieri alle 15 in caso di allerta canicola di livello 4.
Cosa non vi soddisfa dell’accordo raggiunto?
Il compromesso raggiunto, tutto sommato, ci soddisfa. Siamo però delusi dalla tempistica con la quale è stato siglato l’accordo. I numerosi cambiamenti sulla gestione del tempo di lavoro sono stati comunicati alle imprese solo a metà anno, con tutte le difficoltà che ciò comporta a livello di gestione amministrativa dell’orario di lavoro e di adattamento dei programmi informatici delle aziende.
Uno dei punti più discussi è stato quello legato alla gestione delle giornate di canicola di grado marcato, perché non accettare la chiusura dei cantieri alle 14 (al posto delle 15) come chiedevano i sindacati? Non è un segnale di poca attenzione alla salute dei lavoratori?
Assolutamente no, la salute dei lavoratori è da sempre al centro dell’attenzione dei datori di lavoro. Fatta eccezione per il settore della pavimentazione stradale, le nuove disposizioni per la canicola sono pionieristiche per rapporto a quanto avviene in numerosi altri settori confrontati con il lavoro all’aperto. Abbiamo mantenuto l’obbligo di chiusura alle ore 15 per i cantieri all’aperto poiché diversi Comuni non permettono ancora di iniziare al mattino presto la giornata lavorativa, così da poterla concludere nel primo pomeriggio.
A fine aprile avete lanciato l’allarme sul calo di appalti pubblici, chiedendo di non “stringere il rubinetto” degli investimenti. Eppure la manovra di contenimento della spesa (il ‘Decreto Morisoli’) è stata votata dal popolo e caldeggiata anche da parte del mondo economico...
Il netto calo degli appalti per opere da impresario costruttore pubblicati sul Foglio Ufficiale è stato evidente per l’intero primo semestre di quest’anno, nonostante i numerosi appelli fatti dalla nostra associazione. Nelle ultime settimane vi è stata una certa ripresa che speriamo si confermi. Il timore è di essere confrontati con una carenza di lavoro verso l’autunno, come logica conseguenza degli appalti mancanti nella prima parte dell’anno. Le aziende stanno erodendo le loro riserve di lavoro. Inoltre, i risparmi richiesti dal ‘Decreto Morisoli’ erano rivolti al contenimento della spesa corrente dello Stato e non certo a limitare gli investimenti. Un risparmio in questo ambito avrebbe effetti molto gravi per l’economia, l’occupazione e le assicurazioni sociali. Sarebbero peraltro dei “falsi risparmi”: gli interventi rimandati o annullati diventerebbero urgenti in pochi anni causando ingenti costi supplementari.
Con il rialzo dei tassi d’interesse, deciso dalla Banca nazionale svizzera, cittadini e imprese potrebbero essere meno invogliati a chiedere un prestito e investire nel mattone...
Il rialzo dei tassi è un grosso problema soprattutto per gli investitori privati. Per quanto concerne le nuove edificazioni, abbiamo già notato un significativo calo e dunque ci appelliamo ai committenti pubblici per cercare di compensare questa riduzione. Fortunatamente, il settore della ristrutturazione e del risanamento energetico resta vigoroso, anche se la quota parte per noi è nettamente inferiore a quanto avviene per le nuove costruzioni.
I cantieri – come segnala la Suva – continuano a essere un posto di lavoro con un tasso elevato di infortuni. C’è un problema di sicurezza?
Il fattore di rischio nel nostro settore è elevato in quanto ogni posto di lavoro è diverso dall’altro, in costante evoluzione e le situazioni particolari sono difficilmente prevedibili. Gli sforzi fatti negli ultimi anni a livello di prevenzione sono stati importanti e hanno portato buoni risultati. Ci sono tuttavia margini di miglioramento soprattutto per quanto riguarda gli infortuni con conseguenze gravi. Per agire non servono nuove regolamentazioni e direttive specifiche, occorre invece migliorare la diffusione della cultura della sicurezza per ogni attore coinvolto nel complesso processo edificatorio. Ogni lavoratore dovrebbe guardare alla propria attività e a quella dei colleghi cercando di anticipare ed evitare situazioni di pericolo, che possono essere riconosciute grazie al senso pratico e alla formazione di base che ognuno dovrebbe aver ricevuto nell’ambito della sicurezza.
Le cause potrebbero essere i ritmi elevati per portare a termine il lavoro in breve tempo e con costi limitati?
La fretta non aiuta, anche se non credo in questa spiegazione. Un vero imprenditore non specula mai sulla sicurezza, anzi. Con i lavoratori siamo a volte confrontati con le cattive abitudini, la sottovalutazione del pericolo, la mancanza di ordine sui cantieri e la carenza nell’applicazione delle disposizioni di sicurezza previste dallo stato della tecnica. Per ridurre il problema occorre la collaborazione di tutti i professionisti presenti sul posto di lavoro.
Il settore ha difficoltà nel trovare manodopera qualificata. La professione è poco attrattiva dal punto di vista salariale?
Il settore principale della costruzione offre paghe di tutto rispetto. Un muratore con attestato federale di capacità ha uno stipendio minimo di 5’738 franchi per 13 mensilità, un capo cantiere di 6’082 franchi e il salario medio nella costruzione in Ticino supera i 5’000 franchi. I motivi che ci portano a una carenza di personale qualificato sono sicuramente altri e vanno ricercati in un certo cambiamento di mentalità dei giovani nei confronti delle professioni dell’artigianato edile e della costruzione che vengono spesso snobbate. Questa situazione potrebbe comportare la perdita di competenze professionali sul medio e lungo termine. Ora stiamo rivedendo l’intero sistema formativo. Si sta anche pensando a una nuova professione tra digitalizzazione e conduzione dei lavori edili, da proporre quale formazione di base.