Ticino

‘Grandi soluzioni alternative non ci sono’

Vitta sull'Ipct: ‘Con questa proposta tutti gli attori in gioco sono chiamati a uno sforzo’. Rotanzi (Ipct): ‘Altri Cantoni aumentano le prestazioni’

‘Il Cantone deve restare un datore di lavoro attrattivo’
(Ti-Press)
12 luglio 2023
|

«Questo tipo di intervento è anche quello che hanno fatto altre realtà confrontate con la stessa situazione. Grandi alternative non ci sono. Non fare nulla significherebbe arrivare a tagli delle rendite pensionistiche fino al 15 per cento, portando le prestazioni al limite della soglia minima prevista dalla Legge sulla previdenza professionale», afferma il direttore del Dipartimento economia e finanza Christian Vitta a proposito del Messaggio licenziato oggi dal Consiglio di Stato sulle misure di compensazione legate alla riduzione dei tassi di conversione dell’Ipct, la cassa di pensione dei dipendenti dello Stato. «Si tratta di mantenere le rendite attuali, che sono nella media nazionale, per chi ha una carriere piena», spiega Vitta. «Per i giovani non ci sono più le garanzie che c’erano in passato. Se non ci fossero le misure di compensazione contenute nel Messaggio il tutto si tradurrebbe per loro in una diminuzione delle prestazioni». La conseguenza sarebbero, inoltre, «una minore attrattività del Cantone come datore di lavoro».

La strada è ancora lunga con la possibilità, già ventilata da più parti, di portare il tema alle urne. «Proposte di questo tipo sono frutto di discussioni e confronti – dichiara il direttore del Dfe –. Si cerca una soluzione equilibrata. Tutti gli attori in gioco, ovvero il Cantone come datore di lavoro, i dipendenti e anche la stessa Cassa pensione, sono chiamati a fare un sacrificio. L’obiettivo finale è che nessuno si veda decurtare la rendita pensionistica oltre il 2 per cento».

Rotanzi (Ipct): ‘Ci avvicineremmo ai minimi previsti dalla Legge’

«Quello che è stato raggiunto è un buon compromesso. Siamo stati noi come Cassa a sollevare il tema, siccome tutto nasce dalla necessità di ridurre il tasso di conversione, che è di nostra competenza», afferma il direttore dell’Ipct Daniele Rotanzi. «Se non si facesse nulla diventeremmo nettamente i peggiori a livello di prestazioni. Anche rispetto alle prestazioni offerte dalle casse pensioni dell’Ente ospedaliero cantonale e della Città di Lugano. Ci avvicineremmo ai minimi previsti dalla Legge sulla previdenza professionale. Questo scenario non è difendibile e nemmeno serio. La stragrande maggioranza delle casse pensioni in Svizzera di Enti di diritto pubblico quando hanno abbassato il tasso di conversione hanno messo sul tavolo contributi (a carico sia del datore di lavoro che dei dipendenti) per rimpinguare il capitale e mantenere il livello delle prestazioni». L’esempio citato da Rotanzi è quello del Canton Grigioni, che un paio di anni fa in concomitanza all’abbassamento del tasso di conversione deciso dalla sua cassa pensioni «ha addirittura aumentato il livello delle prestazioni incrementando i contributi. Da noi invece non si tratta di migliorare ma unicamente di mantenere l’attuale livello delle rendite che già oggi si situa nella fascia medio-bassa in un confronto intercantonale. Si tratta di mantenere le prestazioni perlomeno a un livello dignitoso. I tempi della Rolls-Royce o delle prestazioni da privilegiati – afferma il direttore dell’Ipct – sono passati da un pezzo».

All’orizzonte c’è però un iter parlamentare che non si preannuncia semplice. E il referendum appare, come detto, scontato. «Nelle casse di diritto pubblico come la nostra, il CdA può unicamente decidere le prestazioni», spiega Rotanzi. «Quindi il rubinetto ‘in uscita’. Quello ‘in entrata’ invece è nelle mani del parlamento. Se la politica, o il popolo, dovesse rifiutare questo aumento dei contributi la cassa non potrebbe fare altro che abbassare i tassi di conversione. Questo vorrebbe dire che gli assicurati subirebbero un taglio delle prestazioni del 15%, dopo quello del 20% circa del 2013 quando si è passati dal primato delle prestazioni a quello dei contributi. Una riduzione di quasi il 40% in meno di vent’anni sarebbe qualcosa di probabilmente mai visto in precedenza da nessuna parte e sarebbe sicuramente un pessimo segnale da parte dell’ente pubblico». Detto ciò, «se si dovesse andare a votare spiegheremo le nostre ragioni e la bontà di questo compromesso. In questo senso segnalo che il Consiglio Comunale della Città di Zurigo l’anno scorso ha approvato l’aumento dei contributi di risparmio (di cui il 40% a carico dei dipendenti e il 60% a carico del datore di lavoro) per attenuare gli effetti della riduzione dei tassi di conversione in atto presso la sua cassa pensione (quindi una fattispecie del tutto analoga alla nostra) per 112 a zero!».

Leggi anche: