Oltre 1’100 iscritti alla Scuola di musica, 350 di 42 Paesi diversi alla Scuola universitaria. Brenner: ‘Gli stessi valori nella Città della musica’
Territorialità e internazionalità. È attorno a queste due pietre angolari che il Conservatorio della Svizzera italiana (Csi) intende portare avanti il proprio lavoro, e lo mette nero su bianco nel Rapporto 2022 pubblicato ieri. Un 2022 che ha visto, per la Scuola di musica (Smus), 1’109 iscritti, 1’829 lezioni impartite (teste), 967 lezioni individuali di strumento (teste), 788 lezioni di musica d’insieme (teste) e 74 lezioni bambino-genitore (teste). Ma che vede numeri interessanti anche per quanto riguarda la Scuola universitaria di musica (Sum), con 351 iscritti, 126 diplomati, 42 nazionalità, 6 programmi di formazione di base e 13 programmi di formazione continua.
Dicevamo. “Territorialità per il forte ancoraggio al territorio dei dipartimenti Scuola di musica e Pre-College, internazionalità per l’indispensabile orientamento internazionale della Scuola universitaria di musica”, scrive infatti il direttore generale della Fondazione del Csi Christoph Brenner. In verità, però, “la situazione è più complessa, perché territorialità e internazionalità sono due facce della stessa medaglia”. Il Pre-College, ricorda Brenner, “come scuola per i talenti ticinesi si è ormai posizionato in un contesto internazionale dove gode di una visibilità sempre più importante”. Ma anche la Smus “è più internazionale di quanto si possa pensare: non per i suoi allievi, quasi tutti ticinesi, ma per la qualità della formazione dei suoi docenti”. Oggi, riprende il direttore generale del Csi, “le competenze disciplinari sono una premessa indispensabile per poter iniziare una formazione pedagogica. Gli standard sono quindi sempre più internazionali in questo ambito, e la reputazione delle Scuole universitarie di musica svizzere è indubbiamente molto più alta che in passato”. La Sum, invece, “con studenti provenienti da oltre 40 Paesi diversi, si lega sempre più al territorio: i concerti e le prestazioni di servizio sul territorio sono numerosi”.
Su questi stessi valori “si basa il progetto della Città della musica. La volontà di creare una città ‘aperta’ alla popolazione, ai partner, ai vari stili e generi; il fatto di aver stilato delle dichiarazioni d’intenti, anche molto elaborate, con le eccellenze musicali presenti sul territorio e l’intenzione di allargare ulteriormente il cerchio; l’interpretazione della Città della musica come entità complementare al Lac, inserita in un contesto culturale e formativo locale e regionale: sono tutti elementi che sottolineano la vicinanza e l’identificazione col territorio”. Al contempo, ricorda Brenner, “il progetto dovrà acquisire una forte connotazione internazionale, dovrà essere – e sarà! – visibile, dovrà orientarsi a degli standard internazionali o, meglio ancora, riuscire a imporne di nuovi”.
La missione formativa della Smus invece, scrive il suo direttore Luca Medici, “non è solo quella di costruire le basi musicali per poter praticare attivamente la musica”. Ma per sfuggire a “una visione così conservativa della formazione musicale”, Medici elenca tre livelli che contribuiscono. Quello individuale, “perché gli allievi acquisiscono un metodo di studio (e di vita) che li aiuta ad autoregolarsi, a sviluppare proprie strategie di studio, a ricercare e prendere coscienza del proprio io, acquisendo maggiore dimestichezza con il pubblico e con la gestione delle proprie emozioni”. Quello sociale, perché – continua Medici – “attraverso la pratica del suonare/cantare insieme imparano a gestire l’ascolto e il rispetto dei ruoli musicali, facendo esperienza del raggiungimento degli obiettivi come gruppo”. Infine, c’è il livello culturale: “Si fanno esperienze spesso fuori dal comune, come la partecipazione a concorsi nazionali e internazionali, e si prende dimestichezza con progetti di musica nuova, opportunità formative che coniugano lo studio con l’esibizione e il viaggiare in Svizzera e in Europa (...). Che bella una società con cittadini sensibili, attenti e disposti ad assumersi responsabilità!”.
Quella della Scuola universitaria di musica, invece, è definita “una sonora presenza” dalla sua vicedirettrice Giulia Genini. Una presenza all’insegna di “un’offerta didattica diversificata di corsi e seminari, così come un’importante attività concertistica con programmi che spaziano dal barocco al contemporaneo, volta a fornire agli studenti un terreno di prova fondamentale per la loro futura professione”.