Lo scorso anno la Camera di protezione, presieduta dal giudice Damiano Bozzini, ha evaso oltre 170 incarti
Il 1o gennaio ha compiuto dieci anni. È la Camera di protezione ticinese. Operativa in seno al Tribunale d’appello dal 2013, quando è entrato in vigore il riformato diritto tutorio federale, è chiamata a svolgere fondamentalmente due compiti nel delicato settore delle tutele e delle curatele: delibera sui reclami contro le decisioni delle Autorità regionali di protezione e vigila, tramite ispettori, sul funzionamento delle stesse Arp. Nel corso del 2022 sui tavoli dei giudici sono finiti “193 nuovi reclami”, scrive Damiano Bozzini, alla testa della Camera da quasi un anno: è subentrato a Franco Lardelli, che ha dimissionato per la pensione dopo aver guidato l’organo giudiziario dalla sua istituzione. Per Bozzini, quella sull’attività 2022 della Camera di protezione, è dunque la prima relazione in veste di presidente. «Alla voce entrate si registra una tendenza all’aumento del numero di reclami», osserva il magistrato, raggiunto dalla ‘Regione’. Precisa Bozzini: «Il grosso dei 193 reclami pervenutici l’anno passato è stato presentato contro provvedimenti adottati dalle Arp, mentre una minima parte è stata inoltrata contro decisioni della Commissione giuridica in materia di assistenza sociopsichiatrica, in particolare contro ricoveri coatti».
La Camera ha evaso “173” incarti, un numero che ovviamente include anche reclami presentati prima del 2022. Alla fine dello scorso anno, si afferma ancora nel rendiconto, gli incarti pendenti erano “70”, di cui “due” sospesi. «La situazione di questa autorità giudiziaria è comunque buona», assicura il presidente.
Le sentenze della Camera sui reclami non sono definitive, possono quindi essere impugnate davanti al Tribunale federale. Ebbene, nel 2022, si segnala nel rendiconto stilato da Bozzini, il Tf “ha evaso 15 ricorsi contro altrettante decisioni della Camera, dei quali quattordici respinti o dichiarati irricevibili e uno parzialmente accolto”. Insomma, la stragrande maggioranza dei verdetti pronunciati dai magistrati della Camera di protezione è stata confermata dai giudici di Mon Repos.
E veniamo all’altro compito assegnato alla Camera, ovvero quello di vigilare, attraverso un proprio ispettorato, sul funzionamento delle Arp. Anche lo scorso anno, annota Bozzini, «abbiamo fornito consulenza e consigli alle Autorità regionali di protezione, per esempio con l’elaborazione di direttive a loro destinate». Il 2022, prosegue il magistrato,«ha richiesto un impegno straordinario in seguito all’afflusso, dai territori di guerra dell’Ucraina, di numerosi minorenni non accompagnati dai genitori: in collaborazione con le autorità federali, segnatamente la Segreteria di Stato dell’immigrazione e i servizi dell’Ufficio federale di giustizia, l’Ispettorato della Camera ha dato un contributo determinante nella raccolta dei dati rilevanti, poi trasmessi alle Arp competenti, per l’adozione delle necessarie misure». Ma «intenso è stato pure l’impegno sul fronte delle collaborazioni con le autorità centrali di Stati esteri nell’ambito dell’applicazione della Convenzione dell’Aia del 1996 sulla protezione dei minori e del 2000 sulla protezione degli adulti, in particolare per i collocamenti di minorenni in strutture protette all’estero, rispettivamente per prestare l’assistenza giudiziaria».
Il settore ticinese delle tutele e delle curatele è stato contrassegnato nel 2022 da una votazione popolare importante. Quella del 30 ottobre che – con il sì dei cittadini (ben il 77,5 per cento di coloro che si sono espressi) alla modifica della Costituzione cantonale – ha sancito, aderendo alla proposta di Consiglio di Stato e parlamento, il passaggio dall’odierno modello amministrativo – basato sulle sedici Autorità regionali di protezione, facenti capo ai Comuni – al modello giudiziario. Che contempla l’istituzione di Preture specifiche, le Preture di protezione. Saranno queste ultime ad applicare le misure di protezione per minori e adulti previste dal Codice civile: tutele, curatele, privazione dell’autorità parentale ecc. C’è dunque l’ok di principio al modello giudiziario e di conseguenza alla ‘cantonalizzazione’ del settore. Modello che si tratta ora di concretizzare.
La palla è così tornata nuovamente nel campo di governo e Gran Consiglio. A che punto siamo? «L’importanza della riforma approvata dal popolo ci ha portato come Dipartimento a chiedere un’audizione alla rinnovata commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’: è in programma per il 12 giugno – fa sapere, dal Dipartimento istituzioni, Cristoforo Piattini della Divisione giustizia, dove sta seguendo il dossier quale capoprogetto –. Sarà l’occasione per indicare i punti essenziali della riforma e la necessità di portarla quanto prima in Gran Consiglio. Nel contempo abbiamo elaborato una prima bozza di legge di procedura per il funzionamento delle future Preture di protezione: la sottoporremo a degli esperti prima di porla in consultazione pubblica. Come Divisione stiamo inoltre continuando i lavori riguardanti i cosiddetti prestatori di servizio delle autorità protezione, quali per esempio curatori, privati nonché pubblici, e periti». Aggiunge Piattini: «Tornando al presente, dunque al vigente modello amministrativo, diamo il nostro supporto ai Comuni per garantire l’attività corrente delle Autorità regionali di protezione in questa fase di transizione al modello giudiziario».