Le onoranze funebri ticinesi evidenziano la problematica: intervista al presidente Emiliano Delmenico che ci parla di cremazione e di nuovi ‘costumi’
Vi sono affetti indelebili, come quelli per i propri cari. Eppure, c’è chi, una volta passati ad altra vita, se li dimentica... in un’urna. Non sono un’eccezione, infatti, in Ticino le onoranze funebri che denunciano l’abbandono delle ceneri di persone morte: a cremazione avvenuta i parenti non tornano a riprendersi l’estinto. Un fenomeno che non può che preoccupare? «Ho degli armadi che contengono ceneri non ritirate – ci conferma Emiliano Delmenico, presidente dell’Associazione della Svizzera Italiana Impresari Onoranze Funebri –. La maggior parte risale agli anni 80-90, periodo nel quale le aziende di pompe funebri erano più permissive e accettavano di trattenerle per dare tempo ai familiari di scegliere il luogo di custodia. Ma il tempo passa e se le persone non vengono sollecitate c’è certamente chi si dimentica, chi fa finta di dimenticarsene, chi non vuole impegnarsi e rimangono lì...».
Si tratta di un discorso di proprietà: «Negli ultimi anni, le onoranze funebri non devono e non possono essere anche responsabili della destinazione finale delle ceneri, in quanto la proprietà rimane dell’erede – evidenzia la questione Delmenico –. Non possiamo dunque decidere o forzare la mano nel consegnarle all’ossario o al cinerario comune o in loculo. Però, è chiaro che se non veniamo delegati a compiere un certo gesto rimangono in un limbo. Per questo mettiamo un po’ di pressione ai familiari, accordiamo di trattenerle senza costi, ma possiamo anche arrivare a sollecitarli più volte così che al massimo in un paio d’anni queste ceneri abbiano trovato una destinazione».
Ma quali sono le ragioni? «Possono essere diverse. Alcune sono finanziarie, il classico familiare che organizza il funerale e poi non vuole pagare, rinuncia all’eredità così da non dover saldare il conto. Più raro il motivo della lontananza, ovvero il familiare che riparte all’estero e prende tempo e scuse nel tornare a concludere l’iter». Pare quasi che abbia più diritti una lavanderia, che dopo un determinato periodo di tempo può dar via gli abiti non reclamati: «È così. Se dovessi decidere di disperdere queste ceneri all’interno di un ossario e, dopo anni, dovesse arrivare un erede legittimo a reclamarle, credo che la potrebbe vincere lui. Non abbiamo una giurisprudenza, ma vi è comunque sempre il Codice penale svizzero». Speriamo non vi sia lo stesso problema con le salme... «Capita, ma poi interviene lo Stato di riferimento. La classica persona che viene a mancare su territorio svizzero e non ha alcun familiare. Non stiamo parlando dei clochard americani, ma di una persona che muore in Ticino e non ha un erede diretto a cui si può imporre una decisione di questo tipo, ma parenti magari alla lontana su cui neanche lo Stato può imporre questo carico. Per questioni sanitarie, le salme, dopo un mese di giacenza in una struttura refrigerata, trovano dimora al cimitero, solitamente si opta per la sepoltura piuttosto che la cremazione, proprio per permettere anche in futuro di reclamare il corpo da parte dei possibili eredi».
La cremazione registra in Svizzera un dato fra i più alti d’Europa, fra l’80 e l’85%. Si tratta di un mutamento dei costumi della società o d’altro, magari di spazio? «In Ticino, grossi problemi all’interno dei cimiteri non ve ne sono ancora. La cremazione nel nostro cantone ha preso piede già dagli anni 60. Quasi tutti gli enti comunali si sono adattati edificando loculi e ottenendo spazi destinati alle ceneri. Certo che resta un problema perché andare ad allargare un cimitero per seppellire le persone è sempre più difficile in quanto gli spazi intorno sono stati fagocitati dai paesi e dalle città. L’edificazione dei loculi, invece, avviene in verticale e occupa perciò meno spazio. Su una pianta dove è possibile seppellire una decina di salme, vi sta anche una quarantina di loculi. Vero è che alcuni Municipi rimangono un po’ indietro nel pianificarli, perché vi è forse una carenza nella consulenza cimiteriale. Va poi detto che lo strumento del regolamento dovrebbe essere usato meglio. Un esempio? Se si concede il diritto al loculo per 99 anni è necessario pianificare molto bene l’edificazione, diversamente per 20 o 30 anni dove il familiare è chiamato, se possibile, a rinnovare la concessione o a prendere le ceneri e a portarle a casa o all’ossario. Possiamo certamente parlare di un mutamento di filosofia rispetto alla morte per cui il familiare non riconosce più il luogo del ricordo esclusivamente nel cimitero».
Dalla terra ai loculi, ora sempre più si opta per le urne: «Credo che l’ultimo Comune che è andato a edificare loculi per le bare sia stato Morbio Inferiore. Ora ne sta edificando di nuovi Vico Morcote, ma sono sempre meno. Ai Comuni di principio sconsiglio quelli per le bare, primo perché non vi è più quella grande richiesta, poi perché dal punto di vista igienico non sono mai la situazione ideale. Massagno aveva grossi problemi in tal senso. Oppure come Sorengo dove una decina di anni fa sono stati convertiti in loculi cinerari. A livello di volume dove ci sta una bara ce ne stanno almeno una quarantina; il problema è la lastra esterna, che ha un evidente limite di spazio per i nomi».
Chissà anche come sono cambiate le richieste: «Sono aumentate nettamente le volontà di disperdere le ceneri, anche se in Svizzera la legge dice che i defunti vanno collocati in un cimitero. Quando ho formulato una domanda all’Ufficio aria, acqua e suolo, nello specifico per i corsi d’acqua, mi è stato risposto che di principio non si dovrebbe fare perché si inserisce materiale biologico non appartenente in modo naturale a quello specifico ambiente. Però vi è tolleranza». C’è una soluzione? «Stiamo proprio lavorando con il Dipartimento del territorio per verificare se non sia possibile creare il cosiddetto Bosco dei ricordi. Aumentando il desiderio di portare le ceneri in natura, come fatto negli altri cantoni, si studia la pianificazione di una zona naturale che permette alle persone di essere sì rispettose dei desiderata dei propri cari, ma anche della legge. Sono stati fatti dei sopralluoghi pensando a un luogo che potesse unire tutto il Ticino come il Monte Ceneri che deve comunque avere determinate caratteristiche di accessibilità, centralità, comodità, sicurezza».
Un discorso che resta aperto: «In Svizzera possiamo dare in mano le ceneri a un familiare senza grosse formalità. In Italia invece subentra l’autorità comunale che pone un controllo, così come la dispersione che è autorizzata secondo determinate regole. Da noi arriva la signora Bernasconi, ci chiede le ceneri del marito e noi gliele diamo, ma poi? Nessuno controlla. Certo è assodato che le ceneri non hanno alcun impatto nocivo sulla salute delle persone e nemmeno sulla natura. Anzi hanno peculiarità positive. Ricordo, invece, il caso di Zurigo quando trovarono delle anfore non biodegradabili sul fondo del lago». Richieste quantomeno originali? «Qualcuno chiese di essere disperso con l’elicottero – chiosa Delmenico –. Pare facile, ma tecnicamente non è evidente, bisogna farlo con volo stazionario, si rischia che le ceneri entrino nel motore. C’è chi, invece, ha optato per la mongolfiera».