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‘Amministrazione da riformare. Serve un Lago d’Orta bis’

Il presidente uscente della Gestione Fiorenzo Dadò traccia un bilancio dell’anno commissionale: la collaborazione con il governo va migliorata

Occorre ripensare tutto
(Ti-Press)
28 marzo 2023
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«Ci vorrebbe un Lago d’Orta bis. Quel lago piemontese, a due passi dal Ticino, sulle cui rive nel dicembre del 1991 il Consiglio di Stato di allora si riunì per riformare Dipartimenti e Amministrazione. Ebbene io credo, anzi sono convinto che dopo oltre trent’anni è necessaria una nuova riforma dell’Amministrazione cantonale. Per adeguarla ai tempi e alle esigenze attuali, che sono cambiate in modo radicale. Per migliorare gestione e controllo su più fronti, per esempio in ambito finanziario e nella politica del personale. Se non ci sarà una profonda riorganizzazione della macchina Stato e dell’azione dello Stato, si resterà fermi al palo e si continuerà in eterno a discutere di più sgravi e di più imposte». Fiorenzo Dadò, deputato del Centro, sta per chiudere i dodici mesi di conduzione della Gestione, la più importante commissione del Gran Consiglio. La fine della presidenza coincide con la conclusione della legislatura. ‘laRegione’ lo ha intervistato in questa veste, quella appunto di presidente, ancora per poco, della ‘Gestione e finanze’.

Un nuovo Lago d'Orta perché?

Lo Stato non lo si riforma con qualche regolamento in più o in meno. Perché sia più efficiente nell'erogare servizi per i cittadini, perché il clima di lavoro al suo interno sia migliore e i propri collaboratori più motivati, l’Amministrazione cantonale va almeno in parte ripensata. Oggi il dipartimentalismo è molto, troppo forte. Si lavora a compartimenti stagni, orticelli che non hanno più ragione d’esistere nel 2023. Mettiamola così, i singoli cinque ministri lavorano molto e bene, ma non riescono ad avere una visione complessiva dello Stato. La conseguenza: l’azione del governo risulta indebolita e in parlamento ci sono troppe discussioni.

Rimedi?

Uno potrebbe essere la rotazione sistematica dei Dipartimenti, tutti avrebbero presto o tardi la responsabilità di tutti i settori, apportando nuova linfa e nuove visioni. Non si capisce infatti il motivo per cui debbano essere guidati per anni e anni, addirittura per più legislature, dalle stesse persone, dagli stessi partiti. Il vantaggio di una rotazione periodica dei consiglieri di Stato in carica al vertice dei Dipartimenti? Eviterebbe anche di considerare questo o quel Dipartimento un proprio feudo. Il che non è poco.

Ma sono gli stessi consiglieri di Stato a sostenere che nei Dipartimenti di cui sono titolari ci sono dossier che non si possono chiudere nel giro di poco tempo, che vanno seguiti per poter essere concretizzati nel migliore dei modi, che ci sono proposte di riforme che si trascinano per anni, anche per colpa del Gran Consiglio dove certi progetti si arenano…

Capisco, ma non deve essere un alibi. La rotazione può stimolare il singolo consigliere di Stato a fissare delle priorità nella trattazione dei dossier di sua competenza. E poi non dimentichiamoci di una cosa. Un ministro è un politico e non lavora da solo: con lui collaborano capidivisione, funzionari e uffici.

Come valuta l’audit esterno sull’ex funzionario del Dss, uno dei grossi temi trattati dalla Gestione? Può dire qualcosa in più rispetto alla recente conferenza stampa?

Sul commissionare questo audit non c’era condivisione politica, ed è stato finalmente possibile trovare una maggioranza anche grazie al contributo della stampa e soprattutto al coraggio di alcune vittime. ll Consiglio di Stato avrebbe dovuto agire diversamente, così come oggi avviene per i casi di pedofilia: chiedere pubblicamente a chiunque abbia avuto dei problemi con quel funzionario, di farlo sapere a una persona di fiducia. Questo caso è l’ulteriore dimostrazione che quando vi sono situazioni delicate concernenti l’Amministrazione è necessario far capo a un ente esterno, indipendente, senza legame alcuno. L’inchiesta amministrativa – disposta dal Consiglio di Stato e condotta dal giurista del governo e dal Cancelliere dello Stato – era giunta alla conclusione che nulla poteva essere rimproverato ai funzionari che si erano occupati del dossier riguardante l’allora collaboratore del Dss. Il successivo audit – deciso e commissionato dal Gran Consiglio, su proposta della Gestione, a uno studio legale ginevrino di comprovata esperienza in materia – è pervenuto a conclusioni diametralmente opposte. Il governo, insomma, ha sminuito la gravità della situazione, pensando forse di proteggere l’immagine delle Istituzioni. Ha però ottenuto l’effetto contrario e l’immagine ha subito un ulteriore danno. Ma vorrei citare un altro caso che secondo me rende opportuno il ricorso, per quel che concerne i controlli, a enti esterni all’Amministrazione.

Quale?

Lo scandalo Argo 1. La prima disfunzione riscontrata era il pagamento delle fatture da parte del Cantone senza i necessari approfondimenti della Sezione delle finanze. Una vicenda che avrebbe dovuto indurre il Consiglio di Stato a commissionare un’analisi esterna e indipendente per trovare le lacune e adottare i giusti correttivi. Il governo di allora ha anche in quel caso fatto tutto al suo interno, tramite il Controllo cantonale delle finanze. Che all’epoca ha fornito al parlamento documentazione eufemisticamente poco comprensibile.

Dall’audit emerge o no un problema di politica del personale nell'Amministrazione cantonale?

Sì, emerge, come riferito dall’avvocata Maier in conferenza stampa. Oggi non c’è una politica di gestione del personale. La Sezione cantonale delle risorse umane, la Sru, si occupa di formalizzare le assunzioni, di erogare gli stipendi e delle assicurazioni sociali dei collaboratori. Ma, nonostante la sua denominazione, non ha gli strumenti per occuparsi della gestione del personale. Personale che andrebbe attentamente ascoltato, aiutato se necessario, stimolato a fare meglio e quindi motivato, e adeguatamente formato affinché sappia qual è la sua missione, che è quella di essere al servizio dei cittadini. La Sru, a mio modesto parere, dovrebbe essere un ente autonomo, indipendente. Il che non sarebbe una novità, visto che in passato lo si è fatto per gestire ad esempio gli ospedali pubblici. Quale ente autonomo, la Sru dovrebbe secondo me occuparsi anche delle assunzioni, nel senso che il Consiglio di Stato le fornisce i profili che cerca e la Sru propone al governo di assumere i candidati e le candidate che ritiene idonei dopo le varie selezioni, in base esclusivamente alle competenze.

In questi anni si è sentito di casi o di presunti casi di mobbing o bossing…

Purtroppo sì e non sempre vengono risolti. Lo Stato non può tollerare queste situazioni, questa sofferenza tra i propri collaboratori. Non è ammissibile, se c’è qualcuno che mortifica i collaboratori va senza remore allontanato. Lo Stato ha una grande responsabilità nel risolvere questo tarlo, deve dare il buon esempio.

Lei ha proposto l’istituzione di una Corte dei conti. Se ci fosse, sarebbe necessario appellarsi a periti esterni?

Una Corte dei conti è uno strumento di garanzia molto utile, darebbe anche delle indicazioni, vincolanti, in quanto provenienti da magistrati, sull’uso del denaro pubblico. Per alcuni dossier e relativi controlli, il ricorso ad altri enti esterni, indipendenti, resterebbe comunque necessario.

Quali riflessioni accompagnano la fine del suo anno di presidenza della Gestione?

Che resta una commissione lenta, ci sono dossier pendenti da mesi che non sono ancora arrivati in parlamento, come quello dell’acquisto dello stabile ex Efg, un investimento che, compresa la riattazione di Palazzo di giustizia, supera i 200 milioni di franchi. Anche se per me non si tratta di una priorità, occorre decidere. Norman Gobbi ha detto in tv che i giudici finirebbero nelle baracche… ma questa è demagogia: i magistrati oggi lavorano in uffici dignitosi, nessuno è sotto i ponti. Per quanto riguarda gli aspetti di gestione finanziaria, il giudizio è in chiaroscuro. Ad esempio la collaborazione con il governo è stata buona ma non risolutiva, con riunioni dall’utilità dubbia, dove sostanzialmente ci veniva riportato quanto avevamo già letto sulla stampa il giorno prima. La collaborazione può essere migliorata, sono stato relatore del rapporto sul Preventivo, che il governo ci ha chiesto di portare in aula senza apportarvi modifiche, così come ci è stato presentato. L’abbiamo fatto, con tutte le riserve del caso, in particolare sugli importi in arrivo dalla Banca nazionale, per poi qualche giorno dopo avere la conferma che quegli importi non sarebbero arrivati. Questo ha messo in difficoltà il cantone. Oggi constatiamo che mancano 137 milioni per il Ticino, ma nel contempo vediamo che vengono stanziati miliardi su miliardi per Credit Suisse. Ogni altra parola è superflua.

Il direttore del Dfe Christian Vitta da noi intervistato ha detto che la manovra si aggirerà sui 150 milioni di franchi. In attesa di conoscere i dettagli, cosa pensa del primo pacchetto di misure deciso dal governo?

Mi sembrano misure un po’ affrettate, il Consiglio di Stato delega la responsabilità politica ai funzionari, dicendogli di fare dei tagli, ma non è il loro compito. Dire alle divisioni che sui funzionari partenti bisogna risparmiare il 20%, senza indicare delle priorità, vuol dire ancora una volta non fare delle scelte e abdicare dal proprio ruolo. Come abbiamo scritto nel rapporto commissionale sul Preventivo, il governo, il parlamento e ancor meno l’Amministrazione, non riusciranno a trovare misure strutturali per raddrizzare le finanze. Sono in Gran Consiglio da 17 anni e in questi anni la spesa annua è aumentata di oltre un miliardo di franchi. Gran Consiglio e Consiglio di Stato in passato hanno tentato di porvi rimedio, ma è stato un esercizio riuscito a metà. Non mi illudo, arriveranno certo delle misure, ma saranno come quelle già viste in passato. Temo che non verrà fatto alcun discorso sulle priorità come neppure sul tipo di politica che vogliamo fare per il futuro di questo cantone. Resto convinto che per risolvere la situazione è necessario agire per priorità. Se decidiamo ad esempio che dobbiamo investire nell’innovazione tecnologica, allora bisogna mettere a disposizione centinaia di milioni di franchi in quella direzione e non fermarsi ai piccoli incentivi che di fatto non modificano la situazione. Ma per trovare i soldi necessari non si possono certo tassare di più le persone, pertanto occorrerà fare delle scelte, diminuire o dismettere altri compiti non prioritari.

Non è un pregiudizio da parte sua affermare che nella manovra che sarà presentata dal prossimo Consiglio di Stato non ci sarà niente di concreto e con dell’orizzonte?

Domanda legittima, ma la mia esperienza mi dice che non sarà così semplice come affermano alcuni. Vedremo, ben felice di essere smentito a settembre.

In un contesto dove il Gran Consiglio continua a chiedere o nuovi compiti e nuove uscite, o di far diminuire le entrate. A volte succede con fieri sostenitori del ‘Decreto Morisoli’. Non trova ci sia molta incoerenza?

Premetto che se dovessimo fare il calcolo preciso, non c’è alcuna proporzione tra il minuscolo aumento di spesa deciso autonomamente dal Gran Consiglio rispetto a quanto proposto dai Dipartimenti. Non è ad esempio il parlamento che decide l’aumento del numero di funzionari pubblici o la creazione di uffici ex novo. In tutti i casi è legittimo che i parlamentari facciano delle proposte che ritengono utili per la popolazione, poi tocca al governo fare le proprie valutazioni. La politica di sgravi a raffica e tagli lineari invocata da alcune forze politiche per tentare di dissanguare l’ente pubblico e obbligarlo a far risparmi, è una politica miope che non porta a niente se non mettere i difficoltà i cittadini. Quello che bisogna essere in grado di fare tutti assieme è fare delle scelte vere, stabilire indirizzi, priorità e poi dire alla popolazione dove vogliamo traghettare nel prossimo futuro il cantone.