Il Gran Consiglio ha deciso (46 voti a 41) di potenziarne l’insegnamento introducendolo nella griglia oraria un anno prima rispetto ad ora
In futuro l’insegnamento del tedesco approderà sui banchi della scuola ticinese un anno prima rispetto a quanto avviene ora. Lo ha deciso il Gran Consiglio approvandone l’introduzione in prima media col favore di 46 deputati contro 41. Il voto dell’aula parlamentare ha rispecchiato la divisione creatasi nella commissione parlamentare ‘Formazione e cultura’ da cui sono usciti due rapporti: quello di maggioranza sottoscritto da Plr, Lega e Udc, e quello di minoranza sottoscritto da Centro, Ps e Verdi che pure chiedeva di potenziare l’insegnamento della lingua ma attraverso otto piste alternative.
Cinque sono gli atti parlamentari sul tema trattati dalla commissione. Ad aprire il discorso era stata una mozione di Monica Duca Widmer (Ppd) del 2009 per un’‘Educazone all’insegna del plurilinguismo’, a cui nel 2017 ne è seguita un’altra dei liberali radicali: «Sono passati ben 6 anni da quando con il collega Fabio Käppeli ed esponenti di vari partiti abbiamo presentato una mozione per anticipare e potenziare l’insegnamento del tedesco nelle scuole dell’obbligo – ha ripercorso Alessandra Gianella –. Nel frattempo i Giovani liberali radicali hanno lanciato una petizione analoga che ha raccolto oltre 4’300 firme e anche il Consiglio cantonale dei giovani (Ccg) ha messo l’accento su questa necessità, a dimostrazione de fatto che il tema è sentito in particolar modo dai giovani». Gianella ha evidenziato come pure Aiti nel proprio Piano strategico chieda questo anticipo. «A riprova di quanto il tedesco sia fondamentale anche per il mondo professionale c’è il fatto che in Svizzera oltre quattro milioni di persone lo parlino sui posti di lavoro. Ma anche a livello sociale la sua conoscenza facilita la coesione e la comunicazione con i cittadini di Oltregottardo e amplia le scelte universitarie».
Il co-relatore del rapporto di maggioranza Michele Guerra (Lega), parlando dei lavori commissionali, ha spiegato come si siano arenati dinanzi «a un nodo impossibile da sciogliere. Emergevano sempre due fazioni, una per l’anticipo del tedesco e l’altra che seguiva la visione contraria del Decs. Nel mentre le cose scorrevano – il riferimento è alle richieste del Ccg e di Aiti –, la società civile si muoveva e pure il territorio cantonale si evolveva avvicinandosi sempre più alla Svizzera tedesca. Lo stesso faceva l’economia. Ora è innegabile un ruolo oggettivo e fattuale di preminenza del tedesco sul francese». E in relazione alla proposta elaborata ha aggiunto: «Ci siamo limitati a indicare genericamente il mero termine cronologico di un anticipo di 12 mesi lasciando che sia il mondo della scuola a decidere le modalità di attuazione». L’altra co-relatrice di maggioranza Diana Tenconi (Plr) ha voluto rimarcare «a scanso di equivoci che in nessun modo si intende mettere in pericolo la lingua italiana».
La co-relatrice del rapporto di minoranza Maddalena Ermotti Lepori (Centro) ha dal canto suo premesso di essere convinta dell’importanza di difendere il plurilinguismo svizzero. «È utilissimo migliorare l’apprendimento del tedesco perché non è ottimale, e proprio per questo abbiamo formulato le nostre otto proposte che hanno il merito di non stravolgere la griglia oraria in prima media già molto carica e di non sacrificare altre materie». Le richieste erano di potenziare i corsi di recupero in tedesco; offrire dei doposcuola tenuti in tale lingua; proporre dei corsi full-immersion durante l’estate; mettere in atto le previste settimane full-immersion. E ancora: potenziare gli scambi linguistici; rafforzare il tedesco oltre che eventualmente l’inglese in terza e quarta media; monitorare la situazione dell’apprendimento delle lingue e identificare le esigenze di aggiornamento dei docenti; inserire l’insegnamento del tedesco anche in quegli apprendistati che oggi non lo prevedono.
«Sono proposte modulabili sui bisogni dei giovani e delle famiglie che permettono di fare approfondimenti sulle lingue, anche in inglese, e rivolte pure agli apprendistati», ha osservato l’altra co-relatrice di minoranza Anna Biscossa (Ps) che ha definito la proposta della maggioranza «improvvisata e inutile». Contraria alla soluzione dell’anticipo anche il resto della sinistra. Per Giulia Petralli (Verdi) la scuola dell’obbligo non deve essere pensata in funzione del mercato del lavoro e delle sue carenze. Anche Simona Arigoni (Mps) ha criticato quello che ha definito un approccio orientato all’interesse del mercato del lavoro e un modo di agire empirico privo di una chiara concezione. L’accusa di giocare con la griglia oraria e di mettere a rischio l’italiano è arrivata da Massimiliano Ay (Pc). A difesa del francese sul primato del tedesco si è invece schierata Maura Mossi Nembrini (Più Donne).
Il rapporto di maggioranza è stato adottato senza il capitolo in cui si concedeva che l’insegnamento nelle scuole private potesse avvenire per il tramite delle tre lingue nazionali e dell’inglese in quanto Paolo Pamini (Udc) ha ritirato la propria iniziativa che andava in tale direzione «alla luce delle resistenze delle ultime settimane». Tra queste il contributo del coordinatore del Forum per l’italiano in Svizzera e già direttore della Divisione scuola Diego Erba pubblicato su ‘laRegione’ e gli emendamenti per stralciare la proposta di Raoul Ghisletta (Ps). Ma Pamini ha assicurato: «Nella prossima legislatura faremo una nuova proposta, riservandoci la via dell’iniziativa popolare, perché siamo stufi di questo approccio statalista e monoculturale». Di Pamini era anche il quinto atto parlamentare che chiedeva l’insegnamento del tedesco come prima lingua nazionale.
Grande la soddisfazione dei Giovani liberali radicali per l’esito della votazione che in un comunicato stampa firmato dal presidente Daniel Mitric dal titolo ‘Finalmente un Ticino più svizzero’ hanno considerato che con tale decisione "si permette alle future generazioni di poter godere di un insegnamento al passo con i tempi della prima lingua nazionale".
Sugli scudi il direttore del Dipartimento educazione, cultura e sport Manuele Bertoli: «Abbiamo davvero un problema? O siamo nel campo dei problemi percepiti? Io credo che un parlamento debba occuparsi dei problemi oggettivi». Che per Bertoli non comprendono la questione del tedesco: «In Ticino abbiamo tre lingue seconde alle medie, sacrificando già molte cose: è un buon equilibrio». Più tedesco va bene, ma non così. «È davvero la cura adeguata per l’obiettivo? Quella proposta è una risposta quantitativa, banale e meccanica, secondo la quale mettere più ore porta a più competenza», ha rincarato Bertoli. Che snocciola le sue rimostranze: «Minimo vanno messe due ore. Non possiamo toccare il francese, e nemmeno l’educazione fisica. Non è ragionevole toccare materie che hanno due ore, come geografia, storia, arti plastiche, educazione visiva, educazione musicale. Non possiamo toccare l’ora di classe. Restano tre opzioni: italiano, matematica, scienze. E in nome di cosa? Di forse un non problema e di una risposta quantitativa? La cura è peggiore del male». E ne ha avute anche per il Plr, pur senza menzionarlo direttamente: «Bisogna avere il coraggio di disamorarsi dei propri pallini, l’idea che sta dietro al potenziamento quando si traduce in una misura che produce effetti collaterali maggiori». E ancora: «La scuola dell’obbligo non ha come prima finalità il preparare i lavoratori del domani, ma i cittadini del domani».