Iniziativa Arslan, il governo contrario all’abbassamento dell’età: ‘Occorre rifarsi a quella che la legislazione considera determinante’
Bellinzona risponde picche: il Consiglio di Stato dice no all’abbassamento del diritto di voto da 18 a 16 anni. È quindi "contrario" al progetto di modifica della Costituzione federale messo a punto dalla Commissione delle istituzioni politiche (Cip) del Consiglio nazionale. Progetto che deriva dall’iniziativa inoltrata nel 2019 dalla deputata basilese dei Verdi alla Camera del popolo Sibel Arslan volta a riconoscere, in materia federale, il diritto di voto e di elezione già dal sedicesimo anno di età. Dopo il (secondo) via libera, lo scorso marzo, del plenum del Nazionale all’iniziativa parlamentare e su incarico di quest’ultimo, la Cip ha stilato il progetto poi posto in consultazione. Che prevede appunto di ridurre di due anni l’età minima per votare sui temi federali e per poter lanciare e firmare iniziative e referendum. Quanto all’eleggibilità, nulla invece cambierebbe: 18 anni almeno per poter essere eletti al Consiglio nazionale, al Consiglio federale e al Tribunale federale.
Stando al governo ticinese, il diritto di voto a partire già dai 16 anni non si giustificherebbe, per più motivi. "Innanzitutto – scrive – rileviamo che in tutti i Cantoni, a eccezione del Cantone di Glarona, il popolo finora ha respinto l’abbassamento dell’età del conferimento del diritto di voto". Non solo. Richiamando la legislazione svizzera per ciò che attiene ai diritti e ai doveri dei cittadini, "il limite è di regola posto a diciotto anni". Il Codice civile, per esempio, "stabilisce che è maggiorenne chi ha compiuto diciotto anni. Solo questi ultimi, purché siano capaci di discernimento, godono dell’esercizio dei diritti civili". Ebbene, "è naturale che l’età per l’esercizio dei diritti politici sia allineata a quella che nel diritto civile viene considerata la soglia per la quale si ritiene che il giovane abbia acquisito una maturità sufficiente per partecipare autonomamente alla vita giuridica e per acquistare diritti e contrarre obbligazioni con atti propri".
E ancora: non sarebbe sufficiente, annota l’esecutivo cantonale, dimostrare che "vi siano dei sedicenni che possono essere considerati abbastanza maturi per recarsi alle urne": bisogna anche "essere consapevoli che non vi è un’età identica per tutte le persone che definisce il passaggio a una sufficiente maturità civica: questo momento non potrebbe nemmeno essere determinato, perché questa maturità civica è frutto di un processo di evoluzione della persona e della sua personalità con l’acquisizione di nozioni e di esperienze che la vita porta con sé". Pertanto "occorre riferirsi all’età che il diritto vigente considera determinante nei principali ambiti in cui sono stabiliti i diritti e i doveri dei cittadini". Di più. Per il Consiglio di Stato è "positivo che i giovani esprimano le loro idee e opinioni e che si interessino in modo appassionato ad alcuni temi anche senza beneficiare dei diritti politici: non reputiamo però giustificato partire da questa argomentazione per abbassare l’età del conferimento dei diritti politici". Il coinvolgimento nel dibattito pubblico, l’organizzazione e la partecipazione a manifestazioni "costituiscono delle attività politiche che consentono ai giovani di acquisire esperienze che poi potranno sfruttare in seguito". Aggiunge il governo: "Pur partecipando in gran numero, i giovani che presenziano a manifestazioni non costituiscono la maggioranza degli stessi. Da parte dei sedicenni e dei diciassettenni non sembra esserci un interesse incondizionato all’ottenimento del diritto di voto. Il loro interesse a partecipare attivamente alla vita politica, nell’insieme, non deve essere sopravvalutato". Oltre alla maturità "è opportuno che la persona abbia acquisito un bagaglio minimo di esperienze e conoscenze". Le quali "contribuiscono a comprendere in misura maggiore gli oggetti posti in votazione e permettono di ponderare meglio il voto. D’altronde, spesso vi sono temi complessi, e le conseguenze di un’accettazione o di un rifiuto non sempre sono facilmente individuabili, nemmeno per le persone adulte".
Dichiara da noi interpellato Ilario Lodi, direttore di Pro Juventute Svizzera italiana: «Resto dell’idea che l’abbassamento dell’età per l’esercizio del diritto di voto sia un’occasione per realizzare, concretamente, uno dei principi fondamentali della democrazia: la partecipazione. Semmai studiamo come offrire ai 16enni e ai 17enni esperienze per accrescere in loro l’interesse per la cosa pubblica e maturare quella sensibilità che secondo il governo mancherebbe, a prescindere, ai ragazzi e alle ragazze». Marco Profeta, presidente dei Giovani del Centro/Ppd: «Condivido la posizione del Consiglio di Stato, anche se non siamo contrari a priori al diritto di voto per i 16enni». Il problema è che «si creerebbero delle distorsioni. Avremmo una società dove un ragazzo di 17 anni non può bere una birra o guidare la macchina ma si può esprimere in votazioni importanti». Per Profeta bisognerebbe inoltre capire «se i giovani siano davvero interessati alla politica in tutte le sue diverse tematiche. La questione ambientale è sicuramente molto sentita tra i ragazzi, ma lo sono anche previdenza sociale e finanze pubbliche? Per noi la priorità non è il voto ai 16enni, ma temi come la salute mentale e la fuga di cervelli».
Daniel Mitric, presidente dei Giovani liberali radicali ticinesi: «Penso sia un po’ semplicistico limitarsi a dire che va bene lo status quo perché è quanto prevede l’attuale regolamentazione. Una modifica costituzionale, se accettata, comporterebbe infatti di riflesso un probabile cambiamento di tutto l’assetto legislativo». Mitric condivide invece l’importanza – evidenziata dal Consiglio di Stato – di avere un bagaglio d’esperienza e conoscenza solido prima di avere accesso al diritto di voto. «Passi avanti sono stati fatti con il rafforzamento dell’insegnamento della civica nelle scuole. Si deve allora aprire un dibattito serio sul diritto di voto ai 16enni. La società è cambiata e dobbiamo evitare una gerontocrazia. In altre parole, dobbiamo impegnarci affinché i giovani possano dare il proprio contributo al Paese». Per il presidente di Glrt una buona soluzione sarebbe quella di procedere gradualmente. «Andrebbe concesso il diritto di voto ai 16enni inizialmente a livello comunale e cantonale, che generalmente tratta tematiche più tangibili e gli effetti sono visibili sul territorio. Gli oggetti federali – come abbiamo visto di recente – sono invece più complessi e tecnici». Laura Guscetti della Gioventù socialista: «Sono delusa dalla presa di posizione del Consiglio di Stato. Il voto ai 16enni sarebbe un passo importante. Le tematiche politiche principali in questo momento riguardano un futuro a lungo termine. È quindi importante discuterne anche con chi quel futuro si troverà a viverlo nel pieno della sua vita». Un tema su tutti: come affrontare il cambiamento climatico: Gli scioperi, le prese di posizione e le proposte concrete mostrano come anche i 16enni sono interessati a partecipare al dibattito. Non possiamo circoscrivere questa partecipazione a un modo per fare esperienza politica». Guscetti tiene però a precisare che «i giovani non pensano solamente al cambiamento climatico. I dati più recenti mostrano un aumento dei problemi di salute mentale tra i ragazzi. Come pensiamo di poter affrontare efficacemente questo dossier senza discuterne con la fascia d’età direttamente interessata dal problema?».