Bocciata dal Gran Consiglio l’iniziativa Ps ‘Limitiamo i premi per il ceto medio’. Dal dibattito è emersa una preferenza per la deducibilità fiscale
È andato in scena solo il primo tempo, ma l’esito della partita pare ben delineato: finirà 0 a 1 la "classica divergenza ideologica" tra sussidi e sgravi per alleggerire l’impatto dei premi di cassa malati sui cittadini ticinesi che il prossimo anno sarà più gravoso che mai. Il dato certo è la sconfitta per l’iniziativa parlamentare generica ‘Limitiamo i premi per il ceto medio e rendiamo accessibile l’aiuto agli aventi diritto!’ presentata dalla copresidente del Ps Laura Riget e cofirmatari nel 2019 e bocciata oggi dal plenum del Gran Consiglio per 53 a 21 (5 astenuti). Stando ai discorsi in aula ha invece buone probabilità di spuntarla l’iniziativa promossa dal centro-destra che arriverà sui banchi del parlamento nella sessione di dicembre e prevede la deducibilità fiscale dei premi per ogni figlio a carico.
Tornando al presente, non c’è stato nulla da fare per la proposta della sinistra che constava di tre richieste: allargare le fasce di reddito che avrebbero beneficiato della riduzione dei premi; diminuire o abolire la quota residua a carico degli assicurati e agevolare l’accesso ai sussidi. «Nuovo anno, stessa storia» ha esordito Laura Riget nell’argomentare la validità della propria iniziativa, ricordando come poche settimane fa sia arrivato l’annuncio dei premi di cassa malati per il 2023 che colpirà in modo particolare il Ticino con un aumento medio del 9,2% rispetto alla media svizzera del 6,6%. «Questo in un cantone con i salari più bassi del Paese, in cui sempre più persone fanno fatica», e a cui si aggiungono i numerosi rincari, ha specificato Riget. «Una situazione che non dovrebbe lasciare indifferente la politica. Occorre rendersi conto della sua gravità e disporre degli aiuti economici di urgenza straordinari». Citando poi lo studio della Supsi commissionato dal Consiglio di Stato sul tema, ha rilevato come le persone più colpite dagli aumenti siano quelle che per poco sono fuori dalla soglia per accedere ai sussidi, «in particolare le persone sole e le coppie senza figli che superano in modo sistematico il 10% del reddito disponibile per pagare i premi. Adesso abbiamo possibilità di fare un primo passo per sostenere concretamente il ceto medio in modo mirato».
Di ben altro avviso il liberale radicale Matteo Quadranti, relatore del rapporto di maggioranza accolto dal parlamento: «Ci sono due vie per venire in aiuto alla riduzione del costo dei premi per i cittadini – ha sostenuto –: continuare a sussidiare con uno Stato assistenziale e a spendere anche irrazionalmente o in modo irragionevole, oppure contenere gli aumenti dei costi e ragionare su più livelli e misure per ridurre gli sprechi di prestazioni fornite ma anche richieste. La maggioranza di questo parlamento pensa di dover perseguire la seconda via». Attraverso anche «la responsabilità individuale delle nostre scelte». Per il deputato Plr dunque la via dell’iniziativa «non è accettabile, e non solo finanziariamente. È deresponsabilizzante». Nel senso che, ha detto, «allargare la cerchia dei beneficiari di sussidi non porterà miglioramenti al problema dei costi della sanità poiché mi pare abbastanza ovvio che chi beneficia di sussidi non è sensibilizzato a ridurre il suo consumo di sanità. È una visione insoddisfacente, miope e diseducativa».
Per contro ha messo in luce come il sistema attuale Ripam (Riduzione dei premi dell’assicurazione malattia) «prevede già l’aumento automatico degli esborsi a carico del Cantone quando aumentano i premi di cassa malati. Pertanto si prevede l’aumento dei già copiosi sussidi erogati dal Cantone, per ulteriori 29 milioni che usciranno nel 2023». Il nostro Cantone «è senz’altro assai sociale ma l’interesse pubblico generale è anche quello di preservare dei conti statali sani nell’ottica di una responsabilità intergenerazionale, contenere ulteriori aumenti di spesa oltre a quelli già automatici. Il tutto in un momento storico in cui, il Cantone, salvo voler accrescere la pressione fiscale che toccherebbe anche il ceto medio, dovrà forzatamente fare delle scelte dolorose non potendo diventare uno Stato assistenziale per la generazione attuale e uno Stato indebitato per quelle che verranno». E attaccando la sinistra ha detto: «Non è un mistero che punti a una cassa malati pubblica unica e a far pagare i premi di cassa malati in funzione al reddito e quindi sempre ai soliti che pagano già le imposte, gli oneri sociali più elevati eccetera».
Pronta la replica di Danilo Forini (Ps), relatore del rapporto di minoranza: «Si tratta di un’iniziativa a favore del ceto medio: gente che lavora, guadagna e paga le imposte». Ritenendo indispensabile adoperarsi per ridurre i costi della salute, ha però evidenziato che «mai come quest’anno le domande di aiuto finanziario ad associazioni come Tavolino Magico, Soccorso d’inverno, Pro Infirmis sono state così alte». Certo, ha detto, «i conti cantonali non stanno bene, ma le tasche dei cittadini sono messe molto peggio. Questo aumento è un fastidio per tutti ma, per alcuni, è un mazzata finanziaria senza precedenti». Ribadendo come a subire maggiormente l’impatto dei premi siano le persone sole e le coppie senza figli, ha valutato: «L’iniziativa della deducibilità per i figli toglierà 10 milioni alle casse pubbliche tra Cantoni e Comuni, escludendo però chi non ha figli minorenni. Pensiamo agli anziani soli senza sussidi che fanno più fatica e rimarrebbero scoperti. Si tratta di un intervento a pioggia e che inoltre va a ridurre molto di più le imposte ai redditi alti che a queli medi». L’appello è dunque stato: «Concentriamo le stesse risorse finanziarie, anzi meno (9,8 milioni), per sostenere in maniera mirata il ceto medio». Parimenti, la co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin ha chiesto: «Non facciamo pagare l’incapacità della politica nel contenere i costi della salute a chi non li può sostenere». Sollecitazione che, come quella dei socialisti, è caduta nel vuoto.
Dal canto suo Giorgio Galusero (Plr) ha sostenuto come «ci vuole maggiore responsabilità individuale. Lo Stato non può fare tutto, anzi fa già uno sforzo importante». Anche per Massimiliano Robbiani (Lega) «il modello ticinese è già tra i più generosi. Vanno bilanciate le esigenze di aiuto sociali e l’obiettivo di tenere finanze pubbliche sane». Pure Sabrina Gendotti (Il Centro), rifacendosi agli studi della Supsi, ha rilevato che «il sistema della Ripam in Ticino funziona bene ed è flessibile grazie ai dei componenti ricalibrabili». Il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa, sostenendo a sua volta la bontà del sistema Ripam, «tra i più generosi della Svizzera e che perette di essere efficaci», ha evidenziato che l’impegno del Cantone negli ultimi anni «è stato costante e crescente con correttivi e affinamenti che hanno migliorato ulteriormente il sistema». E ha aggiunto: «Dato lo stato attuale delle finanze, è necessario concentrasi sul consolidare questo sistema che ha dato buoni risultati per cittadini più fragili».
A tal proposito ha invece espresso perplessità Paolo Pamini (Udc): «Il decreto (Morisoli, ndr) ha sancito che non bisogna incidere sui sussidi delle persone meno abbienti, non che non bisogna tagliare in generale i sussidi. Non tutti i loro destinatari sono in grave difficoltà, quelli più benestanti potrebbero fare un sacrificio». Si apre dunque il sipario sulle prime richieste di tagli in nome della «sostenibilità dei conti pubblici».