Ticino

Don Chiappini, laRegione vince il ricorso al Tribunale federale

Mon Repos dà ragione al nostro giornale, patrocinato dall’avvocato Sabrina Aldi: il decreto d’abbandono, anonimizzato, sarà visionabile integralmente

La vicenda risale al 2020
(Ti-Press)
14 novembre 2022
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Il decreto d’abbandono del procedimento penale nei confronti di don Azzolino Chiappini, decretato dalla procuratrice pubblica Pamela Pedretti il 24 febbraio 2021 deve essere fornito, in via anonimizzata, alle parti in causa. E in forma integrale.

A metterlo nero su bianco è una sentenza della I Corte del Tribunale federale, emessa il 20 ottobre, che accoglie il ricorso presentato da direttore e vicedirettore de ‘laRegione’, Daniel Ritzer e Andrea Manna, contro la decisione con cui la Corte dei reclami penali aveva scritto che la pp "alla crescita in giudicato del giudizio della Crp trasmetterà ai giornalisti una copia parziale del decreto di abbandono limitata alle parti relative all’indicazione dei reati prospettati, alla sussunzione giuridica e al dispositivo".

La vicenda

La vicenda di don Chiappini deflagrò nell’autunno del 2020 quando, ricostruisce il Tf nella sua sentenza, "il Ministero pubblico del Cantone Ticino ha aperto un procedimento penale nei confronti del rettore emerito della facoltà di teologia di Lugano e già vicario generale della Diocesi di Lugano, per lesioni semplici, omissione, coazione, sequestro di persona e rapimento. I prospettati reati sarebbero stati commessi contro una donna che viveva con l’indagato nel medesimo appartamento". Una donna 48enne di origine finlandese.

La pp Pedretti, alla fine dell’istruzione, ha deciso di decretare l’abbandono del procedimento, decisione che non è stata impugnata ed è passata in giudicato.

Dieci giorni dopo, il 4 marzo 2021, la direzione del nostro giornale ha chiesto alla procuratrice pubblica "una copia anonimizzata del decreto di abbandono". Il giorno dopo, il direttore del Corriere del Ticino Paride Pelli ha presentato un’istanza analoga. Il 17 maggio 2021, ricostruisce il Tf, "la pp ha accolto la domanda, disponendo che alla crescita in giudicato della decisione i giornalisti interessati avrebbero potuto presentarsi presso gli uffici del Ministero pubblico per visionare il decreto d’abbandono anonimizzato". Contro questa decisione la direzione de ‘laRegione’, Azzolino Chiappini e la donna coinvolta hanno presentato tre reclami (il nostro era dovuto alle modalità di fruizione del documento) alla Crp la quale, accorpandoli, "ha riformato la decisione della procuratrice pubblica" optando per la copia parziale di cui sopra: in soldoni, una pagina sulle 24 totali.

È il 29 settembre 2021 quando Ritzer e Manna, patrocinati dall’avvocato Sabrina Aldi, si sono rivolti ai giudici dell’Alta Corte che, poco più di un anno dopo, ha dato ragione alle nostre tesi.

Nel punto 3.1 della sentenza si arriva al cuore del discorso: "Richiamando il principio della pubblicità della giustizia, i ricorrenti rimproverano alla Corte cantonale di avere eseguito una ponderazione arbitraria degli interessi in discussione. Sostengono che l’interesse dei media sarebbe in concreto prevalente e che l’anonimizzazione delle generalità delle persone citate nel decreto di abbandono sarebbe sufficiente per tutelare la loro sfera privata".

I perché del ricorso a Losanna

Insomma, secondo il ricorso de ‘laRegione’, "la Crp avrebbe negato l’accesso a intere parti del decreto di abbandono senza eseguire una ponderazione degli interessi, bensì fondandosi solo sul fatto che tali parti riportavano atti dell’inchiesta". In più, e siamo al secondo tornante della vicenda, "quale sacerdote e già vicario della Diocesi di Lugano, l’imputato sarebbe un personaggio pubblico e che esisterebbe un interesse accresciuto dei giornalisti ad accedere al decreto di abbandono anonimizzato". Senza dimenticare che lo stesso Chiappini, rimarca il Tribunale federale, "ha ampiamente parlato della vicenda in una trasmissione radiofonica del 1° marzo 2021 della Rsi, nel corso della quale avrebbe sollevato dubbi sui provvedimenti adottati dal Ministero pubblico nei suoi confronti".

I giudici di Mon Repos ricordano che la Costituzione, la Corte europea dei diritti dell’uomo e il Patto Onu "sanciscono il principio della pubblicità della giustizia. Esso costituisce un principio fondamentale dello Stato di diritto che permette a chiunque di assicurarsi che la giustizia sia resa correttamente, tutelando la trasparenza e la fiducia nei tribunali ed evitando l’impressione che determinate persone possano essere favorite o sfavorite ingiustificatamente dalle autorità giudiziarie". E già nel 2008, "il Tribunale federale ha stabilito che il principio della pubblicità della giustizia è applicabile anche ai decreti di non luogo a procedere e di abbandono". Di più. "Ha ritenuto che l’esclusione di principio da questo campo dell’attività giudiziaria di ogni informazione può lasciare spazio a un possibile arbitrio dell’autorità o a una ‘giustizia segreta’ priva di trasparenza".

La pp Pedretti: ‘Restrizioni che impedirebbero ai media di svolgere un controllo effettivo’

In tutto questo, la pp Pedretti "sostiene che l’accesso dei media alla decisione di abbandono deve estendersi alla descrizione dei fatti". Nel senso che "le stesse soppressioni dei considerandi eseguite dalla Corte cantonale non consentirebbero di comprendere le ragioni che hanno portato all’apertura di un procedimento penale e alla sua conclusione con una decisione di abbandono". Secondo Pedretti, quindi, le restrizioni imposte alla consultazione del decreto di abbandono impedirebbero ai media di svolgere un controllo effettivo del suo operato. Ciò, in particolare, ove si consideri che l’imputato medesimo ha rilasciato un’intervista radiofonica in cui ha criticato pubblicamente la conduzione dell’inchiesta".

E Mon Repos concorda

Tesi, queste, sposate dai giudici di Losanna: "Senza una descrizione quantomeno riassuntiva della fattispecie perseguita, i motivi dell’abbandono del procedimento penale non possono essere seguiti e compresi, e possono dare luogo a congetture". E ancora: "Come rettamente rilevato dalla pp, la restrizione disposta dalla Crp non consente di cogliere compiutamente la portata della procedura avviata dal Ministero pubblico e impedisce di conseguenza ai media di esercitare un controllo effettivo sul funzionamento della giustizia". In concreto, "tale controllo si giustifica anche in considerazione del fatto che l’imputato, nel corso della citata trasmissione radiofonica, avrebbe sollevato pubblicamente critiche sulla conduzione del procedimento penale nei suoi confronti, segnatamente sulla legittimità della carcerazione preventiva".

Inoltre, e "in modo vincolante per il Tribunale federale", la Crp ha "accertato che l’imputato era una persona nota al pubblico nel Cantone Ticino". E quindi "il principio della pubblicità della giustizia deve permettere di chiarire le circostanze dell’abbandono del procedimento penale, allo scopo di verificare che l’opponente non sia eventualmente stato privilegiato o sfavorito ingiustamente a causa della sua posizione di persona pubblica". La limitazione imposta dalla Crp, quindi, "appare in tali circostanze eccessivamente restrittiva".

LA REAZIONE

Aldi: ‘Importante per la trasparenza’

«Sono molto, molto soddisfatta» afferma l’avvocato Sabrina Aldi da noi raggiunta per una reazione: «Non è evidente avere ragione su tutta la linea al Tribunale federale, perché giudica con parametri diversi rispetto alle Corti cantonali». È un esito «molto importante prima di tutto per la trasparenza, perché viene ribadito e sancito questo principio anche per l’autorità giudicante». Non va dimenticato, infatti, «che quando il pp emette un decreto di abbandono giudica nel merito, ed è giusto che coloro che operano nella giustizia non lo facciano ‘segretamente’». Per Aldi è fondamentale soprattutto nell’ambito di un abbandono, «perché emettere questo decreto è il più grande potere di un procuratore pubblico. Se promuove un’accusa o chiede un arresto c’è un tribunale, c’è un giudice dei provvedimenti coercitivi... quando invece abbandona un procedimento penale lo notifica agli avvocati e agli accusatori privati, quando questi ci sono». In quest’ambito, rileva ancora Aldi, «è davvero importante che l’opinione pubblica possa esercitare un controllo attraverso i media su questo tipo di decisioni, a maggior ragione laddove interessa un personaggio pubblico».